CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 8415 del 31 marzo 2017
Le perizie UTE e di parte nel processo tributario
FATTI DI CAUSA
La società Centro Climatico Permanente Villa delle Q. di N. S.p.A. impugnava innanzi alla Commissione Tributaria di Primo grado di Velletri l’avviso di accertamento di valore, con cui veniva rettificato il valore dichiarato dalla società contribuente, ai fini dell’INVIM straordinaria, in relazione ad immobili dalla stessa posseduti alla data del 1 gennaio 1983, denunciando la carenza di motivazione. Il giudice tributario, nel rigettare l’eccepito difetto di motivazione, accoglieva parzialmente il ricorso, rideterminando il valore finale degli immobili. La sentenza veniva impugnata dalla società, si costituiva l’Ufficio che proponeva appello incidentale, e la Commissione Tributaria di Secondo Grado di Roma rigettava sia l’appello principale che l’appello inci- dentale dell’Ufficio. Avverso tale decisione la società P. S.p.A., incorporante la società Casa di Cure Villa delle Q. di N. S.p.A., proponeva ricorso avanti la Commissione Tributaria Centrale che ve- niva rigettato.
Ha proposto ricorso per cassazione la P. S.p.A., svolgendo due motivi. L’Agenzia delle Entrate ha proposto controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il Collegio ha disposto che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata, come da decreto del Primo Presidente del 14.9.2016.Con il primo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., per insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Secondo la società ricorrente l’impugnato avviso di accertamento è illegittimo per difetto di motivazione e violazione dell’art. 26, comma 3, del d.P.R. n. 637 del 1972, atteso che esso non indica gli elementi impiegati per la determinazione del valore del compendio im- mobiliare di proprietà della società.
Con il secondo motivo di risorso, si censura la sentenza impugnata in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per violazione dell’art. 26, comma 3, del d.P.R. n. 637 del 1972, in quanto al di là dell’evidente insufficienza della motivazione della decisione, i giudici di secondo grado hanno mostrato di condividere l’operato dell’Ufficio, violando il disposto dell’art. 26 cit. in quanto né nella motivazione dell’impugnato avviso di accertamento, né nella stima UTE ad esso allegata e che ne costituisce il fondamento, l’Amministrazione finanziaria ha indicato gli elementi sulla base dei quali si è proceduto alla rettifica del valore del compendio immobiliare di proprietà della società ricorrente.
2. Il ricorso non è fondato e va rigettato. 2.1.Con riferimento al primo motivo di censura, va osservato che questa Corte si già è pronunciata in tema di obbligo motivazione dell’avviso di accertamento in rettifica del valore, stabilendo che lo stesso risulta assolto quando l’Ufficio enunci il “petitum” ed indichi le relative ragioni in termini sufficienti a definire la materia del contendere, con la conseguenza che va considerato adeguatamente motivato l’avviso di accertamento che rinvii ai dati contenuti in una stima effettuata dall’UTE (Cass. sez. 5, n. 25559 del 2014, Cass. Sez. 5, n. 6929 del 25.3.2011, Cass. 21515 del 2005).Nella specie, non sussiste il denunciato difetto di motivazione della sentenza impugnata, avendo la Commissione Tributaria Centrale adeguatamente argomentato, ritenendo testualmente che: «da una attenta lettura dell’avviso di accertamento risultano non solo una descrizione dettagliata dei beni di spettanza della società ma anche gli elementi di fatto intrinseci ai beni stessi posti a fondamento della relativa valutazione, quali per esempio la indicazione di spazi di manovra a servizio della clinica e zone di verde. L’avviso di accertamento espressamente riporta che gli edifici presentano caratteristiche adeguate ad un tono di livello medio, prospetti al quarzo plastico e parzialmente a cortina. Questi elementi fattuali non possono essere considerati solo come dati identificativi dei beni oggetto della valutazione, bensì come i dati che giustificano la valutazione stessa. Ciò stante non sussiste la denunziata mancanza o contraddittorietà di motivazione, considerato anche che la valutazione effettuata dall’Ufficio risulta supportata pure dal parere espresso dall’UTE reso previo sopralluogo anche se esterno».
3.Anche il secondo motivo non può trovare accoglimento. In tema di INVIM e di imposta di registro, poiché dinanzi al giudice tributario l’Amministrazione finanziaria è sullo stesso piano del contribuente, la relazione di stima di un immobile, redatta dall’UTE, rappresenta una semplice perizia di parte, alla quale, pertanto, può essere attribuito il valore di atto pubblico soltanto per quel che concerne la provenienza, ma non anche per quel che riguarda il contenuto. Nondimeno, nel processo tributario, nel quale esiste un maggiore spazio per le prove cosiddette atipiche, anche la perizia di parte può costituire fonte di convincimento del giudice, che può elevarla a fondamento della decisione a condizione che spieghi le ragioni per le quali la ritenga corretta e convincente (Cass., Sez. 5, n. 4363 del 2011, Cass., Sez. 5, sent. n. 8890 del 2007, Cass. Sez. 5, n. 9357 del 2015). Nella specie, la sentenza impugnata su tale punto risulta motivata in modo adeguato, oltre che giuridicamente logico e corretto.
4. Il ricorso va conseguentemente rigettato. Le spese del presente giudizio sono a carico della parte soccombente, come liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la società P. S.p.A. al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dell’Agenzia delle Entrate, liquidate in euro 17.000,00 per compenso, oltre spese prenotate a debito. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di con- tributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1- bis, dello stesso articolo 13.