CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 6040 depositata il 29 marzo 2016
FALLIMENTO – EFFETTI SUGLI ATTI PREGIUDIZIEVOLI AI CREDITORI – AZIONE REVOCATORIA FALLIMENTARE – ATTI A TITOLO ONEROSO, PAGAMENTI E GARANZIE – COMPRAVENDITA STIPULATA IN ADEMPIMENTO DI UN CONTRATTO PRELIMINARE – PRESUPPOSTI DELL’AZIONE – ACCERTAMENTO – RIFERIMENTO ALLA DATA DEL CONTRATTO DEFINITIVO – NECESSITÀ – FONDAMENTO – STATO SOGGETTIVO ALLA DATA DEL CONTRATTO PRELIMINARE – IRRILEVANZA – LIMITI – RISCHIO DI SUCCESSIVA INSOLVENZA DEL PROMITTENTE VENDITORE – TUTELA DEL PROMISSARIO ACQUIRENTE EX ART. 1461 C.C. – CONFIGURABILITÀ
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione innanzi al tribunale di Latina il Fallimento della societa’ Edil I. s.r.l. ha convenuto in giudizio C.G. e S.M. chiedendo la declaratoria di inefficacia nei loro confronti dell’atto di compravendita in data 3 agosto 1993 con la quale i convenuti avevano acquistato dalla societa’ ancora in bonis un immobile sito in (OMISSIS).
Il tribunale accoglieva la domanda. La corte di appello di Roma confermava la decisione di primo grado, rilevando il mancato assolvimento da parte degli appellanti dell’onere della prova della mancata conoscenza dello stato di insolvenza su di essi incombente e la non decisivita’ a tali fini della certificazione rilasciata dalla cancelleria del tribunale di Latina circa l’assenza di procedure esecutive a carico della societa’ poi fallita, anche perche’ non attestante parimenti l’insussistenza di protesti. Inammissibile era poi giudicata anche in appello l’istanza degli odierni ricorrenti tendente a far ordinare ex art. 210 c.p.c. alla curatela di esibire in giudizio tutta la documentazione afferente i fidi bancari della fallenda, atteso che tale mezzo di prova non era assolutamente l’unico utilizzabile a dimostrare la inscientia decoctionis, ben potendo gli odierni ricorrenti utilizzare altri mezzi di prova.
Rilevava infine la corte distrettuale che la consulenza tecnica di ufficio esperita in primo grado aveva accertato che il prezzo dell’acquisto effettivamente corrisposto dagli acquirenti era di Lire 118 milioni e non di Lire 85 milioni come indicato nel preliminare.
Tuttavia doveva egualmente ritenersi accertata la sproporzione con il prezzo reale del bene, valutato in perizia pari a Lire 160 milioni. Non pertinenti erano infine giudicati gli ulteriori motivi di gravame inerenti al mancato assolvimento da parte del curatore dell’onere della prova della scientia decoctionis e all’asserita mancanza dei presupposti temporali per l’esercizio dell’azione. Avverso tale decisione C.G. e S.M. propongono ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
L’intimata curatela del fallimento Edil I. s.r.l. non si e’ costituita in questa fase.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 210 c.p.c. e delle norme relative all’ammissione della prova testimoniale, nonche’ insufficienza della motivazione. A parere dei ricorrenti del tutto fondata era la richiesta di emissione dell’ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c., da essi formulata invano in entrambi i gradi di merito, atteso che la richiesta era perfettamente conforme ai suoi presupposti di ammissibilita’ e che del tutto immotivato doveva pertanto giudicarsi il diniego opposto dai giudici di merito. Il quesito formulato ai sensi dell’art. 366- bis c.p.c. chiede alla Corte di affermare “se i documenti di cui si e’ chiesta l’acquisizione e il conseguente ordine di esibizione a carico della curatela fossero indispensabili ai fini della decisione, stante la difesa spiegata dai convenuti (oggi ricorrenti), quindi ai fini della prova della sussistenza della inscientia decoctionis da parte degli acquirenti dell’immobile”… ed inoltre “se la prova testimoniale richiesta dalla difesa degli attuali ricorrenti nei due gradi del giudizio di merito fosse pertinente rilevante, e quindi ammissibile, alla luce del suo tenore complessivo, anche al fine di evidenziare la consapevolezza della conoscibilita’ da parte di terzi e segnatamente dei coniugi C.- S., dello stato di dissesto finanziario della societa’ successivamente fallita”.
