CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 6890 depositata il 8 aprile 2016

TRIBUTI – ACCERTAMENTI BANCARI – INGIUSTIFICATE MOVIMENTAZIONI BANCARIE RISCONTRATE SU CONTO CORRENTE – PRESUNZIONE LEGALE DI REDDITI NON DICHIARATI – ONERE DEL CONTRIBUENTE DI PROVARE IN RELAZIONE AI SINGOLI MOVIMENTI BANCARI L’INCLUSIONE IN DICHIARAZIONE O CHE SI RIFERISCONO A OPERAZIONI NON IMPONIBILI

RITENUTO IN FATTO

1. L’Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione avverso l’epigrafata sentenza della CTR Lazio che, rigettandone l’appello, ha confermato la decisione che in primo grado su ricorso di G.S., e, di seguito, dei suoi eredi, aveva annullato l’avviso di accertamento notificato al medesimo in dipendenza delle ingiustificate movimentazioni bancarie riscontrate sui suoi conti.

Il giudice territoriale ha motivato il proprio deliberato con la considerazione che la presunta mancata dichiarazione degli attivi di conto corrente “non è stata provata dall’ufficio con ulteriori mezzi di prova, né è stata operato alcun raffronto tra quanto risultava dalla operazione matematica di determinazione dell’attivo e la situazione soggettiva in cui operava la ditta”, sebbene a tale operazione matematica “sarebbe stato necessario aggiungere obiettivi riscontri circa la natura e la ragione dei versamenti”.

Il mezzo erariale si vale di un solo motivo di ricorso, al quale resiste la parte con controricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2.1. Con l’unico motivo di ricorso – che non incorre nel difetto di autosufficienza, in quanto nell’illustrazione del motivo sono riportati tutti gli elementi che consentono alla Corte di giudicare ex actis la fondatezza dell’impugnazione, e che non incorre nella violazione dell’art. 366, comma primo, n. 3, c.p.c., risultando il requisito dell’esposizione dei fatti di causa, peraltro da soddisfarsi in termini di sommarietà, ampiamente sussistente avuto riguardo alla ricognizione dei fatti salienti che la ricorrente ha cura di effettuare alle pagg. 1 e 2 ricorso – l’Agenzia ricorrente lamenta ex art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c. errore di diritto nell’applicazione dell’art. 51, comma secondo, n. 2, D.P.R. 633/72, posto che la CTR, pronunciandosi nei riferiti termini, ha mostrato di disattendere il principio secondo cui “il rinvenimento di dati ed elementi risultanti dai conti correnti bancari riferibili al contribuente non confluiti nella dichiarazione costituisce presupposto di una presunzione legale in favore del fisco, utilizzabile ai fini della ricostruzione della base imponibile, spettando al contribuente stesso l’onere di provare, in relazione ai singoli movimenti bancari, che degli stessi si è tenuto conto in dichiarazione ovvero che non si riferiscono a fatti imponibili”.

2.2. Il motivo è fondato.

2.3. E’ oramai ius receptum che in tema di accertamento dell’IVA, l’art. 51, secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 consente all’amministrazione finanziaria di rettificare su basi presuntive la dichiarazione del contribuente utilizzando i dati relativi ai movimenti su conti correnti bancari intestati al contribuente (10578/11) ovvero a persone al medesimo legate da rapporti di parentela (18083/10) o di lavoro (12625/12) e, fin’anco, in caso di cointestazione, pure estranei all’impresa (20981/15). Si tratta invero di una presunzione legale di carattere relativo (18421/05), in forza della quale i singoli dati ed elementi risultanti dai conti predetti sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dall’ art. 54 D.P.R. 633/72, se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto nelle dichiarazioni o che non si riferiscono ad operazioni imponibili (26692/05), ricadendo, dunque, sul contribuente il relativo onere probatorio (9203/08), in quanto compete al contribuente, in ossequio dell’inversione dell’onere della prova che si determina nel caso (18081/10), dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non siano riferibili ad operazioni imponibili, considerandosi viceversa la pretesa tributaria che abbia titolo dagli esperiti accertamenti bancari assistita dalla presunzione legale che si ascrive ai dati e gli elementi risultanti dai conti predetti (4859/09).

2.4. E’ perciò irrefutabile l’errore di diritto ascritto al pronunciamento d’appello che, ignorando manifestamente le dette regole probatorie, ha inteso accollare all’amministrazione – pretendendo che questa corroborasse i dati e gli elementi presuntivi emersi dalle indagini bancarie nei confronti del contribuente e, segnatamente, il fatto che delle somme annotate con il segno positivo sul suo conto bancario, di ben 157.402.077 lire non fosse stata giustificata la lecita provenienza, “con ulteriori mezzi di prova” – un onere probatorio aggiuntivo non previsto dalla legge, in ragione dell’efficacia probatoria privilegiata ascritta alle investigazioni bancarie, sollevando in tal modo il contribuente dall’onere probatorio contrario al cui adempimento egli sarebbe stato invece tenuto per effetto della presunzione iuris tantum gravante a suo carico.

3. Il ricorso va dunque accolto e la sentenza andrà per questo conseguentemente cassata con rinvio al giudice territoriale per un nuovo esame ai sensi dell’art. 383, comma primo, c.p.c.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia avanti alla CTR Lazio che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.