CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 614 del 15 gennaio 2016
FALLIMENTO – EFFETTI SUGLI ATTI PREGIUDIZIEVOLI AI CREDITORI – AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA – DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO DEL DEBITORE PENDENTE IL GIUDIZIO – SUBINGRESSO DEL CURATORE NELL’AZIONE – MODALITÀ
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Banca Nazionale dell’Agricoltura s.p.a. (in seguito BNA), nel novembre del 99 convenne in giudizio dinanzi ai Tribunale di Roma N.C. e la Adonis s.r.l., nonche’, a seguito di ordine di integrazione del contraddittorio, la Metron s.p.a., di cui era creditrice, per sentir dichiarare l’inefficacia ai sensi dell’art. 2901 c.c. sia del contratto di compravendita stipulato il 17.4.97 fra la Metron e la N., avente ad oggetto un magazzino ed alcuni locali adibiti a cantina di proprietà della società, sia del successivo contratto, dell’11.12.98, con il quale la N. aveva alienato i medesimi immobili alla Adonis s.r.l.
La N. si costitui’ in giudizio, mentre le due società convenute rimasero contumaci.
Il giudice adito, rilevato che con sentenza del 10.1.2002, prodotta dalla N., Metron era stata dichiarata fallita, affermo’ che BNA non era piu’ legittimata ad agire in revocatola nei confronti della società, in quanto la legittimazione spettava in via esclusiva al curatore e dichiaro’ improseguibili le azioni proposte dalla banca. La sentenza fu impugnata dalla Banca Antoniana Popolare Veneta (Antonveneta) s.p.a., incorporante per fusione BNA. L’atto d’appello fu notificato anche al Fallimento della Metron che, costituitosi in giudizio, chiese in via preliminare di rimettere la causa in primo grado, per la dichiarazione di interruzione del processo, e, nel merito, dichiaro’ di far proprie le domande della banca, delle quali chiese l’accoglimento.
La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 25.10.07, ha respinto l’appello di Antonveneta ed ha dichiarato inammissibili le domande avanzate dal Fallimento. La corte capitolina ha in primo luogo escluso che la causa potesse essere rimessa al tribunale, rilevando che il giudizio di primo grado, nel corso dei quale Metron era rimasta contumace, avrebbe potuto essere dichiarato interrotto solo nel caso in cui l’evento interruttivo fosse stato reso noto con le modalità previste dall’art. 300 c.p.c., comma 4.
Ha quindi affermato che il Fallimento (che aveva, oltretutto, depositato la comparsa di costituzione solo quattro giorni prima dell’udienza di comparizione ed era percio’ decaduto dalla facoltà di proporre appello incidentale) non poteva proporre domande nuove, quali quelle di acquisizione degli immobili all’attivo o di simulazione delle due compravendite, ed era privo di legittimazione processuale a sostituirsi alla BNA nell’azione revocatoria da questa iniziata dinanzi al tribunale, in quanto tale specifico potere d’azione appariva esulare dalla generica autorizzazione rilasciata dal G.D. al curatore a costituirsi nel grado.
Quanto all’appello proposto da Antonveneta, la corte territoriale ha pienamente condiviso la decisione del primo giudice, escludendo che l’azione da questa iniziata potesse essere proseguita per il solo fatto che il curatore non era intervenuto in giudizio e rilevando come, una volta venuta meno la sua legittimazione ad agire per ottenere la revoca della prima compravendita, la banca non potesse piu’ ritenersi legittimata a chiedere la revoca della seconda, intervenuta fra soggetti che non erano suoi debitori.
La sentenza e’ stata impugnata dal Fallimento della Metron s.p.a. e dalla Pirelli Re Servicing s.p.a., nella sua qualità di mandataria di Elipso Finance s.r.l., cessionaria dei crediti di Antonveneta, con distinti ricorsi per cassazione, l’uno affidato a nove e l’altro a due motivi, cui Adonis s.r.l. ha resistito con separati controricorsi. N.C. non ha svolto attività difensiva. Le parti ricorrenti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I ricorsi del Fallimento e di Pirelli Re Servincing (quest’ultimo da qualificarsi incidentale, in quanto notificato in data successiva all’altro) vanno riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..
