CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 82 del 7 gennaio 2016
TRIBUTI – DIRITTI E IMPOSTE DOGANALI – IMMISSIONE IN LIBERA PRATICA DI MERCE CHE DOVEVA ESSERE IMBARCATA SULLE NAVI COME PROVVISTA DI BORDO – CARTELLA DI PAGAMENTO SENZA ALLEGAZIONE DEL PVC DELLA GUARDIA DI FINANZA – LEGITTIMITA’
In fatto e in diritto
B.G. ha impugnato la cartella di pagamento relativa a diritti e imposte doganali innanzi al giudice di primo grado che ha respinto il ricorso. L’impugnazione proposta dal contribuente è stata accolta dalla CTR della Campania che, con sentenza n. 134/2013/45, depositata il 15.4.2013, ha annullato l’atto impugnato. Secondo i giudici di appello la pretesa fiscale era stata formulata notificando solo la cartella di pagamento, sfornita del processo verbale della Guardia di Finanza concernente l’accertamento degli illeciti – necessario ai sensi dell’art. 24 L. n. 4/1929 – e priva della sentenza assolutoria adottata in sede penale. Per tali motivi il contribuente non aveva potuto prendere cognizione dei fatti allo stesso contestati. Era stato pertanto violato l’art. 7 L. n. 212/2000.
Peraltro, l’Ufficio non aveva fornito la prova della colpevolezza del B., assolto nel giudizio penale in relazione all’intervenuta prescrizione, né risultando che il suddetto fosse il ricettatore.
L’Agenzia delle Dogane ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, al quale la parte intimata non ha fatto seguire il deposito di difese scritte.
Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 3, L. n. 241/1999 (ndrart. 3, L. n. 241/1990) e dell’art. 7 L. n. 212/2000. Premesso che le censure esposte in sede di appello dal contribuente involgevano vizi propri dell’invito di pagamento e non la cartella, l’Agenzia precisa che quest’ultimo atto, essendo stata preceduto da un avviso di liquidazione non impugnato, non poteva ritenersi soggetto all’obbligo di motivazione. Obbligo che doveva comunque ritenersi assolto in relazione al richiamo per relationem alla sentenza penale e al processo verbale della Guardia di finanza.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce il vizio di difetto di motivazione, non avendo la CTR esaminato quanto dedotto dalla stessa Agenzia in ordine alla responsabilità del contribuente acclarata dal verbale della Guardia di finanza, al quale erano state imputate le falsità delle dichiarazioni dalle quali era derivata l’immissione in libera pratica di merce proveniente da Paesi extra UE.
Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 338 dPR n. 43/1973. La CTR non aveva considerato che il comportamento omissivo del B. aveva contribuito all’immissione in libera pratica di merce che doveva essere imbarcata sulle navi come provvista di bordo.
Nessuna difesa ha spiegato la parte intimata.
Il primo motivo di ricorso è manifestamente fondato.
Secondo questa Corte la cartella esattoriale, che non costituisca il primo e l’unico atto con cui si esercita la pretesa tributaria, essendo stata preceduta dalla notifica di altro atto propriamente impositivo, non può essere annullata per vizio di motivazione, anche qualora non contenga l’indicazione del contenuto essenziale dell’atto presupposto, conosciuto ed autonomamente impugnato dal contribuente – cfr. Cass. 21177 del 08/10/2014.
Ciò costituisce naturale completamento dei principi esposti dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo i quali “Quando la cartella esattoriale non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente impostore esercita la pretesa tributaria, come è nel caso in cui il Consorzio, ai sensi del R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, art. 21, procede alla riscossione dei contributi, essa deve essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo, e contenere, quindi, gli elementi indispensabili per consentire al contribuente di effettuare il necessario controllo sulla correttezza dell’imposizione”.-cfr. Cass. S.U. n. 11722/2010-.
Orbene, nel caso di specie appare documentale che la cartella impugnata era stata preceduta da un avviso di liquidazione, riprodotto a pag. 3 del ricorso.
Ha dunque errato la CTR nel ritenere la cartella affetta dal vizio di motivazione, risultando pacifico che la stessa conteneva comunque il riferimento alla sentenza penale resa nei confronti del contribuente.
Il secondo motivo di ricorso è parimenti fondato.
L’Agenzia delle dogane, per vero, ipotizza l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio esposti nel verbale della Guardia di Finanza correlati alle false dichiarazioni commesse anche dal B. che avrebbe consentito l’immissione in libera pratica di merce extra UE senza mai giungere come provvista di bordo, per le navi ormeggiate nel porto di Napoli.
La CTR non ha mostrato di avere esaminato tale verbale, ragion per cui appare fondata la censura prospettata.
Il terzo motivo di ricorso resta assorbito dall’accoglimento del secondo.
In conclusione, in accoglimento dei primi due motivi, assorbiti il terzo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR della Campania anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Visti gli artt. 375 e 380-bis c.p.c.
Accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR della Campania anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
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