CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza n. 8795 del 4 maggio 2016
SOCIETÀ DI CAPITALI – SOCIETÀ PER AZIONI – ORGANI SOCIALI – ASSEMBLEA DEI SOCI – DELIBERAZIONI – INVALIDE – NULLITÀ – PRINCIPIO DEL RILIEVO UFFICIOSO DELLE NULLITÀ NEGOZIALI PER CAUSA DIVERSA DA QUELLA ALLEGATA – AZIONI DI IMPUGNAZIONE DELLE DELIBERE ASSEMBLEARI – APPLICABILITÀ – FONDAMENTO – FATTISPECIE
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 28 febbraio 2003, la S. s.a. e la T.s.a. convenivano dinanzi al Tribunale di Roma la Societa’ Albergo F.-SAF s.p.a. per ottenerne la condanna al pagamento della somma di Euro 30.987.414,00, a titolo di rata di prezzo della cessione di azioni pari all’80% del capitale della N. calcio s.a., titolare, a sua volta, del 99,92% del capitale sociale della societa’ sportiva Calcio N. s.p.a..
Esponeva: – che tra le parti erano stati stipulati una convenzione, in data 30 maggio 2002, ed inoltre un “contrat de cession d’actions et de creances”, in data 20 giugno 2002; dopo che in precedenza, tra il novembre 2001 ed il febbraio 2002, la medesima Saf aveva acquistato dalla S. una partecipazione del 20% del capitale sociale della N. Calcio S. A.: prendendo parte, in tal modo, alla gestione della societa’ sportiva, che era stata posta successivamente in amministrazione giudiziaria, ex art. 2409 cod. civ., con decreto 15 marzo 2002 del Tribunale di N.;
– che il pagamento del prezzo era stato pattuito in tre rate: rispettivamente, la prima, di Euro 15.493.707, pari a lire 30 miliardi, tramite assunzione da parte del cessionario del residuo debito della cedente nei confronti di una terza societa’, F. s.a. Lussemburgo; la seconda, di Euro 30.987 414, pari a lire 60 miliardi, tramite pagamento diretto sul conto corrente bancario; ed il saldo, di Euro 15.493.17, tramite cambiali all’ordine della parte cedente;
– che la Societa’ Albergo F. era rimasta morosa nel pagamento della seconda rata.
Costituitasi ritualmente, la convenuta eccepiva il difetto di legittimazione attiva della T.e, previa chiamata in causa della N. Calcio s. a., chiedeva il rigetto della domanda, proponendo, a sua volta, domanda riconvenzionale per il rimborso di tutte le spese ed erogazioni connesse alla copertura delle perdite, all’aumento di capitale ed alla gestione della societa’ sportiva calcio N.; con compensazione di quanto preteso a titolo di saldo prezzo e condanna della S. al pagamento dell’eccedenza, anche a titolo di danni.
Con successivo atto di citazione, notificato il 23 ottobre 2003, la Societa’ Albergo F. promoveva un separato giudizio dinanzi al Tribunale di Roma, convenendo il dr. C.G., la D. s.r.l., la societa’ sportiva Calcio N. s.p.a e la C.- C. E. R.C..s.p.a. (gli ultimi tre, al solo fine di integrare il contraddittorio nei confronti delle parti firmatarie della convenzione del 30 maggio 2002 e del contratto di cessione di azioni 20 giugno 2002), per ottenere l’annullamento, per dolo, o in subordine, la risoluzione per inadempimento della convenzione e del contratto di cessione: con le conseguenti restituzioni ed il risarcimento del danno, a titolo di responsabilita’ precontrattuale o extracontrattuale.
Dopo la riunione dei due processi, veniva assunta prova testimoniale ed espletata consulenza tecnica d’ufficio.
Con sentenza 9 luglio 2009 il Tribunale di Roma rigettava le domande proposte dalla Societa’ Albergo F., che condannava, in accoglimento della domanda principale della S. s.a., al pagamento della somma di Euro 30.987.414,00, oltre interessi convenzionali e spese di giudizio. Rigettava, invece, la domanda di risarcimento formulata dalla T.
