CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 8224 del 22 aprile 2016
LAVORO – MALATTIA PROFESSIONALE – DIRITTO ALLA COSTITUZIONE DI UNA RENDITA PER MALATTIA PROFESSIONALE – “DIES A QUO” – DECORRENZA DEL TERMINE TRIENNALE DI PRESCRIZIONE
Fatto – Diritto
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio dell’11 febbraio 2016, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis cod. proc.civ. : “ Con ricorso depositato in data 16.11.2007 F.S. adiva il giudice del lavoro chiedendo accertarsi il proprio diritto alla costituzione di una rendita per malattia professionale e la condanna dell’INAIL alla relativa erogazione.
La domanda era respinta in dichiarata adesione agli esiti della consulenza tecnica d’ufficio che aveva escluso la sussistenza del nesso causale tra la patologia riscontrata (cirrosi epatica da HBV/HCV) e l’attività lavorativa del periziato.
La decisione è stata confermata dalla Corte di appello di Salerno che, in accoglimento della eccezione di prescrizione formulata dall’INAIL, ha respinto l’impugnazione del F.S. .
Per la cassazione della decisione di secondo grado F.S. propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. L’INAIL resiste con tempestivo controricorso.
Con l’unico motivo di ricorso parte ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 111 e112 d.p.r. 1124/1965, nonché vizio di motivazione, censura la decisione per avere la Corte territoriale ritenuto che il termine di prescrizione decorreva dalla mera conoscenza dell’insorgere della patologia anziché dal momento in cui l’assicurato aveva acquisito conoscenza adeguata del nesso causale tra l’infermità e l’attività lavorativa. In particolare sostiene che la decisione di appello è stata adottata in violazione dei principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità secondo la quale a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 206 del 1988 il “dies a quo” per la decorrenza del termine triennale di prescrizione dell’azione per conseguire dall’INAIL la rendita per inabilità permanente va ricercato ed individuato con riferimento al momento in cui uno o più fatti concorrenti diano certezza dell’esistenza dello stato morboso e della normale conoscibilità di esso da parte dell’assicurato, ciò che generalmente coincide con l’accertamento medico dei postumi consolidati e definitivi dell’incapacità lavorativa determinata da tale stato in relazione alla sua eziologia professionale. Tale principio va poi armonizzato con l’ulteriore sentenza della Corte costituzionale, n. 116 del 1969, secondo la quale occorre tenere conto anche del raggiungimento della soglia minima per l’indennizzabilità della malattia, sicché a questo va riferito il “dies a quo” di decorrenza della prescrizione, e non a quello della effettiva manifestazione della patologia, ove i due momenti non coincidano sotto il profilo temporale ed il primo (soglia di indennizzabilità) si verifichi successivamente al secondo. ( Cass. n. 14717 del 2006, n. 20774 del 2012) . Deduce, infatti, il ricorrente che la Corte territoriale apoditticamente ha individuato nell’anno 2002 il dies a quo di decorrenza del termine triennale di prescrizione di cui all’art. 112 d. P.R. n. 1124 del 1965, epoca del ricovero ospedaliero e della seconda domanda di presentazione della causa di servizio. Sostiene, infatti, che solo con la notifica del verbale del 21.10.2004 aveva avuto il riconoscimento della epatite cronica attiva correlata quale aggravata ascrivibile alla Tab A 7° ctg. e, quindi, solo dal 24.1.2005 il riconoscimento dell’epatite cronica come causa di servizio. Rispetto a tali ultime date la domanda all’INAIL del 2.1.2007 risultava tempestiva. La sentenza impugnata era quindi errata poiché non si era posta il problema della rilevanza dell’accertamento del momento in cui l’epatite cronica del F.S. aveva raggiunto la soglia invalidante ed aveva immotivatamente disatteso l’elaborato peritale laddove l’ausiliare di secondo grado, con criterio presuntivo, aveva ritenuto che la epoca del consolidamento dei postumi invalidanti doveva essere fatta coincidere con quella dell’inoltro dell’istanza all’INAIL “essendo avvenuta presumibilmente in epoca antecedente, sulla base delle caratteristiche cliniche ed evolutive della patologia della quale il F.S. è risultato portatore, caratterizzata com’è dalla irreversibilità delle alterazioni anatomo funzionali del fegato colpito”.
Il motivo è manifestamente infondato. Il giudice di appello ha ritenuto che il F.S. era consapevole della esistenza della patologia epatica e della sua eziologia professionale, nonché del rilevante grado di invalidità cagionato dalla stessa quanto meno dall’anno 2002, epoca in cui egli si ricoverava in ospedale per epatite cronica riacutizzata e presentava – il 14 maggio — una seconda domanda volta ad ottenere l’equo indennizzo per causa di servizio (dopo averne presentata una nel 1989). Secondo la sentenza impugnata,infatti, nessun rilievo poteva attribuirsi, al fine della individuazione di un diverso dies a quo, alle generiche e vaghe osservazioni del consulente di ufficio che aveva fatto coincidere l’epoca del consolidamento dei postumi con la presentazione della istanza all’istituto assicuratore.
Tale decisione è conforme ai principi di questa Corte in tema di individuazione del dies a quo di decorrenza del termine prescrizionale di cui all’art. 112 d.P.R. n. 1124 del 1965 richiamati dallo stesso ricorrente. In particolare il giudice di appello, in coerenza con Corte cost. n. 116 del 1969, ed a differenza di quanto sostenuto in ricorso, ha preso espressamente in considerazione il momento di raggiungimento della soglia minima per l’indennizzabilità della malattia laddove ha fatto riferimento al ricovero ospedaliero per epatite cronica riacutizzata risalente all’anno 2002.
L’individuazione di tale momento, condotta con riferimento a tutti i parametri elaborati dalla richiamata giurisprudenza di legittimità, è frutto di accertamento di fatto che, in quanto congruamente motivato, anche in ordine alle ragioni di dissenso dalla consulenza di secondo grado, non è sindacabile in sede di legittimità.
In base alle considerazioni che precedono il ricorso deve essere respinto.
Si chiede che il Presidente voglia fissare la data per l’Adunanza camerale.
Ritiene questo Collegio che le considerazioni svolte dal Relatore sono del tutto condivisibili siccome coerenti alla ormai consolidata giurisprudenza in materia. Ricorre con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375, comma 1°, n. 5 cod. proc. civ. , per la definizione camerale.
Consegue il rigetto del ricorso. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla rifusione all’INAIL delle spese del presente giudizio che liquida in € 2.500,00 per compensi professionali, € 100,00 per esborsi, oltre spese forfettizzate determinate nella misura del 15%, oltre accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r n. 115 del 2002, dà a sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
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