CORTE DI CASSAZIONE sentenza n. 8766 del 5 aprile 2017
Svolgimento del processo
La Smeca di S. e C. snc, nonché i soci S. V. e C. I. hanno proposto distinti ricorsi per cassazione avverso le sentenze della CTR dell’Emilia- Romagna, tutte depositate il 4.12.2008, con le quali, confermando le pronunzie di primo grado, sono stati respinti i ricorsi dei contribuenti avverso gli avvisi di accertamento nei confronti della società e dei soci, relativi, rispettivamente, a maggiore Irap ed Iva per gli anni 2003 e 2004, ed a maggiore Irpef, derivante dall’imputazione, pro quota, ai soci del maggior reddito accertato a carico della società, per gli stessi anni. Gli avvisi impugnati risultano fondati sul medesimo p.v. di constatazione della Guardia di Finanza a carico della società, nel quale veniva accertato l’utilizzo di fatture fittizie emesse dall’ impresa G.R. di G. M., con conseguente detrazione indebita di costi. La CTR dell’Emilia-Romagna, nelle sentenze impugnate, affermava la legittimità e fondatezza dell’avviso di accertamento a carico della società e, conseguentemente, dei soci, ritenendo che il carattere fittizio delle fatture emesse dall’impresa G.R. di G. M. negli anni 2003 e 2004 risultasse adeguatamente provato, anche in forza della non contestata circostanza che l’ emittente, a partire astl marzo 2003, aveva cessato tutti i rapporti di lavoro subordinato e non aveva più dipendenti. Il giudice di secondo grado affermava, pertanto, che gli elementi presuntivi utilizzati dall’Ufficio erano gravi, precisi e concordanti. L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso.
Motivi della decisione
Alla luce della evidente connessione tra le cause, i cui ricorsi, seppur relativi a sentenze diverse, riguardano accertamenti concernenti il reddito di una società di persone ed il reddito da partecipazione dei soci della medesima società, in relazione allo stesso anno, si dispone la riunione ex art. 274 cpc dei suddetti ricorsi sotto il numero più antico di ruolo.
Va preliminarmente esaminato il primo motivo dei ricorsi (aventi identico contenuto in relazione alle due distinte annualità) proposti dalla società, comune anche ai ricorsi separatamente proposti dai soci, con il quale i ricorrenti denunziano la violazione degli artt. 110 e 111 cpc, in relazione all’art. 360 comma 1 n.3) cpc, lamentando la mancata riunione dei processi nelle fasi di merito e la loro conseguente nullità del procedimento per violazione del litisconsorzio necessario.
Il motivo non ha pregio. E’ infatti vero che la consolidata giurisprudenza di questo giudice di legittimità, a partire dall’arresto delle sezioni unite con la sentenza n.14815/2008, ha ritenuto che l’unità dell’accertamento, che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone o delle associazioni di cui all’art. 5 Dpr 917/86 e dei soci delle medesime, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali – con la conseguenza che il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento.
Occorre tuttavia rilevare che nella fattispecie in esame, pur in mancanza di trattazione formalmente congiunta, i ricorsi proposti dalla società e dai soci sono stati decisi, in primo grado, dalla stessa sezione ( la n. 9 ) della CTP di Modena, nella stessa udienza e dinanzi al medesimo collegio. E’ inoltre da aggiungere che anche in appello sia la causa della società che quelle dei soci sono state trattate dalla stessa sezione, nella medesima udienza e che le parti sono state tutte assistite dal medesimo difensore. Può dunque concludersi che i diversi procedimenti, pur formalmente separati, sono stati decisi in un unico contesto e come un’unica causa.
La motivazione delle sentenze relative ai ricorsi proposti dai soci, inoltre, ha fatto espresso rinvio a quella posta a fondamento del rigetto del ricorso della società, rilevandosi, quanto alla posizione dei soci, che la determinazione del relativo reddito di partecipazione discendeva direttamente dalla definizione di quello di impresa della società, pervenendosi, in forza di ciò, alla conferma, pure nei loro confronti, di tutti gli atti impositivi. Il medesimo giudice ha dunque esaminato l’impugnazione proposta da società e soci non solo in maniera unitaria, ma anche strettamente coordinata e consequenziale, cosicchè appaiono sussistenti i presupposti per ritenere nella specie applicabile il principio di diritto espresso da questa Corte nella sentenza n.3830/2010 (e successivamente seguito da numerose altre pronunce), secondo il quale, nel processo di cassazione, in presenza di cause decise separatamente nel merito e relative, rispettivamente, alla rettifica del reddito di una società di persone ed alla conseguente automatica imputazione dei redditi stessi a ciascun socio, non va dichiarata la nullità per essere stati i giudizi celebrati senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari in violazione del principio del contraddittorio, ma va disposta la riunione quando la complessiva fattispecie, oltre che dalla consapevolezza di ciascuna parte processuale dell’esistenza e del contenuto dell’atto impositivo notificato alle altre parti e delle difese processuali svolte dalle stesse risulta caratterizzata da:
1) identità oggettiva, quanto a “causa petendi” dei ricorsi introduttivi;
2) simultanea proposizione degli stessi avverso il sostanzialmente unitario avviso di accertamento, costituente il fondamento della rettifica delle dichiarazioni sia della società che di tutti i soci e , quindi, identità di difese;
3) trattazione sostanzialmente unitaria dei processi innanzi ad entrambi i giudici di merito;
4) procedimento decisionale unitario ed identità sostanziale delle decisioni adottate da tali giudici.
