CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 7070 depositata il 11 aprile 2016
FALLIMENTO – ACCERTAMENTO DEL PASSIVO – OPPOSIZIONE ALLO STATO PASSIVO – OPPOSIZIONE ALLO STATO PASSIVO EX ART. 98 L.FALL., NEL TESTO ANTERIORE ALLA RIFORMA – DOMANDA RICONVENZIONALE – AMMISSIBILITÀ – LIMITI
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
1.- C.R. ha proposto opposizione allo stato passivo della l.c.a. della Sicilcassa lamentando l’esclusione del proprio credito insinuato in via privilegiata per TFR, accessori e spese.
La l.c.a., costituitasi nel giudizio di opposizione, ha proposto domanda riconvenzionale nei confronti dell’opponente chiedendone la condanna al risarcimento dei danni cagionati alla banca nell’esercizio delle funzioni di direttore della Succursale n. (OMISSIS), per anomalie e irregolarita’ di gestione (irregolare concessione di finanziamenti e sconfinamenti).
Il Tribunale di Palermo ha accolto l’opposizione allo stato passivo mentre ha dichiarato inammissibile la domanda riconvenzionale. La Corte di appello di Palermo, con la sentenza impugnata, ha confermato la decisione del tribunale, ritenendo di non poter accogliere neppure la pretesa di compensazione avanzata da Sicilcassa.
Contro la sentenza di appello la 1.c.a. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Ha resistito con controricorso C.R..
Nel termine di cui all’art. 378 c.p.c. le parti hanno depositato memoria.
2.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 36 e 112 cod. proc. civ. lamentando che erroneamente la corte di merito abbia dichiarato inammissibile la propria domanda riconvenzionale aderendo alla pronuncia di questa Corte n. 6963 del 1996 mentre la giurisprudenza prevalente sarebbe nel senso dell’ammissibilita’ della riconvenzionale nell’opposizione allo stato passivo. Nella specie la domanda sarebbe fondata sullo stesso titolo posto a base del credito insinuato. Richiama, altresi’, la pronuncia della Corte costituzionale n. 259 del 2006 in tema di compensazione atecnica operata dal datore di lavoro sul credito T.F.R. di un dipendente. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1241, 1242, 1243 e 1246 c.c. e art. 35 cod. proc. civ. lamentando che la Corte di appello abbia omesso di pronunciarsi sull’eccezione di compensazione “atecnica” sollevata dalla Sicilcassa.
3.- Osserva la Corte che il ricorso e’ fondato.
La Corte di merito, infatti, ha applicato il principio – per vero risalente – secondo il quale nel procedimento di opposizione allo stato passivo, in cui sono preminenti le esigenze di celerita’ nello svolgimento del giudizio, non sono ammissibili domande riconvenzionali che siano solo genericamente o indirettamente ricollegabili al rapporto sul quale il creditore ha fondato la propria richiesta di insinuazione al passivo, e non invece rigorosamente dipendenti dal medesimo fatto dal quale trae origine detta pretesa creditoria. Ne consegue che, ove il curatore fallimentare non si limiti a far valere la pretesa revocatoria L. Fall., ex art. 67, al solo fine di paralizzare la contrapposta pretesa del creditore che voglia far ammettere al passivo un proprio credito o far riconoscere una causa legittima di prelazione, ma proponga, nel giudizio di opposizione allo stato passivo, una vera e propria domanda riconvenzionale, questa e’ inammissibile, pur quando eventualmente si ricolleghi al medesimo rapporto al quale ha fatto riferimento il creditore ricorrente, atteso che essa si fonda su un fatto (il compimento dell’atto revocando) – e, dunque, su un titolo – diverso e non dipendente da quello (Sez. 1, Sentenza n. 6963 del 01/08/1996). Sennonche’, secondo la giurisprudenza successiva, formatasi sul testo previgente della L. Fall., art. 98, nel quale il rito era regolato dal codice di procedura civile nella parte non derogata espressamente nella concreta fattispecie applicabile ratione temporis – anche nel giudizio di opposizione allo stato passivo, la relazione di dipendenza della domanda riconvenzionale “dal titolo dedotto in giudizio dall’attore”, che giustifica la trattazione simultanea delle cause, si configura non gia’ come identita’ della “causa petendi” (richiedendo, appunto, l’art. 36 cod. proc. civ. un rapporto di mera dipendenza), ma come comunanza della situazione o del rapporto giuridico dal quale traggono fondamento le contrapposte pretese delle parti, ovvero come comunanza della situazione o del rapporto giuridico sul quale si fonda la riconvenzionale con quello posto a base di una eccezione, si’ da delinearsi una connessione oggettiva qualificata della domanda riconvenzionale con l’azione o l’eccezione proposta (Sez. 1, Sentenza n. 12985 del 05/06/2009). Gia’ in precedenza, peraltro, la giurisprudenza di legittimita’, in un giudizio di opposizione allo stato passivo avente ad oggetto il riconoscimento del credito fondato sulla penale contrattualmente pattuita ha ritenuto ammissibile la domanda riconvenzionale diretta al pagamento del saldo prezzo, fondato sull’insussistenza del credito insinuato e dei presupposti per la compensazione, atteso che entrambe le pretese traggono origine dal medesimo rapporto e dal medesimo fatto della cui cognizione il giudice e’ gia’ investito per effetto della proposizione della domanda principale (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 9904 del 24/04/2007).
A tale ultimo indirizzo la Corte intende assicurare continuita’ e alla luce di esso il ricorso deve essere accolto, non ostandovi la natura del credito insinuato, posto che la giurisprudenza di legittimita’ e’ nel senso che e’ configurabile la cosiddetta compensazione atecnica allorche’ i rispettivi crediti e debiti abbiano origine da un unico rapporto – la cui identita’ non e’ peraltro esclusa dal fatto che uno dei crediti abbia natura risarcitoria derivando da inadempimento -, nel qual caso la valutazione delle reciproche pretese comporta un accertamento che ha la funzione di individuare il reciproco dare ed avere senza che sia necessaria la proposizione di un’apposita domanda riconvenzionale o di un’apposita eccezione di compensazione (Sez. L, Sentenza n. 28855 del 05/12/2008). Principio enunciato in una fattispecie nella quale questa Corte ha ritenuto che correttamente nel giudizio di merito, svoltosi con il rito lavoro, fosse stata ritenuta la compensabilita’ tra i crediti vantati da una banca e nascenti dal comportamento illecito di un suo dipendente e le somme cui la banca stessa era tenuta a titolo di t.f.r. a favore di quest’ultimo.
La sentenza impugnata, dunque, deve essere cassata con rinvio per nuovo esame e per le spese alla Corte di appello di Palermo in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame e per il regolamento delle spese alla Corte di appello di Palermo in diversa composizione.
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