CORTE DI CASSAZIONE sentenza n. 602 del 12 gennaio 2017
Le notifiche eseguite tramite la posta elettronica certificata, della società che si è cancellata dal registro delle imprese ma ha lasciato la Pec attiva, sono legittime e valide.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’appello di Genova ha respinto il reclamo proposto da T. s.r.l. contro la sentenza del Tribunale di La Spezia dichiarativa del suo fallimento. La corte del merito ha ritenuto che il ricorso per la dichiarazione di fallimento depositato dalla creditrice N. G. s.r.l. fosse stata correttamente notificato, ai sensi dell’art. 15, 3 0 comma I. fall., all’indirizzo di posta elettronica certificata di T. risultante dal R.I., che non era stato disattivato dopo l’avvenuta cancellazione della società dal registro medesimo; ha inoltre affermato che il ricorso notificato, pur se rivolto nell’intestazione all’inesistente “R. L. L. da I. s.r.l.”, aveva raggiunto lo scopo al quale era destinato, atteso che l’identificazione dell’effettiva debitrice era ricavabile sia dalla relazione di notificazione (in cui la denominazione della s.r.l. era stata correttamente riportata) sia dall’indicazione del corretto n. di partita IVA della società; ha pertanto escluso che la sentenza dichiarativa dovesse dichiararsi nulla per violazione del diritto di difesa della reclamante, non comparsa all’udienza di convocazione fissata dal tribunale. La sentenza, pubblicata il 10.3.015, è stata impugnata da G. F., in proprio e nella qualità di liquidatore della cancellata T. I. s.r.I., con ricorso per cassazione affidato a due motivi ed illustrato da memoria. Il Fallimento intimato ha resistito con controricorso, anch’esso illustrato da memoria. La creditrice istante non ha svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo il ricorrente lamenta il rigetto dell’eccezione di nullità della notificazione del ricorso e del decreto di convocazione, eseguita a mezzo PEC anziché ai sensi dell’art. 145 c.p.c. Deduce che, nel rispetto dei diritti di difesa e del contraddittorio, costituzionalmente garantiti, l’istanza di fallimento avanzata nei confronti di una società cancellata dal R.I., e perciò estinta, deve essere necessariamente notificata al soggetto che, per fictio iuris, ai sensi dell’art. 10 I. fall., continua a rappresentarla ed è legittimato a contraddire nel procedimento. Il motivo è infondato. L’art. 15, 30 comma I. fall. (nel testo, novellato dalla I. n. 221/012, applicabile ratione temporis) stabilisce che il ricorso per la dichiarazione di fallimento ed il relativo decreto di convocazione devono essere notificati, a cura della cancelleria, all’indirizzo di posta elettronica certificata del debitore (risultante dal R.I. o dall’indice nazionale degli indirizzi pec delle imprese e dei professionisti). Solo quando, per qualsiasi ragione, la notificazione via PEC non risulti possibile o non abbia esito positivo, la notifica andrà eseguita dall’U.G. che, a tal fine, dovrà accedere di persona presso la sede legale del debitore risultante dal R.I., oppure, qualora neppure questa modalità sia attuabile a causa dell’irreperibilità del destinatario, depositerà l’atto nella casa comunale della sede iscritta nel registro. La norma ha dunque introdotto in materia una disciplina speciale, del tutto distinta da quella che, nel codice di rito, regola le notificazioni degli atti del processo: va escluso, pertanto, che residuino ipotesi in cui il ricorso di fallimento e il decreto di convocazione debbano essere notificati, ai sensi degli artt. 138 e segg. o 145 c.p.c. (a seconda che l’impresa esercitata dal debitore sia individuale o collettiva), nei diretti confronti del titolare della ditta o del legale rappresentante della società. Come sottolineato dal Giudice delle leggi, con la recente sentenza n. 146/016 (che ha respinto la q.l.c. dell’art. 15, 30 co. cit. sollevata con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.), il legislatore della novella del 2012 si è infatti proposto di “coniugare le finalità del diritto di difesa dell’imprenditore con le esigenze di specialità e di speditezza cui deve essere improntato il procedimento concorsuale”, prevedendo che “il tribunale sia esonerato dall’adempimento di ulteriori formalità quando la situazione di irreperibilità deve imputarsi all’imprenditore medesimo”: l’introdotta semplificazione del procedimento notificatorio in ambito concorsuale trova perciò la sua ragion d’essere nella specialità e nella complessità degli interessi che esso è volto a tutelare, che ne segnano l’innegabile diversità rispetto a quello ordinario di notifica; il diritto di difesa del debitore – da declinare nella prospettiva della conoscibilità, da parte di questi, dell’attivazione del procedimento fallimentare a suo carico — è, d’altro canto, adeguatamente garantito dal predisposto, duplice meccanismo di ricerca, tenuto conto che, ai sensi dell’art. 16 del di. n. 185/08, convertito con modificazioni dalla I. n. 2/09, l’imprenditore è obbligato a dotarsi di un indirizzo PEC, e che anche la sede legale dell’impresa deve essere obbligatoriamente indicata nell’apposito registro, la cui funzione è proprio quella di assicurare un sistema organico di pubblicità legale, così da rendere conoscibili ai terzi, nell’interesse dello stesso titolare, i dati e le principali vicende che riguardano l’impresa medesima. Può ben dirsi, in definitiva, che, introducendo uno speciale procedimento per la notificazione del ricorso di fallimento – che fa gravare sull’imprenditore le conseguenze negative derivanti dal mancato rispetto degli obblighi di cui si è appena detto- il legislatore