Il motivo e’ inammissibile.
Costituisce affermazione pacifica nella giurisprudenza di questa Corte che in tema di prove documentali e di scritture contabili delle imprese, perche’ il giudice eserciti legittimamente i suoi poteri istruttori officiosi (tra i quali quello di esibizione previsto dall’art. 2711 cod. civ.) occorre che la parte onerata dalla prova abbia tempestivamente e con sufficiente analiticita’ allegato i fatti specifici da provare e che, sempre tempestivamente, abbia almeno fondatamente allegato di non avere altro mezzo (o di avere invano esperito altri mezzi) per dimostrarli (da ultimo Cass. sez. 3, sentenza n. 9522 del 12/06/2012).
Il quesito di diritto come sopra trascritto non deduce una violazione dell’applicazione astratta di tale principio, ma pretende di contestarne la sussunzione nel caso concreto, tentando di condurre questa Corte a un nuovo esame del fatto, precluso in questa fase.
Sotto diverso profilo, l’omessa trascrizione del contenuto della richiesta di esibizione formulata nella fase di merito e dei capitoli di prova testimoniale articolati non consente a questa Corte di apprezzare la possibile fondatezza della censura la’ ove essa deduce un vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), priva com’e’ del necessario momento di sintesi idoneo a focalizzare la lamentata incongruenza della motivazione resa dalla Corte territoriale (cfr. ex plurimis cfr. Cass., sez. L, Sentenza n. 4556 del 25/02/2009).
Il secondo motivo di ricorso lamenta violazione e falsa applicazione della L. FALL., art. 67, comma 2, e dell’art. 2967 c.c. e pone alla Corte ai sensi dell’art. 366-bis c.p.c. il seguente quesito: “se la fattispecie dedotta in giudizio debba essere inquadrata e definita ai sensi della L. FALL., art. 67, comma 2, e se conseguentemente l’onere probatorio ricada sulla curatela, chiamata a fornire prova certa e inequivocabile della conoscenza da parte degli acquirenti dell’insolvenza della societa’ poi fallita”.
Anche tale motivo e’ inammissibile.
Il quesito in esame non chiede alla Corte di affermare in astratto la corretta interpretazione della norma applicata fornita dai giudici di merito, ma espressamente domanda a questa Corte di legittimita’ di dire se nel caso di specie dovesse trovare applicazione la L. FALL., art. 67, comma 2 anziche’ il comma 1. In esso infatti non si contesta che i giudici di merito abbiano errato nel distribuire l’onere della prova, pacifico essendo anche per i ricorrenti che la inscientia decoctionis nel caso della L. FALL., art. 67, comma 1 incomba su di essi e invece sul curatore la prova della scientia decoctionis nel caso del comma 2 del citato art..
Attraverso la prospettazione del quesito, i ricorrenti cercano in realta’ di far compiere a questa Corte un nuovo giudizio di fatto, che esamini la prospettazione della domanda formulata dalla curatela e delle prove offerte ai fini di pervenire a un diverso esito della controversia, cio’ che e’ manifestamente estraneo ai poteri di questa fase di sola legittimita’.