La ricomposizione dell’unicità della causa nel presente giudizio attua dunque il fondamentale diritto ad una ragionevole durata del processo ( derivante dall’art 111 comma 2 Cost. e dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali) , evitando che con il regresso al giudice di merito si determini un inutile ed antieconomico dispendio di energie processuali, non giustificate dall’esigenza di salvaguardare in modo effettivo il principio di rispetto del contraddittorio ( Cass. 3830/2010): la trattazione delle cause nei gradi di merito risulta essere stata solo formalmente disgiunta e comunque oggettivamente simultanea, senza pregiudizio del diritto di difesa delle parti e con esclusione di ogni possibilità di contrasto tra giudicati. Passando all’esame degli altri motivi, dalla trattazione unitaria della controversia discende che assumono carattere logicamente pregiudiziale quelli proposti avverso la sentenza pronunziata nei confronti della società. Con il secondo motivo di ricorso la società denunzia la violazione dell’art. 42 Dpr 600/73 e 56 Dpr 633/72, in relazione all’art. 360 n.3) cpc, lamentando che il giudice di appello abbia omesso di rilevare la mancata motivazione dell’avviso di accertamento. Con il terzo motivo la contribuente, denunziando violazione dell’art. 360 n.3) cpc, deduce l’illegittimità della sentenza impugnata, in quanto fondata su presunzione priva degli elementi di gravità, precisione e concordanza di cui all’art. 2729 c.c. Con il quarto motivo di ricorso la società denunzia l’insufficiente valutazione delle prove fornite dalla contribuente in violazione dell’ art. 2697 c.c. , in relazione all’art. 360 n.5) codice di rito. Con il quinto motivo di ricorso si denunzia la violazione dell’artt. 75 comma 6 TUIR, in relazione all’art. 360 n.3) cpc, deducendo l’illegittimità della sentenza impugnata per non aver ammesso la deducibilità dei costi sostenuti per operazioni oggettivamente inesistenti. I motivi sono inammissibili per violazione dell’art. 366 bis cpc, vigente ratione temporis, in quanto sono privi del quesito di diritto in relazione alla dedotta violazione di legge e del c.d. momento di sintesi avuto riguardo alla violazione dell’art. 360 n.5) cpc. E’ in proposito appena il caso di precisare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità il “quesito di diritto” non può coincidere con l’esposizione del vizio denunciato, ma deve costituire una sintesi originale ed autonoma posta a conclusione della esposizione del motivo che ne censuri specificamente la ratio, indicandone quella diversa che, ad avviso del ricorrente, avrebbe dovuto essere applicata; ed inoltre, anche l’onere di illustrazione di cui alla seconda parte dell’art. 366 bis citato in relazione al c.d. -momento di sintesi” deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un “quid pluris” rispetto all’illustrazione del motivo.
I ricorsi proposti dalla società vanno dunque respinti.
Va da ultimo esaminato l’ulteriore motivo ( oltre a quello, già esaminato, relativo al difetto di integrazione del contraddittorio, proposto anche dalla società) , formulato nei soli ricorsi proposti dai soci, con il quale si denunzia l’illegittimità della sentenza impugnata per difetto assoluto di motivazione, per aver fatto riferimento nella sentenza relativa ai soci alla sentenza emessa nei confronti della società, che non era ancora passata in giudicato, in violazione dell’ara. 360 n.5) cpc. Pure tale motivo è inammissibile, per mancata formulazione del momento di sintesi ex art. 366 bis ultima parte cpc. Si osserva in ogni caso che, anche sotto altro profilo, va dichiarata la ( sopravvenuta) inammissibilità di tale motivo, in conseguenza della reiezione dei ricorsi proposti dalla società. Divenuto infatti definitivo, con autorità di giudicato, l’ accertamento a carico della società, viene meno l’interesse dei soci a far valere il vizio di motivazione delle sentenze emesse nei loro confronti, in quanto motivate per relcitionem ad una sentenza non ancora passata in giudicato. Avuto riguardo al regime delle spese di lite, considerato che l’indirizzo interpretativo secondo cui, in presenza di cause decise separatamente nel merito e relative alla rettifica del reddito di una società di persone e dei soci, non va dichiarata la nullità per violazione del principio del contraddittorio, ma, in presenza di trattazione sostanzialmente unitaria dei processi innanzi ad entrambi i giudici di merito, va disposta la riunione in cassazione, si è consolidato a partire dalla sentenza di questa Corte n.3830 del 28 febbraio 2010, e quindi successivamente alla proposizione del presente ricorso, sussistono i presupposti per disporre l’integrale compensazione, tra le parti, delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte, riuniti al ricorso RG n. 28279/09 proposto da Ivano Campedelli i ricorsi RG nn. 28285/09, 28290/09, 28298/09 , 8306/09, 28309/09 proposti, rispettivamente, da Vittorio Smerieri e dalla “Smeca” di S. e C. snc, li respinge.
Spese compensate.
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