CORTE DI CASSAZIONE sentenza n. 873 del 19 gennaio 2016
SOGGETTI OBBLIGATI – ATTIVITA’ ESERCITATE IN FORMA D’IMPRESA DA COMMERCIANTI, ARTIGIANI O COLTIVATORI DIRETTI – CONTEMPORANEO ESERCIZIO DI ALTRA ATTIVITA’ AUTONOMA ASSOGGETTATA ALL’OBBLIGO DI ISCRIZIONE ALLA GESTIONE SEPARATA – DOPPIA ISCRIZIONE SULLA BASE DEL PARAMETRO DELLA COESISTENZA DI ATTIVITA’ – APPLICABILITA’ – CRITERI DI VALUTAZIONE
FATTO E DIRITTO
1 – Considerato che e’ stata depositata relazione del seguente contenuto: “Il Tribunale di Parma dichiarava l’illegittimita’ dell’iscrizione a ruolo ed annullava la cartella di pagamento n. (OMISSIS) opposta da B.M. (amministratore della BI-san s.r.l., come tale iscritto alla Gestione Separata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26), avente ad oggetto la somma di Euro 15.881,76 da corrispondere all’I.N.P.S. a titolo di omessi contributi e relative sanzioni per effetto dell’iscrizione d’ufficio alla Gestione Commercianti per gli anni 2000/2005. La Corte di appello di Bologna, con sentenza n. 250/2012 del 27/8/2012 confermava la decisione di primo grado relativamente al periodo fino al terzo trimestre del 2002, sul rilievo che, pur dovendo aderirsi alla tesi della legittimita’ della doppia iscrizione, non operando nel caso specifico la “fictio iuris” dell’unificazione della contribuzione sulla base dell’attivita’ prevalente, tuttavia non era riscontrabile, ai fini della iscrizione alla Gestione Commercianti, la sussistenza dei requisiti specificamente previsti dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203, posto che gli elementi probatori raccolti nel corso dell’accertamento ispettivo avevano consentito di ritenere la sussistenza di un impegno lavorativo del B., nel suo momento esecutivo, abituale e prevalente, solo dal settembre 2002.
Per la cassazione di tale decisione ricorre l’I.N.P.S., in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.p.A., affidando l’impugnazione ad unico motivo.
Il B. e’ rimasto solo intimato.
L’Istituto denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 203 e 208, come interpretato dal D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 11, conv. dalla L. n. 122 del 2010, in relazione all’art. 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, assumendo che le norme richiamate della L. n. 662 del 1996, avevano inteso estendere l’obbligo di iscrizione a soggetti, tra i quali i soci di societa’ a responsabilita’ limitata, prima esclusi in ragione della limitazione della loro responsabilita’, e che il requisito della personale partecipazione al lavoro aziendale con abitualita’ e prevalenza, previsto ai fini dell’iscrizione alla gestione commercianti, doveva estendersi a quelle prestazioni di lavoro relative alle attivita’ connesse, grazie alle quali il servizio veniva reso. In sostanza non solo l’espletamento di un’attivita’ esecutiva era rilevante ai detti fini, ma anche quella organizzativa e direttiva di natura intellettuale, idonea a rendere effettivo l’obbligo di iscrizione alla gestione commercianti, indipendentemente dal giudizio di prevalenza che rileva in un ambito di gestioni speciali, nel cui interno possano configurarsi fattispecie unitarie ma caratterizzate dalla compresenza di elementi c.d. “misti” e dalla unicita’ del reddito.
Il ricorso e’ fondato nei termini di seguito illustrati.
E’ stato ritenuto (Cass. Sez. Un. 8 agosto 2011, n. 17076) che: “In caso di esercizio di attivita’ in forma d’impresa ad opera di commercianti o artigiani ovvero di coltivatori diretti contemporaneamente all’esercizio di attivita’ autonoma per la quale e’ obbligatoriamente prevista l’iscrizione alla gestione previdenziale separata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, non opera l’unificazione della contribuzione sulla base del parametro dell’attivita’ prevalente, quale prevista dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 208”.
E’ stato, infatti, emanato il D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 12, comma 11, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, art. 1, comma 1, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita’ economica. Tale disposizione prevede, con norma dichiaratamente di interpretazione autentica: “La L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 208, si interpreta nel senso che le attivita’ autonome, per le quali opera il principio di assoggettamento all’assicurazione prevista per l’attivita’ prevalente, sono quelle esercitate in forma d’impresa dai commercianti, dagli artigiani e dai coltivatori diretti, i quali vengono iscritti in una delle corrispondenti gestioni dell’I.N.P.S.. Restano, pertanto, esclusi dall’applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 208, i rapporti di lavoro per i quali e’ obbligatoriamente prevista riscrizione alla gestione previdenziale di cui alla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 2, comma 26”.