Sul successivo gravame, la Corte d’appello di Roma, accolta l’istanza della societa’ Albergo F. di rimessione in termini ex art. 184 bis cod. proc. civ. in ordine alla produzione di documenti nuovi – consistenti nella perizia contabile redatta dal consulente tecnico del Pubblico ministero nel processo penale, per i reati di bancarotta fraudolenta e false comunicazioni sociali, pendente dinanzi al Tribunale di N. a carico degli ex amministratori ed ex sindaci della Societa’ sportiva calcio N.: tra i quali, il dr. C.G. – con sentenza 1 aprile 2014 dichiarava inammissibili le domande di annullamento e di risoluzione proposte dalla Societa’ Albergo F. nei confronti della D. s.r.l. e del fallimento della societa’ sportiva Calcio N., nonche’ le domande proposte dalla C. s.p.a.; ed in parziale riforma della sentenza impugnata rigettava la domanda di condanna al pagamento della seconda rata di prezzo, con compensazione delle spese di giudizio.
Motivava:
– che il Tribunale penale di N., con sentenza 19 maggio 2010, emessa nell’ambito del processo per bancarotta conseguente al fallimento della societa’ sportiva calcio N. S.p.A., benche’ non passata in giudicato, aveva accertato la violazione dei principi di chiarezza, verita’ e correttezza del bilancio;
– che la situazione patrimoniale ivi riportata era stata assunta a fondamento delle condizioni del contratto di vendita, anche in ragione della specifica garanzia di veridicita’ assunta dalla venditrice S. s.a.;
– che tuttavia la Societa’ Albergo F. aveva partecipato a tale rappresentazione alterata, quale socia, titolare del 20% del capitale sociale della N. Calcio s.a. – societa’ controllante della societa’ sportiva Calcio N. s.p.a. – ed in tale veste si doveva presumere al corrente del reale andamento economico e finanziario della societa’ controllata: tenuto anche conto che di quest’ultima, prima della stipulazione della convenzione 30 maggio 2002, era stata disposta l’amministrazione giudiziaria dal tribunale: che, seppur poi revocata dalla corte d’appello, aveva messo in luce il non regolare stato gestionale della societa’;
– che quindi doveva essere respinto l’appello, con cui si erano riproposte le domande di annullamento del contratto di vendita delle partecipazioni sociali per dolo e di risoluzione per inadempimento;
– che andava invece accolto il gravame nella parte in cui censurava la condanna al pagamento della seconda rata di prezzo di Euro 30.987.414,00, che costituiva obbligazione “non in conformita’ dell’ordinamento giuridico, ex art. 1173 c.c., ultimo periodo”, e dunque insuscettibile di adempimento coattivo.
Avverso la sentenza, non notificata, proponevano congiuntamente ricorso per cassazione la S. tv s.p.a. (gia’ T. s.p.a.), la S. s.a. e la T.s.a., articolato in sette motivi e notificato il 5 Novembre 2014.
Resisteva con controricorso la Societa’ Albergo F.-SAF s.p.a., che proponeva, a sua volta, ricorso incidentale affidato a tre motivi.
Nel termine di cui all’art. 378 cod. proc. civ. le parti depositavano memorie illustrative.
All’udienza del 21 gennaio 2016, il Procuratore generale e i difensori precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso principale si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 342 e 345 cod. proc. civ. e artt. 1421 e 2907 cod. civ. nell’erroneo rilievo d’ufficio, in grado d’appello, della non conformita’ all’ordinamento giuridico dell’obbligazione contrattuale.
Il motivo e’ infondato . Il rilievo d’ufficio dell’invalidita’ di un’obbligazione di cui si chieda l’adempimento rientra nei poteri del giudice, anche nei gradi di gravame, ai sensi dell’art. 1421 cod. civ.: a condizione, beninteso, che tale questione non sia stata esaminata e decisa in primo grado, col conseguente formarsi del giudicato interno in assenza della relativa censura in sede di gravame. Evenienza, da escludere in radice, nel caso in esame, in cui il mancato rilievo officioso della nullita’ in primo grado si e’ accompagnato al contestuale rigetto delle domande demolitorie di annullamento e risoluzione – poi puntualmente riproposte in grado d’appello – senza comportare alcuna preclusione ostativa.
