CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 8068 del 21 aprile 2016
LAVORO – LAVORO SUBORDINATO – CATEGORIE E QUALIFICHE DEI PRESTATORI DI LAVORO – MANSIONI – COMANDI E DISTACCHI – DISTACCO DI UN LAVORATORE PRESSO UNA SOCIETA’ DELLO STESSO GRUPPO – INTERESSE DEL DATORE DI LAVORO – SUSSISTENZA – CONSEGUENZE – FATTISPECIE
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 534/2012, depositata il 18 aprile 2012, la Corte di appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale di Roma che aveva respinto la domanda di B.M., la quale, sul rilievo di essere stata assunta in data 28/1/2002 dalla S.p.A. Casa di Cura Citta’ di Roma con contratto a termine per la sostituzione di una dipendente in maternita’, ma di aver lavorato fin da subito ed esclusivamente per altra societa’ dello stesso gruppo, l’Aurelia 80 S.p.A., aveva chiesto che venisse accertata un’interposizione fittizia di manodopera, in violazione della L. 23 ottobre 1960, n. 1369, ancora applicabile ratione temporis al rapporto, e l’intervenuta costituzione di un rapporto subordinato a tempo indeterminato alle dipendenze della interponente, con conseguente illegittimita’ del licenziamento.
Secondo la Corte doveva escludersi la sussistenza di un’ipotesi di interposizione fittizia, posto che il collegamento funzionale tra le imprese ed il sistema adottato di gestione integrata dei servizi rendevano effettivo l’interesse del datore di lavoro a partecipare, attraverso il distacco di proprio personale, all’attivita’ dell’ufficio facente capo alla S.p.A. Aurelia 80 ma destinato all’attivita’ di amministrazione per tutte le societa’ del gruppo; inoltre – osservava ancora la Corte – non era rilevante che, in una organizzazione unificata dell’attivita’ e sulla base di modalita’ interne di distribuzione del lavoro, l’appellante fosse stata addetta, come la lavoratrice sostituita, ad adempimenti relativi all’Aurelia 80, il distacco cosi’ attuato rispondendo ad una comune esigenza di razionalita’ ed economicita’ del servizio.
Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza la B. con due motivi; le societa’ Casa di Cura Citta’ di Roma e Aurelia 80 hanno resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto con particolare riferimento alla L. 23 ottobre 1960, n. 1369, art. 1 non avendo il giudice di appello (come gia’ quello di primo grado) correttamente valutato i requisiti di liceita’ del distacco (e cioe’ l’interesse del distaccante e la temporaneita’ del comando), in tal modo facendo erronea applicazione della deroga dallo stesso costituita al divieto di interposizione.
In particolare, non solo nella specie non vi era alcun indizio di distacco, ma emergeva la diretta ed originaria adibizione della ricorrente a mansioni esclusivamente in favore di altro soggetto, senza che, da parte della societa’ formalmente datrice di lavoro, fosse stato manifestato un interesse a tale comportamento.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia vizio di motivazione, non avendo la Corte adeguatamente spiegato il proprio assunto, secondo il quale il comando doveva ritenersi legittimo, e, in particolare, non avendo fatto alcun cenno sostanziale circa la presunta esistenza dell’interesse al distacco, che deve essere presente nel soggetto distaccante, nonche’ della sua temporaneita’.
Il ricorso e’ infondato.
La Corte territoriale ha accertato in primo luogo che le societa’ Aurelia 80 S.p.A. e Casa di Cura Citta’ di Roma S.p.A. appartengono allo stesso gruppo di imprese e che “l’ufficio cui era stata addetta” la B. “si occupava della gestione amministrativa di tutte le societa’” che ne fanno parte.
Su tali premesse la Corte ha riconosciuto sussistente il requisito dell’interesse al distacco (del personale della Casa di Cura Citta’ di Roma) – requisito introdotto normativamente con il D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 (art. 30) ma gia’ presente nella elaborazione dottrinale e giurisprudenziale formatasi sugli elementi idonei a garantire la liceita’ dell’istituto con portata derogatoria del divieto di interposizione di manodopera di cui alla L. 23 ottobre 1960, n. 1369, art. 1 – “nell’accentramento presso un unico ufficio dell’amministrazione del personale delle societa’ del gruppo”.
La Corte ha, quindi, sottoposto ad esame, nell’esercizio delle prerogative che competono al giudice del merito e con esiti valutativi esenti da critiche, le ragioni organizzative e produttive alla base di tale interesse, identificandole nel “collegamento funzionale tra le imprese” e nella comune adozione di un sistema “di gestione integrata dei servizi” e cosi’ pervenendo conclusivamente, con l’accertamento dell’effettivita’ dell’interesse del datore di lavoro a partecipare, attraverso il proprio personale, all’attivita’ dell’ufficio facente capo alla societa’ Aurelia 80 ma destinato all’attivita’ di amministrazione per tutte le societa’ del gruppo, ad escludere la riconducibilita’ della concreta fattispecie nell’area della interposizione illecita di manodopera.
Cio’ posto, si osserva che il percorso logico-giuridico seguito nella sentenza impugnata si sottrae alle censure della ricorrente, in relazione ad entrambi i vizi dedotti, dovendosi qui rilevare e precisare come il paragrafo 3 del ricorso (pagine 15-16) non dia ingresso ad un terzo e distinto motivo, posto che non esprime un’autonoma critica alla pronuncia della Corte territoriale, ex art. 360 c.p.c., ma si limita a prendere in considerazione le conseguenze sul rapporto di lavoro di una fattispecie di illiceita’ il cui riscontro rimane dipendente dall’eventuale accoglimento del primo e/o del secondo motivo di gravame.