Non opera piu’, quindi, alla stregua della norma interpretativa (ritenuta conforme a Costituzione dalla sentenza n. 15 del 2012 della Corte costituzionale), la regola della attivita’ prevalente e quindi, in via generale, vale l’obbligo di iscrizione e contribuzione sia alla gestione commercianti, sia alla gestione separata.
Tuttavia, come da questa Corte precisato nelle decisioni del 5 marzo 2013, n. 5444 e del 26 marzo 2015, n. 6192, il presupposto per la iscrizione alla gestione commercianti e’ che si eserciti effettivamente l’attivita’ commerciale e quindi vi siano le condizioni cui la legge subordina il relativo obbligo.
La disciplina previgente e’, infatti, stata modificata dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 203 che cosi’ ha sostituito la L. 3 giugno 1975, n. 160, art. 29, comma 1: “L’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attivita’ commerciali di cui alla L. 22 luglio 1966, n. 613 e successive modificazioni ed integrazioni, sussiste per i soggetti che siano in possesso dei seguenti requisiti: a) siano titolari o gestori in proprio di imprese che, a prescindere dal numero dei dipendenti, siano organizzate e/o dirette prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la famiglia, ivi compresi i parenti e gli affini entro il terzo grado, ovvero siano familiari coadiutori preposti al punto di vendita; b) abbiano la piena responsabilita’ dell’impresa ed assumano tutti gli oneri ed i rischi relativi alla sua gestione. Tale requisito non e’ richiesto per i familiari coadiutori preposti al punto di vendita nonche’ per i soci di societa’ a responsabilita’ limitata; c) partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualita’ e prevalenza; d) siano in possesso, ove previsto da leggi o regolamenti, di licenze o autorizzazioni e/o siano iscritti in albi, registri e ruoli”.
La iscrizione alla gestione commercianti e’, quindi, obbligatoria ove si realizzino congiuntamente le fattispecie previste dalla legge e cioe’: la titolarita’ o gestione di imprese organizzate e dirette in prevalenza con il lavoro proprio e dei propri familiari; la piena responsabilita’ ed i rischi di gestione (unica eccezione proprio per i soci di s.r.l.); la partecipazione al lavoro aziendale con carattere di abitualita’ e prevalenza; il possesso, ove richiesto da norme e regolamenti per l’esercizio dell’attivita’ propria, di licenze e qualifiche professionali.
Da tanto deriva che, se la regola espressa dalla norma risultante dalla disposizione interpretata (L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 208) e dalla disposizione di interpretazione autentica (D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 12, comma 11) e’ che l’esercizio di un’attivita’ di impresa commerciale, artigiana o agricola, la quale di per se’ comporti l’obbligo dell’iscrizione alla relativa gestione assicurativa presso l’I.N.P.S., non fa scattare il criterio dell’unificazione della posizione previdenziale in un’unica gestione secondo l’individuazione dell’attivita’ “prevalente”, rimanendo attivita’ distinte e (sotto questo profilo) autonome, sicche’ patimenti distinto ed autonomo resta l’obbligo assicurativo nella rispettiva gestione assicurativa, deve coerentemente ritenersi che ognuna delle due distinte attivita’ debba essere valutata, ai fini della sussistenza dell’obbligo contributivo, secondo gli ordinali criteri.
Cosi’ la sussistenza di un’attivita’ comportante l’obbligo contributivo nei confronti della gestione commercianti va valutata con i criteri di cui al gia’ sopra ricordato della L. n. 662 del 1996, medesimo art. 1, comma 203.
Ai fini, dunque, di tale ulteriore (rispetto a quello della gestione separata) obbligo contributivo non e’ richiesta la verifica del requisito della prevalenza (che vale nel solo ambito delle attivita’ autonome inquadrabili nei settori produttivi del commercio, dell’artigianato e dell’agricoltura; vale, cioe’, solo al fine di evitare piu’ di una contribuzione nel caso di un soggetto esercente contemporaneamente, anche in un’unica impresa, attivita’ plurime, ma pur sempre tutte “assicurabili” nelle gestioni previste per le attivita’ in parola), bensi’ quella della sussistenza degli elementi della abitualita’ e della professionalita’ della prestazione lavorativa, nonche’ degli altri requisiti eventualmente previsti dalle rispettive discipline normative di settore.
Per il doppio onere occorre, dunque, una “coesistenza” di attivita’ riconducibili, rispettivamente, al commercio e all’amministrazione societaria.
