CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 7320 depositata il 13 aprile 2016
FALLIMENTO – RIPARTIZIONE DELL’ATTIVO – RENDICONTO DEL CURATORE – GIUDIZIO DI APPROVAZIONE – OGGETTO – VERIFICA CONTABILE E CONTROLLO DI GESTIONE – CONTESTAZIONI – REQUISITI – CONCRETEZZA E SPECIFICITÀ – CONDIZIONI
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nel corso della procedura fallimentare della E. s.n.c. di Pi.An. e Te., il curatore revocato P. P. presentava il conto della gestione a norma della L. Fall., artt. 38-116; sulla base delle contestazioni mosse dal nuovo curatore, s’instaurava la fase contenziosa; gli addebiti riguardavano la mancata tenuta del libro giornale, l’irregolarita’ nella liquidazione dei beni nell’esercizio provvisorio d’azienda, peraltro in precedenza gestita da altra societa’, l’impedimento ai falliti a prendere visione della contabilita’ dell’esercizio provvisorio, l’omesso versamento dell’Ici per gli immobili venduti e dell’Iva incassata.
Interveniva il fallito Pi.Te., che a sua volta addebitava omissioni e scarsa diligenza al P..
Il P. si costituiva, eccepiva l’infondatezza dell’azione, stante l’effetto preclusivo derivante dall’approvazione del conto dell’esercizio provvisorio, nonche’ l’infondatezza degli addebiti.
Il Giudice unico di Melfi, con sentenza n. 91 del 2003, rigettava l’istanza di approvazione del rendiconto ed ordinava al curatore revocato la presentazione di un nuovo conto, conforme ai criteri dettati.
La Corte d’appello di Potenza, con sentenza del 7/725/8/2009, ha rigettato l’istanza di approvazione del conto della gestione avanzata dal P. ed ha revocato l’ordine rivolto a questi di presentazione di un ulteriore conto, confermando nel resto la sentenza impugnata, con condanna dell’appellante alle spese del grado.
Nello specifico, la Corte del merito, valutando l’appello principale del P., ha disatteso l’eccezione di nullita’ della sentenza siccome resa da giudice monocratico e non gia’ collegiale, stante l’elencazione tassativa delle cause che devono essere decise dal Collegio ex art. 50 bis c.p.c., non considerando ostativa a detta tesi la spettanza della decisione allo stesso giudice delegato chiamato in sede fallimentare alla vigilanza sull’operato del curatore, rilevando che, in ogni caso, l’eventuale nullita’ della pronuncia avrebbe comportato la decisione del merito da parte della Corte quale giudice di primo grado, ma non gia’ la richiesta rimessione al Tribunale.
Nel merito, ha ritenuto l’appello principale infondato, rilevando che a fronte degli addebiti, il P., onerato della prova della veridicita’ dei dati contabili evidenziati e dell’assolvimento degli obblighi anche di natura fiscale, gravanti sullo stesso nella gestione e nella liquidazione del patrimonio acquisito all’attivo, non aveva prodotto neanche la copia del rendiconto depositato al G.D. per l’approvazione, ne’ la relativa documentazione giustificatrice, limitandosi a far valere l’efficacia preclusiva dell’approvazione del conto della gestione dell’esercizio provvisorio ed ad esibire la copia del libro giornale, priva di elementi di riscontro.
Secondo la Corte del merito, dalla documentazione prodotta e dalla certificazione rilasciata dalla cancelleria si evinceva che non vi era stata alcuna approvazione dell’operato del curatore in relazione alla continuazione dell’esercizio dell’impresa, avendo il G.D. esclusivamente ordinato al curatore, all’esito del deposito del rendiconto, la predisposizione di un progetto di riparto parziale, ed anche ad attribuire a tale provvedimento il valore di implicita valutazione positiva dell’esercizio provvisorio, in ogni caso non poteva equivalere all’approvazione del conto della gestione, che deve avere riguardo non solo ai presunti risultati favorevoli della prosecuzione dell’attivita’ imprenditoriale, ma soprattutto alle concrete modalita’ di liquidazione dell’attivo e di adempimento delle obbligazioni contratte nel corso della procedura.
La Corte del merito ha respinto l’ulteriore motivo del P. sulla condanna alle spese, ed ha di contro ritenuto di accogliere l’appello incidentale del Fallimento, avente ad oggetto l’illegittimita’ dell’ordine impartito dal Tribunale al curatore revocato di presentare un nuovo conto della gestione, ordine emesso in mancanza di domanda ed in carenza di potere.
Ricorre avverso detta pronuncia il P., con ricorso affidato a tre motivi.
Si difende il Fallimento con controricorso.
Pi.Te. non ha svolto difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1.- Col primo mezzo, il ricorrente si duole del vizio di violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 116, nella formulazione ante riforma, applicabile ratione temporis, del D.Lgs. n. 51 del 1998, artt. 50 e 56, sostenendo che il legislatore ha riservato sempre al collegio la decisione sull’opposizione al rendiconto, sia prima che dopo la riforma, atteso che con la contestazione del rendiconto si apre una vera e propria impugnativa dello stesso.
1.2.- Col secondo, si duole della violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 116 e del vizio di motivazione, omessa e/o insufficiente, stante il palese travisamento dei fatti da parte della Corte di merito, e la mancata verifica delle carte processuali.
Secondo il ricorrente, 1′ onere della prova spettava al curatore, e la parte aveva puntualmente impugnato nella comparsa di costituzione e risposta depositata il 10/1/2002 le contestazioni mosse e ribadito la propria difesa nella memoria di replica del 10/2/02; il conto della gestione era nel fascicolo d’ufficio, e, ove non fosse stato presente, sarebbe spettato alla Corte d’appello integrare l’acquisizione; il Giudice del merito ha invertito l’onere della prova, spettando alla parte solo l’onere di prendere posizione sulle contestazioni, ed ha omesso di valutare documenti che il curatore subentrato aveva l’onere di produrre.