1) I primi due motivi del ricorso principale investono la pronuncia di rigetto della richiesta di rimessione della causa al tribunale, ai sensi dell’art. 354 c.p.c., fondata sul rilievo che il giudizio di primo grado avrebbe dovuto essere interrotto dal momento in cui la N. aveva prodotto la sentenza dichiarativa ed avrebbe dovuto essere necessariamente riassunto nei confronti del curatore.
1.1.) Il ricorrente deduce, sotto un primo profilo, che l’interesse pubblicistico sotteso alla dichiarazione di fallimento imporrebbe di rilevare l’evento interruttivo anche nel caso in cui la parte fallita sia rimasta contumace e la notizia del fallimento sia data in forme diverse da quelle previste dall’art. 300 c.p.c., comma 4.
1.2) Sostiene, in subordine, che il giudice che ha avuto conoscenza del fallimento di una delle parti deve in ogni caso disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti del curatore, divenuto parte necessaria del giudizio.
2) Con il terzo motivo il Fallimento si duole che il tribunale abbia ritenuto improcedibile l’azione proposta da BNA, nonostante non avesse dichiarato interrotto il processo; osserva che, proprio perche’ l’interruzione non era stata disposta, il giudizio avrebbe dovuto essere definito nel merito fra le parti originarie e non concludersi con una pronuncia di mero rito.
3) Con il quarto motivo il ricorrente lamenta che la corte territoriale abbia affermato il suo difetto di legittimazione processuale a far propria la domanda avanzata in primo grado da BNA stante la genericità del provvedimento con il quale il G.D. aveva autorizzato il curatore a costituirsi in grado d’appello. Deduce in proposito che l’autorizzazione, anche in mancanza di espresse previsioni, comprende tutte le istanze e le pretese che siano strumentali rispetto al risultato per il quale e’ richiesta e che, nel caso, poiche’ il giudizio era già pendente, non era necessario che il provvedimento specificasse quali domande od eccezioni avrebbero dovuto essere proposte.
4) Con il quinto motivo il Fallimento contesta di aver proposto domande nuove in appello ed assume di essersi costituito nel grado al solo fine di sostituirsi alla BNA nel giudizio da questa intrapreso, al fine di conseguire nei confronti dell’intera massa dei creditori l’utilità derivante dall’accoglimento dell’azione revocatoria avanzata dalla banca nel proprio esclusivo interesse.
5) Con il sesto motivo rileva, per le medesime ragioni, che la corte territoriale ha errato nell’equiparare il suo atto di costituzione ad un appello incidentale.
6) Nei motivi successivi denuncia, sotto vari profili, l’erroneità del capo della sentenza impugnata che, confermando quella di primo grado, ha dichiarato improcedibile l’azione promossa da BNA.
7) Analoghe censure sono svolte da Pirelli Re Servicing con entrambi i motivi del ricorso incidentale: nel primo, con il quale lamenta violazione della L. Fall., artt. 51 e 66, la società rileva che nel caso di specie avrebbe dovuto trovare applicazione la giurisprudenza di questa Corte di legittimità secondo cui l’azione revocatoria ordinaria puo’ essere validamente proseguita dal singolo creditore anche dopo il fallimento del debitore, in quanto la sopravvenuta legittimazione del curatore non ha carattere esclusivo; nel secondo, col quale deduce vizio di motivazione, la ricorrente sostiene che la corte del merito non ha prospettato argomenti a fondamento della pronuncia di improcedibilità.
8) I primi due motivi del ricorso principale, che sono fra loro connessi e possono essere congiuntamente esaminati, non meritano accoglimento.