La verifica della sussistenza di requisiti di legge per tale “coesistenza” e’ compito del giudice di merito e deve essere effettuata in modo puntuale e rigoroso, indispensabile essendo che l’onere probatorio (il quale, secondo le ordinarie regole, grava sull’ente previdenziale, tenuto a provare i fatti costitutivi dell’obbligo contributivo – cfr. ex multis Cass. 20 aprile 2002, n. 5763; Cass. 6 novembre 2009, n. 23600 -) venga compiutamente assolto, potendo assumere rilevanza, ai fini di tale valutazione e, quindi, della prova del personale apporto all’attivita’ di impresa, con diretta ed abituale ingerenza dell’amministratore nel ciclo produttivo della stessa, elementi quali la complessita’ o meno dell’impresa, l’esistenza o meno di dipendenti e/o collaboratori, la loro qualifica e le loro mansioni (cosi’, ad esempio, in presenza di una societa’ di capitali con numerosi dipendenti ed un sistema organizzato di controlli sul personale, la diretta partecipazione al lavoro aziendale dell’amministratore, ancorche’ pure socio, non beneficia di elementi presuntivi che diversamente possono sussistere quando si e’ in presenza di una societa’ con due soli soci, di cui uno amministratore, e senza dipendenti – si veda, per una ipotesi di questo secondo tipo, Cass. 11 luglio 2012, n. 11685 -).
Cio’ precisato, non appare corretto il decisum della Corte territoriale, incentrato sullo svolgimento da parte del B., fino al settembre del 2002, della sola attivita’ di amministratore, senza alcuna partecipazione diretta all’attivita’ materiale ed esecutiva dell’azienda, pur a fronte di dichiarazioni rese agli ispettori dell’I.N.P.S. dallo stesso opponente che cosi’ vengono riportate in sentenza: “la societa’ non ha e non ha mai avuto personale alle dipendenze in quanto l’attivita’ e’ svolta principalmente dal sottoscritto. Piu’ precisamente quando mio fratello B.J. era socio svolgevamo insieme la medesima attivita’ con pari adempimenti e responsabilita’ e ciascuno di noi svolgeva altre attivita’.
Successivamente col subentro di mia moglie io personalmente svolgo l’attivita’ pratica da solo mentre mia moglie mi coadiuva seguendo le funzioni contabili … con cadenza settimanale …”. Sembra allora che, quanto al ruolo di B.M., la differenza in ordine all’attivita’ operativa tra il periodo precedente e quello successivo al subentro nella societa’ della moglie dello stesso (avvenuto nel settembre 2002) consistesse solo nel fatto che, prima, tale attivita’ era stata svolta dall’odierno intimato insieme con il fratello mentre, dopo, la medesima era stata svolta solamente dal primo. In ogni caso, a termini della gia’ citata Cass. 11 luglio 2012, n. 11685, andavano considerati gli elementi presuntivi sopra evidenziati.
In conclusione, si propone l’accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio ad altro giudice di merito che, attenendosi ai principi sopra illustrati, procedera’, relativamente al periodo fino al terzo trimestre del 2002, ad un nuovo esame, il tutto con ordinanza ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5″.
2 – Non sono state depositate memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..
3 – Va preliminarmente rilevato che il ricorso e’ stato notificato anche ad Equitalia Nord S.p.A. che e’ rimasta intimata.
4 – Per il resto, questa Corte ritiene che le considerazioni in diritto svolte dal relatore (che trovano anche conferma nelle piu’ recenti Cass. 22 maggio 2015, n. 10566 e Cass. 1 luglio 2015, n. 13446) siano del tutto condivisibili.
Diversamente va opinato con riguardo alle conclusioni proposte che invero sembrano presupporre un vizio motivazionale (la sentenza impugnata e’ stata depositata nella vigenza dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nel testo anteriore alle modifiche apportate dal D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012) in realta’ non devoluto.
Ed infatti, nel caso in esame, la regola dell’onere della prova di cui alla denunciata violazione di legge e’ stata osservata mentre esula dall’esame di questa Corte, delimitato dai rilievi dell’Istituto ricorrente, la valutazione in concreto degli elementi a sostegno di una “coesistenza”, per l’intero periodo di cui alla pretesa contributiva, di attivita’ riconducibili, rispettivamente, al commercio e all’amministrazione societaria.
Sussiste con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375 c.p.c., n. 5, per la definizione camerale del processo.
5 – Conseguentemente, il ricorso va rigettato.
6 – Nulla va disposto per le spese processuali non avendo gli intimati svolto attivita’ difensiva.
7 – La circostanza che il ricorso principale sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilita’ del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17. Invero, in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato costituisce un atto dovuto, poiche’ l’obbligo di tale pagamento aggiuntivo non e’ collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo – ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione – del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, dell’impugnazione, muovendosi, nella sostanza, la previsione normativa nell’ottica di un parziale ristoro dei costi del vano funzionamento dell’apparato giudiziario o della vana erogazione delle, pur sempre limitate, risorse a sua disposizione (cosi’ Cass., Sez. Un., n. 22035/2014).
P.Q.M.
LA CORTE rigetta il ricorso; nulla per le spese del presente giudizio di legittimita’.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo
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