1.3.- Col terzo motivo, il P. si duole della violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 116, in relazione all’art. 263 c.p.c. e art. 112 c.p.c., nonche’ del vizio di motivazione, sostenendo la legittimita’ dell’ordine dato dal Tribunale al curatore di redigere un nuovo rendiconto in base ai criteri indicati, e quindi l’errore della Corte del merito nell’avere accolto l’appello incidentale del Fallimento.
2.1.- Il primo motivo e’ infondato.
Secondo la pronuncia di questa Corte n. 18436/2010, in tema di giudizio di rendiconto del curatore, ai sensi della L. Fall., art. 116 – nel testo, “ratione temporis” vigente, anteriore al D.Lgs. n. 5 del 2006 – la contestazione svolta dal debitore avanti al giudice delegato preclude che questi possa dichiarare l’approvazione del rendiconto stesso, essendo necessario rimettere le parti ex art. 189 c.p.c., avanti al collegio, cui solo compete pronunciare in sede contenziosa.
Cio’ posto, si deve rilevare, come ribadito tra le ultime, nella pronuncia 13907/2014, e seguendo l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza 28040/2008, che l’inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale legittimato a decidere sulla domanda costituisce, alla stregua del rinvio operato dall’art. 50 quater c.p.c., al successivo art. 161, comma 1, un’autonoma causa di nullita’ della decisione, con la sua conseguente esclusiva convertibilita’ in motivo di impugnazione e senza che la stessa produca l’effetto della rimessione degli atti al primo giudice, se il giudice dell’impugnazione sia anche giudice del merito, oltre a non comportare la nullita’ degli atti che hanno preceduto la sentenza nulla.
Ne consegue che il giudice d’appello e’ tenuto a pronunciarsi sui capi di domanda senza rimessione degli atti, ma come giudice di primo (ormai nel merito unico) grado e senza i limiti di cognizione (artt. 342 e 345 c.p.c.) di un giudice di appello, come avvenuto nella specie, da cui il rigetto del motivo in esame.
4. – Il secondo motivo e’ infondato.
Va data continuita’ ai principi espressi nella pronuncia 21653/2010, secondo cui il giudizio di approvazione del rendiconto presentato dal curatore ha ad oggetto, ai sensi della L. Fall., art. 116, la verifica contabile e l’effettivo controllo di gestione, cioe’ la valutazione della correttezza dell’operato del curatore, della sua corrispondenza a precetti legali e ai canoni di diligenza professionale richiesta per l’esercizio della carica e degli esiti che ne sono conseguiti, la cui contestazione esige la deduzione e la dimostrazione dell’esistenza di pregiudizio almeno potenziale recato al patrimonio del fallito o agli interessi dei creditori, difettando altrimenti un interesse idoneo a giustificare l’impugnazione del conto stesso, mentre non occorre che gia’ in tale giudizio sia fornita la prova del danno effettivamente concretizzatosi a seguito della dedotta “mala gestio”; le contestazioni rivolte a tale conto debbono a loro volta essere dotate di concretezza e specificita’, non potendo consistere in un’enunciazione astratta delle attivita’ cui il curatore si sarebbe dovuto attenere, ma piuttosto indicare puntualmente le vicende ed i comportamenti in relazione ai quali il soggetto legittimato imputa al curatore di essere venuto meno ai propri doveri, nonche’ le conseguenze, anche solo potenzialmente dannose, che ne siano derivate, cosi’ da consentire la corretta individuazione della materia del contendere e l’efficace esplicazione del diritto di difesa del curatore cui gli addebiti siano rivolti.
A detti principi si e’ attenuta la Corte di merito, nel ritenere che il giudizio di rendiconto L. Fall., ex art. 116, coinvolge il controllo “sostanziale” della gestione complessiva del curatore, al fine di valutare se questi si sia attenuto ai canoni di diligenza richiesti; nell’operare tale valutazione, la Corte territoriale e’ pervenuta al rigetto dei motivi d’appello del P. in considerazione del rilevante depauperamento del patrimonio del fallito e del pregiudizio del ceto creditorio.
E nello specifico, a fronte degli specifici addebiti mossi dal nuovo curatore e dal fallito, correttamente la Corte d’appello ha ritenuto il P. onerato della prova della veridicita’ dei dati contabili e dell’assolvimento degli obblighi gravanti sulla parte, escludendo che potesse ritenersi equipollente all’approvazione del conto delle gestione l’ordine del G.D. di predisposizione del progetto di riparto parziale, attinente, a tutto concedere, al solo preteso risultato favorevole della prosecuzione dell’attivita’ imprenditoriale.
A fronte di dette valutazioni di merito, il ricorrente si e’ limitato a sostenere del tutto genericamente che la Corte d’appello non avesse esaminato “gli atti del fallimento che il Curatore aveva l’onere di produrre al Giudice”.
2.3.- Il terzo motivo e’ infondato.
Correttamente la Corte del merito ha accolto l’appello incidentale del Fallimento, atteso che l’ordine del Tribunale di presentazione di un nuovo conto e’ stato emesso in carenza di domanda, e su tale specifico punto il ricorrente si e’ limitato del tutto genericamente a richiamare il disposto di cui all’art. 263 c.p.c., senza con cio’ superare il profilo dell’ultrapetizione, rilevato dalla Corte territoriale.
Tale rilievo assorbe ogni ulteriore considerazione sul punto.
3.1.- Conclusivamente, va respinto il ricorso.
Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 7000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi; oltre spese forfettarie ed accessori di legge.
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