CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 7488 depositata il 15 aprile 2016
IRPEF – PRESUNZIONE DI PLUSVALENZA – PLUSVALENZA PATRIMONIALE REALIZZATA A SEGUITO DI CESSIONE DI UN BENE SULLA BASE DEL VALORE ACCERTATO IN SEDE DI APPLICAZIONE DELL’IMPOSTA DI REGISTRO
CONSIDERATO IN FATTO
L’Agenzia delle entrate ricorre con due motivi nei confronti di T.R. (che resiste con controricorso) per la cassazione della sentenza n. 23/48/09 con la quale la CTR della Campania, in controversia concernente impugnazione di avviso di accertamento per Irpef in relazione alla plusvalenza riveniente dalla vendita di un terreno con destinazione urbanistica calcolata prendendo in considerazione il valore accertato ai fini dell’imposta di registro, confermava la decisione di primo grado che aveva accolto il ricorso della contribuente. In particolare, i giudici d’appello hanno rilevato che per determinare la plusvalenza derivante dalla vendita di un terreno occorre aver riguardo al maggior ammontare del ricavato della vendita rispetto al prezzo di acquisto e non al valore di mercato del bene come invece avviene per l’imposta di registro e che l’Ufficio può procedere in via induttiva all’accertamento del reddito da plusvalenza, ma questo deve essere basato su elementi certi e concreti, superando la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato con la cessione del bene a quello dichiarato all’atto dell’acquisto mortis causa e non contestato dall’Ufficio.
RITENUTO IN DIRITTO
Col primo motivo, deducendo vizio di motivazione, l’Agenzia ricorrente censura la sentenza impugnata per mancata valutazione delle prove portate innanzi alla C.T.R. dall’Amministrazione Finanziaria.
La censura è inammissibile perché manca completamente della illustrazione richiesta dalla seconda parte dell’art. 366 bis c.p.c. (norma applicabile nella specie ratione temporis), secondo la quale è richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume viziata, essendo peraltro da evidenziare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, l’onere di indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dal citato art. 366 bis c.p.c., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica che costituisca un “quid pluris” rispetto all’illustrazione del motivo e consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (v. tra le altre cass. n. 8897 del 2008). E’ poi appena il caso di rilevare che nella specie non solo manca la suddetta illustrazione ma in ogni caso manca completamente l’indicazione specifica di qualsivoglia fatto in relazione al quale la motivazione possa ritenersi viziata e, a fortiori, manca qualsiasi elemento idoneo ad evidenziare la decisività di tale fatto.
Col secondo motivo, deducendo violazione degli artt. 81 e 82 d.p.r. n. 917 del 1986 nonché degli artt. 38, 39 e 42 d.p.r. n. 600 del 1973, la ricorrente chiede a questo giudice di dire se ha violato le norme suindicate la CTR che ha ritenuto che l’amministrazione non potesse procedere ad accertamento in via induttiva della plusvalenza derivante dalla cessione di un bene sulla base del l’accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro e se è onere del contribuente superare tale presunzione di corrispondenza tra il corrispettivo della cessione del bene o il suo valore e il valore accertato definitivamente in sede di imposta di registro.
La censura è infondata.
Nelle more del giudizio è intervenuto il d.lgs. n. 147 del 2015, il quale all’art. 5 comma 3 prevede che gli artt. 58, 68, 85 e 86 del testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.p.r. n. 917 del 1986 e gli artt. 5, 5 bis, 6 e 7 del d.lgs. n. 446 del 1997 si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende nonché per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito a fini dell’imposta di registro di cui al d.p.r. n. 131 del 1986, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui 1 d.lgs. n. 347 del 1990.
La norma è da ritenersi applicabile anche ai giudizi in corso atteso l’intento interpretativo chiaramente espresso dal legislatore e considerato che, come affermato tra le altre da c. cost. n. 246 del 1992, il carattere retroattivo costituisce elemento connaturale alle leggi interpretative.
Peraltro, anche ove volesse porsi in dubbio che la norma in esame sia effettivamente interpretativa, è certo che se il riferimento alla interpretazione da attribuire a norme precedenti non serve per ciò solo ad attribuire ad una norma carattere interpretativo (ove tale carattere essa non abbia effettivamente), tuttavia testimonia dell’intento del legislatore di attribuire ad essa il carattere retroattivo che è proprio della norma interpretativa, intento che nella specie trova ulteriore conferma nel comma 4 del citato art. 5, laddove si prevede che le disposizioni di cui al comma 1 si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, ma nulla si prevede per i commi 2 e 3 (disposizioni formulate come norme interpretative) circostanza che contribuisce a togliere ogni dubbio circa l’intento del legislatore di attribuire carattere retroattivo alle previsioni dei suddetti commi.
Dall’argomentare che precede discende la declaratoria di inammissibilità del primo motivo di ricorso e il rigetto del secondo.
Poiché l’esito della controversia è stato determinato da una norma retroattiva intervenuta successivamente alla proposizione del ricorso in esame, si dispone la compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il primo motivo e rigetta il secondo. Compensa le spese del presente giudizio.
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