del 2012 abbia inteso codificare, ed anzi rafforzare, il principio (consolidato nella giurisprudenza formatasi nel vigore della I. fall. non ancora riformata dal d. Igs. n. 5/06) secondo cui il tribunale, pur essendo tenuto a disporre la previa comparizione in camera di consiglio del debitore fallendo e ad effettuare, a tal fine, ogni ricerca per provvedere alla notificazione dell’avviso di convocazione, è esonerato dal compimento di ulteriori formalità allorché la situazione di irreperibilità di questi debba imputarsi alla sua stessa negligenza e/o ad una condotta non conforme agli obblighi di correttezza di un operatore economico. Le conclusioni, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, valgono anche nella fattispecie prevista dall’art. 10 I. fall., che contempla un’eccezione alla regola della perdita della capacità di stare in giudizio della società estinta. La possibilità che una società sia dichiarata fallita entro un anno dalla sua cancellazione dal registro delle imprese implica infatti, necessariamente, che tanto il procedimento per la dichiarazione di fallimento quanto le eventuali, successive fasi impugnatorie, continuino a svolgersi nei confronti della stessa: si tratta, come si è precisato, di una fictio iuris, che postula come esistente ai soli fini del procedimento fallimentare un soggetto ormai estinto (cfr. Cass. S.U. n. 6070/013). Se dunque, in ambito concorsuale, la società cancellata non perde la propria capacità processuale, appare del tutto conseguente ritenere che, nel medesimo ambito (ed in assenza di specifiche previsioni sul punto dell’art. 15, 3° comma I. fall.), operi nei suoi confronti anche la disciplina speciale introdotta in tema di notificazione del ricorso per la dichiarazione di fallimento (Cass. n.17946/016) Con riguardo al regime anteriormente vigente, questa Corte, del resto, aveva già affermato che il ricorso poteva essere utilmente notificato, ai sensi del I comma dell’art. 145 c.p.c., presso la sede sociale della società cancellata, posto che la “sopravvivenza” per un anno di detta sede rispetto all’estinzione, espressamente prevista dall’art. 2495 c.c. – sebbene al limitato fine della notificazione delle domande proposte contro i soci ed i liquidatori – deve ritenersi dato oggettivo e non meramente virtuale (Cass. n. 24968/013). A maggior ragione, nel regime attuale, deve ritenersi valida la notifica regolarmente eseguita, come nella specie, all’indirizzo PEC della società, rimasto attivo dopo la cancellazione. La ricevuta di avvenuta consegna (RAC), rilasciata dal gestore di posta elettronica certificata del destinatario, dimostra infatti, fino a prova contraria, che il messaggio è pervenuto all’indirizzo elettronico dichiarato dal debitore, ovvero nella sfera di conoscibilità del medesimo: dal momento della ricezione del messaggio questi è perciò posto in grado di sapere della pendenza del procedimento e di approntare le proprie difese. Né può condividersi l’assunto del ricorrente, secondo il quale l’indirizzo telematico risulterebbe “obliterato” dall’estinzione della società cancellata, posto che la disattivazione di tale indirizzo non costituisce effetto automatico della cancellazione dal R.I., ma è conseguenza di un’espressa richiesta di chiusura del contratto rivolta al gestore della casella PEC. Va, in definitiva, ribadito, in adesione al principio già enunciato da Cass. n. 17946/016 cit., che, anche nel caso di società cancellata dal registro delle imprese, il ricorso per la dichiarazione di fallimento è validamente notificato, ai sensi dell’ad. 15, 30 comma I. fall. (nel testo novellato dal dl. 18 ottobre 2012 n. 179, convertito, con modificazioni, dalla I. 17 dicembre 2012 n. 221) all’indirizzo di posta elettronica certificata della società cancellata, in precedenza comunicato al predetto registro.
2) Col secondo motivo il ricorrente, denunciando violazione degli artt. 160 e 156 c.p.c., si duole del rigetto dell’ulteriore eccezione di nullità della notifica del ricorso, proposto nei confronti dell’inesistente “Ristorante Locanda Lorena da Iseo s.r.l.” Anche questo motivo deve essere respinto. Non è contestato che il ricorso sia stato notificato all’indirizzo PEC della “Trattoria da Iseo s.r.l. in liquidazione”, correttamente individuata nella relazione di notifica. Non ricorre, pertanto, alcuna delle ipotesi di nullità della notificazione contemplate dall’ad. 160 c.p.c. Nel caso in cui il ricorrente avesse invece inteso denunciare la nullità del ricorso di Nuova Gelomarket ai sensi dell’ad. 164, 1° comma c.p.c., per l’inesistenza del requisito di cui al n. 2 dell’ad. 163 c.p.c., è sufficiente rilevare che, in tema di persone giuridiche, l’omessa od errata denominazione del soggetto chiamato a contraddire determina la nullità dell’atto introduttivo solo quando vi sia incertezza assoluta sull’identificazione dell’ente (Cass. nn. 14789/08, 23816/07, 16076/02): ciò che, nella specie, la corte del merito ha motivatamente escluso, con accertamento che avrebbe dovuto essere specificamente censurato (anche) attraverso il richiamo del tenore letterale dell’istanza di fallimento e del contenuto dei documenti ad essa allegati. Il ricorso va, in conclusione, integralmente respinto. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del Fallimento, che liquida in € 3.200, di cui € 200 per esborsi, oltre rimborso forfetario e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater d.P.R. n. 115/2002, introdotto dall’art. 1, 17° comma, della I. n. 228 del 24.12.2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
Roma, 6 ottobre 2016.
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