In particolare, e con riferimento al primo motivo (violazione e falsa applicazione della L. n. 1369 cit., art. 1), e’ da ritenere che, pur nel contesto di una distinta soggettivita’ giuridica, ciascuna componente del gruppo di imprese sia titolare dell’interesse a concorrere, anche mediante il distacco di propri dipendenti, alla realizzazione di comuni strutture produttive e organizzative, che si pongano in un rapporto di coerenza con gli obiettivi di efficienza e di funzionalita’ del gruppo stesso e con il dato unificante di una convergenza di interessi economici, anche intesa come progetto di riduzione attuale o potenziale dei costi di gestione.
E’, infatti, chiaro che l’interesse del soggetto distaccante non puo’ essere separato da quello del raggruppamento di cui il soggetto stesso e’ parte economicamente integrata e risulta anzi direttamente connesso e funzionale all’attuazione di quest’ultimo.
Le considerazioni che precedono trovano oggettiva conferma nell’evoluzione normativa dell’istituto del distacco e, in particolare, nell’introduzione – ad opera del D.L. 28 giugno 2013, n. 76, convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2013, n. 99 – dell’art. 30 cit., comma 4 ter il quale dispone nella sua prima parte (la seconda riguardando il diverso istituto giuridico della “codatorialita’”, ossia dell’assunzione congiunta di un medesimo dipendente) che “qualora il distacco di personale avvenga tra aziende che abbiano sottoscritto un contratto di rete di impresa che abbia validita’ ai sensi del D.L. 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 aprile 2009, n. 33, l’interesse della parte distaccante sorge automaticamente in forza dell’operare della rete, fatte salve le norme in materia di mobilita’ dei lavoratori previste dall’art. 2103 c.c.”.
Ora, premesso che il riferimento atecnico ad un’automaticita’ del sorgere dell’interesse del soggetto distaccante deve essere piu’ esattamente ricondotto entro lo schema della presunzione assoluta, e’ significativo che la disposizione in esame connetta il venire ad esistenza dell’interesse al fatto di base dell’operare della rete e cioe’ ad un fatto, che e’ ad un tempo giuridico ed economico, della funzionalita’ del contratto di rete di impresa, con il quale piu’ imprenditori, perseguendo scopi comuni in termini di innovazione e di competitivita’, stabiliscono rapporti di collaborazione nell’esercizio delle loro imprese.
E’ tuttavia evidente che tale contratto presenta, per un verso, scopi economici unificanti che risultano certamente avvicinabili a quelli che muovono la logica imprenditoriale di un gruppo di imprese e, per altro verso, non istituisce legami piu’ condizionanti di quelli che definiscono, ai sensi dell’art. 2359 c.c., il controllo o il collegamento di societa’.
Nella prospettiva cosi’ delineata, e che appare la sola conforme alle peculiarita’ di forme produttive articolate e complesse, risulta senza dubbio corretta la sentenza impugnata, la quale, muovendo dall’incontestato presupposto dell’inserimento tanto del soggetto distaccante come del soggetto distaccatario in un medesimo gruppo, ha posto In esatta evidenza il carattere sinergico dell’intervento organizzativo volto a costituire un unico polo per l’amministrazione del personale dipendente dalle societa’ facenti capo ad esso e la corrispondenza del distacco dell’odierna ricorrente “ad una comune esigenza di razionalita’ ed economicita’ del servizio”.
Ne’ puo’ condividersi la critica della ricorrente, secondo la quale anche l’elemento della temporaneita’, essenziale per la liceita’ del distacco, sarebbe stato dato per presupposto dalla sentenza impugnata (come gia’ dal giudice di primo grado), senza che, in realta’, esso fosse stato puntualmente provato dalla controparte.
Premesso, infatti, che la ricorrente mostra di aderire al consolidato orientamento, che fa coincidere il concetto di “temporaneita’” con quello di “non definitivita’”, si richiama sul punto Cass. 25 novembre 2010, n. 23933, la quale ha, in particolare, osservato che la temporaneita’ del distacco non richiede che la destinazione del lavoratore a prestare la propria opera in favore di un soggetto diverso “abbia una durata predeterminata fin dall’inizio, ne’ che essa sia piu’ o meno lunga o sia contestuale all’assunzione del lavoratore, ovvero persista per tutta la durata del rapporto, ma solo che la durata del distacco coincida con quella dell’interesse del datore di lavoro a che il proprio dipendente presti la sua opera in favore di un terzo”.
Le considerazioni che precedono portano a ritenere infondato anche il secondo motivo di ricorso, con il quale viene fatto valere il vizio di motivazione.
Ed invero la Corte territoriale ha adeguatamente e correttamente motivato in ordine al punto decisivo costituito dalla legittimita’ del distacco, quale fatto idoneo a derogare al divieto di interposizione di manodopera, ponendo in luce, alla stregua delle deposizioni dei testi assunti e della situazione pacificamente data (e cioe’ l’emergere nella specie di un gruppo di imprese), l’effettivita’ dell’interesse del datore di lavoro a disporre il distacco della B. presso la societa’ Aurelia 80; ne’ la Corte ha trascurato di valutare il fatto che l’appellante fosse stata addetta ad adempimenti relativi al personale di quest’ultima societa’, riconducendolo a “modalita’ interne di distribuzione del lavoro” e ritenendolo coerentemente irrilevante “in una organizzazione unificata dell’attivita’”.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate in Euro 100,00 per esborsi e in Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge.
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