Il terzo motivo di ricorso lamenta violazione e falsa applicazione della L. FALL., art. 67, comma 1, e dell’art. 2697 c.c. con riguardo alla sussistenza degli elementi costitutivi della fattispecie dedotta e pone alla Corte ai sensi dell’art. 366-bis c.p.c. il seguente quesito: “se – ritenuto inquadrabile il caso nell’ipotesi prevista dalla L. FALL., art. 67, comma 1 – la presunzione di scientia decoctionis dei ricorrenti possa ritenersi superata dalle certificazioni prodotte in relazione alla mancata sottoposizione a procedure esecutive e a pignoramenti della societa’ poi fallita nell’arco temporale 1989-1996 ed in relazione all’assenza di protesti cambiari (elevati soltanto a far data dal novembre 1993, quindi dopo tre mesi dalla stipula dell’atto notar Di C. di cui ci si occupa) anche in considerazione dell’unico rapporto contrattuale intercorso tra i coniugi C.- S. e la Edil I. s.r.l. e della mancata frequentazione da parte di costoro degli ambienti imprenditoriali in ragione della loro professionalita’. Dica inoltre la Corte Suprema se l’immobile in questione possa ritenersi uscito dal patrimonio della societa’ poi fallita sin dal 14/11/1988, data del preliminare” epoca nella quale i ricorrenti avevano avuto il possesso anticipato del godimento dell’immobile medesimo.
Rileva sul punto la Corte che il quesito e’ parimenti inammissibile, per le stesse ragioni illustrate a commento del secondo motivo, per la parte relativa alla deduzione dell’erroneo esame delle risultanze istruttorie acquisite al giudizio, atteso che una tale prospettazione avrebbe al piu’ necessitato del richiamo al vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) e non gia’ alla violazione di legge, chiaramente predicabile solo in astratto e in relazione alla quale non v’e’ dubbio alcuno che l’onere della prova della inscientia decoctionis ricada sui convenuti in revocatoria ai sensi della L. FALL., art. 67, comma 1.
Il motivo e’ tuttavia ammissibile per la parte in cui in cui si contesta la correttezza della ritenuta applicabilita’ del momento rilevante per la prova della consapevolezza dello stato di insolvenza all’epoca della stipula del contratto definitivo anziche’ all’epoca del precedente preliminare, nella specie caratterizzato anche dall’ulteriore circostanza dell’avvenuta immissione dei ricorrenti nel godimento anticipato dell’immobile.
La censura e’ infondata.
Questa Corte ha costantemente affermato che in tema di revocatoria fallimentare di compravendita stipulata in adempimento di contratto preliminare, l’accertamento dei relativi presupposti va compiuto con riferimento alla data del contratto definitivo, in quanto la L. FALL., art. 67 ricollega la consapevolezza dell’insolvenza al momento in cui il bene, uscendo dal patrimonio, viene sottratto alla garanzia dei creditori, rendendo irrilevante lo stato soggettivo con cui e’ assunta l’obbligazione, di cui l’atto finale comporta esecuzione, salvo che ne sia provato il carattere fraudolento; inoltre, qualora nel momento fissato per la stipulazione del contratto definitivo, sussista pericolo di revoca dell’acquisto per la sopravvenuta insolvenza del promittente venditore, il promissario acquirente ha la facolta’ di non addivenire alla stipulazione, invocando la tutela dell’art. 1461 cod. civ. (cfr. Cass. Sez. 6 – 1, ordinanza n. 21927 del 21/10/2011 e id. sentenza n. n. 2005 del 29/01/2008 e precedenti conformi ivi indicati).
Da cio’ consegue che del tutto irrilevante si palesi la circostanza che i ricorrenti siano stati anticipatamente immessi nel possesso dell’immobile al momento della stipula del contratto preliminare. Ed invero la L. FALL., art. 67 e’ finalizzato a recuperare alle regole concorsuali tutti i beni di cui il fallito si sia spogliato nel periodo sospetto antecedente alla dichiarazione di insolvenza. Ne consegue che cio’ che del diritto di proprieta’ sancito dall’art. 832 c.c. rileva a tali fini, non e’ il diritto di godimento ma il diritto di disposizione, che transita con la stipula del contratto definitivo.
Non vi e’ luogo a provvedere sulle spese di questa fase, stante la mancata costituzione dell’intimata.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso.
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