8.1) Il ricorrente non tiene conto che solo con il D.Lgs. n. 5 del 2006, di riforma della legge fallimentare, l’art. 43 della legge e’ stato integrato con l’introduzione di un comma 3 che, nello stabilire che l’apertura del fallimento determina l’interruzione del processo, va interpretato nel senso che l’interruzione e’ automatica e va dichiarata dal giudice d’ufficio non appena sia venuto a conoscenza dell’evento. La norma, come espressamente previsto dall’art. 150 D.Lgs. cit., e’ pero’ applicabile ai soli fallimenti dichiarati a partire dal 16.7.2006 (data di entrata in vigore della novella), e tanto basta ad escludere che possa esserle attribuita, seppure in via interpretativa, efficacia retroattiva: deve dunque concludersi, a contrario, che i fallimenti anteriormente dichiarati, quale e’ quello della Metron, sono soggetti all’ordinario regime processuale dettato, in tema di interruzione del processo, dall’art. 299 c.p.c. e segg..
Priva di efficacia retroattiva e’, altresi’, la nuova previsione contenuta nell’attuale art. 300 c.p.c., comma 4 (introdotta dalla L. n. 69 del 2009, art. 46, comma 13, ed applicabile, ai sensi del successivo art. 58, comma 1, ai soli giudizi instaurati dopo l’entrata in vigore della legge medesima) secondo cui il processo e’ interrotto dal momento in cui l’evento interruttivo riguardante la parte dichiarata contumace e’ documentato dall’altra parte.
Nel presente giudizio, promosso con citazione del novembre 1999, trova dunque applicazione il previgente testo dell’art. 300 c.p.c., comma 4; ne consegue che la dichiarazione di fallimento della Metron s.p.a. avrebbe potuto dar luogo all’interruzione del processo solo nel caso in cui fosse stata notificata o fosse stata certificata dall’ufficiale giudiziario nella relazione di notifica di uno dei provvedimenti di cui all’art. 292 c.p.c..
8.2) Va poi escluso che – indipendentemente dall’interruzione – il Fallimento divenga una parte necessaria del processo, nei cui confronti va disposta l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 102 c.p.c.; cio’ per la dirimente ragione che, secondo quanto ripetutamente affermato da questa Corte (cfr, da ultimo, Cass. nn. 5226/011, 15713/010), la perdita della capacità processuale del fallito non e’ assoluta, ma relativa alla massa dei creditori, alla quale soltanto e’ concesso di eccepirla, con la conseguenza che, qualora il curatore rimanga inerte, il processo continua validamente fra le parti originarie, tra le quali soltanto avrà efficacia la sentenza finale (fatta sempre salva la facoltà del curatore di profittare dell’eventuale risultato utile del giudizio in forza del sistema di cui alla L. Fall., artt. 42 e 44).
9) Il terzo motivo, che censura la pronuncia di improcedibilità resa dal giudice di primo grado e non anche quella emessa dalla corte d’appello, e’ inammissibile.
10) Il quarto, il quinto ed il sesto motivo, che possono essere esaminati congiuntamente, sono invece fondati e devono essere accolti.
10.1) Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che, qualora nel corso del giudizio promosso dal creditore ai sensi dell’art. 2901 c.c. per ottenere la dichiarazione di inefficacia di un atto di disposizione patrimoniale compiuto dal debitore, sopravvenga il fallimento di quest’ultimo, il curatore puo’ subentrare all’attore nel processo, accettando la causa nello stato in cui si trova, in forza della legittimazione accordatagli dalla L. Fall., art. 66, atteso che le condizioni dell’azione non mutano e l’esigenza di tutela della posizione del creditore individuale e’ naturalmente assorbita in quella della massa che la ricomprende (Cass. SS.UU. n. 29420/08, nonche’ Cass. nn. 5586/015, 22217/013, 8984/011, 12513/09).
L’esercizio di tale facoltà, che comporta, per l’appunto, il mero subentro del curatore nella posizione processuale dell’originario attore, non e’ soggetto ne’ ai limiti entro i quali e’ consentito alle parti di formulare nuove domande od eccezioni nel processo di primo grado, ne’, ove il giudizio già penda in grado d’appello, al termine previsto per la proposizione dell’appello incidentale od alle preclusioni di cui all’art. 345 c.p.c., comma 1: e’, al contrario, sufficiente che il curatore si costituisca nella causa nello stato in cui si trova, dichiarando di voler far propria la domanda ex art. 2901 c.c. della quale già si controverte, perche’ il giudice sia investito del dovere di pronunciare sulla stessa nei confronti dell’intera massa dei creditori.