E’ la stessa Corte d’appello, del resto, ad attestarlo: “…tenuto conto che in primo grado la nullita’ del contratto di vendita non era stata allegata dalla parte, ne’ rilevata d’ufficio” (cfr. sent., pag.17). Ne’ il vizio deve necessariamente infirmare l’intero contratto: potendo riguardare anche la singola obbligazione – ad es., per impossibilita’ sopravvenuta o per factum principis – con o senza eventuali riflessi sulla validita’ dell’intero contratto, o solo parte di esso (artt. 1419 e 1420 cod. civ.).
Nella specie, la corte territoriale ha ravvisato, appunto, un’ipotesi di nullita’; identificandola con la formula della “non conformita’ all’ordinamento giuridico”. Fermo quanto si dira’ appresso in ordine all’elemento psicologico della parte acquirente, non viola il principio devolutivo il rilievo officioso, da parte della Corte d’appello di Roma, di un vizio radicale dell’obbligazione dedotta in giudizio, in una fattispecie concreta ancora immune da accertamenti irrevocabili di merito.
Con il secondo motivo, la S. TV s.p.a. censura la violazione degli artt. 112, 163, 183 e 184 cod. proc. civ. nella disamina di vizi del bilancio della societa’ sportiva calcio N. S.p.A. non dedotti tempestivamente dall’attrice, societa’ Albergo F.. Si assume, in sintesi, che la SAF avesse ritualmente lamentato, ab initio, solo l’illegittima applicazione del principio di continuita’ aziendale (going concern) – come messo in evidenza nella sentenza di primo grado – nella situazione patrimoniale della Societa’ sportiva Calcio N. s.p.a. allegata alla convenzione 30 maggio 2002): onde, la contestazione postuma di ulteriori profili di invalidita’, (addirittura dopo lo spirare dei termini ex art. 183 c.p.c., comma 5), configurerebbe un inammissibile ampliamento del thema decidendum. Per quanto il motivo appaia connesso con le successive censure sub nn. 4 e 5 – prestandosi, in astratto, ad una trattazione congiunta – esso merita una specifica valutazione, funditus, investendo una questione di diritto di portata generale.
Nel merito, si palesa infondato.
Posta la violazione di norma imperativa come causa petendi della domanda di accertamento dell’invalidita’ assoluta di una delibera di approvazione del bilancio – secondo la configurazione tradizionale; o, se si preferisce, direttamente del bilancio – non incorre in ultrapetizione il rilievo officioso (o comunque, sulla base di un’allegazione successiva all’edictio actionis), di un vizio di nullita’ emergente dagli atti, pur se non specificamente indicato nella prospettazione della domanda.
L’ammissibilita’ del rilievo ex officio di cause di nullita’ del contratto diverse da quelle denunziate dalla parte, in ragione della natura non eterodeteminata delle stesse (Cass., sez. unite, 12 dicembre 2014 n. 26242), appare suscettibile, infatti, di applicazione estensiva anche nel sottosistema societario, nell’ambito delle azioni di impugnazione delle deliberazioni assembleari.
Anche se queste ultime non possono assimilarsi ai contratti, si pone, del pari, come indefettibile, nel thema decidendum, la questione del rispetto dei principi inderogabili fissati da norme imperative per la loro valida formazione: e quindi, della conseguente idoneita’ a produrre gli effetti giuridici che sarebbero loro propri.
Al riguardo si osserva come, nonostante la formale elisione, nel novellato art. 2379 cod. civ., del richiamo espresso agli artt. 1421 – 1423 cod. civile, si debba ritenere sussistente – in forza della naturale vis expansiva del principio generale – il potere del giudice di pronunziare la nullita’ di una delibera, anche in difetto di un’espressa deduzione di parte; o per profili diversi da quelli enunciati: purche’ desumibili dagli atti ritualmente acquisiti al processo e previa provocazione del contraddittorio sul punto, nei giudizi promossi nella vigenza dell’attuale art. 101 c.p.c., comma 2. Il rilievo d’ufficio della nullita’ costituisce, in tesi generale, un’irrinunciabile garanzia della tutela dell’effettivita’ dei valori fondamentali dell’organizzazione sociale; ed in tale prospettiva, va quindi riaffermato che il suo esercizio e’ volto alla tutela di interessi generali dell’ordinamento, afferenti a valori di rango fondamentale per l’organizzazione sociale, che trascendono gli interessi particolari del singolo (Cass. sez. unite, n. 26.242/2014 cit.).