Nel caso di specie e’ pacifico che il Fallimento della Metron si sia costituito in grado d’appello chiedendo (ancorche’ in via subordinata, ovvero per il caso di rigetto dell’eccezione svolta ai sensi degli artt. 300 e 102 c.p.c.) l’accoglimento delle domande di revocatoria ordinaria avanzate in primo grado da BNA che, per effetto dell’impugnazione proposta da Antoveneta contro la sentenza del tribunale, erano state devolute alla cognizione del giudice del gravame.
La corte territoriale ha pero’ dichiarato inammissibile la richiesta della curatela “di far propria l’azione revocatoria iniziata dalla banca dinanzi al tribunale”, limitandosi a rilevare che la stessa appariva “esulare dalla generica autorizzazione del giudice delegato a costituirsi nel giudizio di appello”.
Sennonche’, come correttamente osservato dal ricorrente, l’autorizzazione a stare in giudizio data dal giudice delegato al curatore, comprende, senza necessità di specifica menzione, tutte le istanze e le pretese che siano strumentali rispetto al conseguimento dell’obiettivo conseguibile nel giudizio cui essa si riferisce (Cass. nn. 10652/011, 22540/010, 351/05). Ne consegue, nel caso in esame, che, poiche’ costituendosi in un giudizio già pendente il curatore non avrebbe potuto avanzare altre pretese se non quella di subentrare nell’azione iniziata dalla banca, il provvedimento del giudice delegato che autorizzava la costituzione non necessitava di ulteriori specificazioni.
10.2) Va escluso, da ultimo, che al Fallimento fosse precluso di sostituirsi alla banca creditrice per il solo fatto di aver promosso un autonomo giudizio per ottenere la declaratoria di inefficacia L. Fall., ex art. 66, e/o di simulazione dei due atti di compravendita.
La legge non vieta, infatti, alla parte di proporre in un separato giudizio le medesime domande già in precedenza avanzate nei confronti di un’altra parte, ma appresta, piuttosto, specifici rimedi (artt. 39, 273, 274, 295 e 337 c.p.c.) al fine di evitare, nell’ipotesi di contestuale pendenza di cause identiche o che siano fra loro in rapporto di pregiudizialità, il possibile conflitto fra giudicati.
Le considerazioni sin qui svolte assorbono l’esame degli ulteriori motivi del ricorso principale.
12) I due motivi del ricorso incidentale devono essere respinti, previa correzione, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., della motivazione in base alla quale la corte territoriale ha dichiarato improcedibile la domanda della banca di inefficacia della vendita stipulata fra la Metron in bonis e la N..
Contrariamente a quanto affermato dal giudice d’appello, il singolo creditore non perde necessariamente la legittimazione ad esercitare l’azione revocatola dopo il fallimento del debitore, ma la conserva nel caso di inerzia del curatore.
Deve invece escludersi che detta legittimazione permanga nel caso, verificatosi nella specie, in cui l’organo della procedura subentri, ai sensi della L. Fall., art. 661, nell’azione già iniziata (cfr. Cass. SS.UU. n. 29420/08, nonche’ la coeva Cass. SS.UU. n. 29421/08).
Invero, come ampiamente e definitivamente chiarito nelle sentenze citate, in tale ipotesi viene meno l’interesse attuale e concreto del creditore a coltivare la revocatoria, che e’ essenzialmente finalizzata ad apprendere in via esecutiva il cespite di cui il debitore si e’ spogliato: l’eventuale accoglimento della domanda in cui il curatore e’ subentrato destinerà infatti quel cespite al soddisfacimento dell’intera massa dei creditori e precluderà all’originario attore di perseguire l’utilità cui l’azione mirava, in quanto anch’egli, al pari di ogni altro creditore concorsuale, potrà usufruire del ricavato della vendita coattiva del bene solo secondo le regole del riparto.
In conclusione, vanno accolti il quarto, il quinto ed il sesto motivo del ricorso principale.
La sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti, con conseguente rinvio della causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, respinge il ricorso incidentale ed i primi tre motivi del ricorso principale, accoglie il quarto, il quinto ed il sesto motivo e dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
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