E’ vero che non si verte, nella specie, in tema di impugnazione diretta della delibera di approvazione del bilancio; ma, resta il fatto che quest’ultimo formava parte integrante, nei suoi valori riassuntivi, del contratto di cessione del pacchetto azionario, oggetto dell’azione di annullamento per dolo e di risoluzione per inadempimento: onde, non e’ viziata da ultrapetizione la pronuncia del giudice che su un vizio radicale della rappresentazione economico – finanziaria della societa’ – annessa al contratto di compravendita del pacchetto azionario – pur non oggetto di iniziale contestazione dell’acquirente, abbia fondato il rigetto dell’altrui domanda di pagamento del prezzo.
Con il terzo motivo si lamenta la violazione dell’art. 101 cod. proc. civ., nella riforma della sentenza di primo grado sulla base di un rilievo ufficioso sul quale le parti non si erano espresse nel corso dell’intero giudizio.
Il motivo e’ infondato.
Il principio del contraddittorio importa, sotto il profilo qui in esame, il divieto della cd. sentenza “a sorpresa”, o “della terza via”; ed e’ stato formalmente consacrato nell’art. 101 c.p.c., comma 2, aggiunto dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 13: con applicazione ai giudizi instaurati successivamente alla data di entrata in vigore della novella (4 luglio 2009).
Pertanto, esso non e’ direttamente riferibile, ratione temporis, al giudizio in esame, introdotto con atto di citazione notificato il 28 febbraio 2003: quando ancora il mancato richiamo, da parte del giudice, di una questione rilevabile d’ufficio ricadeva nella previsione della lex imperfecta di cui all’art. 183, comma 3, nel testo emendato dalla L. 26 novembre 1990, n. 353 (“il giudice… indica le questioni rilevabili d’ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione”).
Non e’ peraltro superfluo aggiungere che l’attuale disciplina esige la specifica trattazione, sollecitata dal giudice, solo delle questioni che non facciano gia’ parte naturale ed integrante della fattispecie dedotta in giudizio, essendo invece ricollegabili a fatti processuali emersi accidentalmente, o non valorizzati dalle parti nella loro attivita’ di allegazione. Tale non e’ mai la nullita’ di un’obbligazione dedotta in giudizio: profilo, la cui disamina e’, per contro, naturaliter immanente al giudizio, facendo parte integrante del thema decidendum dell’azione di adempimento – o all’opposto, di accertamento dell’invalidita’, sia pure a diverso titolo – proposta dalle parti.
E’ dunque un passaggio obbligato dell’iter formativo della decisione la valutazione preliminare dell’assenza di alcun vizio radicale di nullita’ dell’obbligazione: al punto che il silenzio sulla questione puo’ non restare fatto processuale neutro, privo di effetti; bensi’, assurgere, in costanza dei presupposti enunciati in Cass. sez. 2014/26.242 cit. – a decisione implicita sulla positiva assenza di vizi invalidanti, suscettibile di passare in giudicato, se non puntualmente impugnata (Cass., sez. 1 14 ottobre 2013 n.23325; Cass., sez.3, 20 Agosto 2009 n.18540).
Per il resto, la rimessione in termini nella produzione di documenti tratti dal processo penale rende irrilevanti le contestazioni ed il rifiuto di prendere posizione espressi in grado d’appello dalle attuali ricorrenti principali.
Con il quarto motivo si denunzia la violazione degli artt. 1173, 1174, 1421 e 2909 cod. civ. e art. 324 cod. proc. civ. nell’omesso rilievo preclusivo del giudicato implicito formatosi sulla validita’ dell’obbligazione.
Il motivo e’ infondato.
Per quanto teste’ chiarito, il rilievo officioso della nullita’ (anche speciale o di protezione) e’ consentito nell’ambito, non solo del primo grado di giudizio – nel contesto di un thema decidendum incentrato oltre che sulla domanda di adempimento (tesi tradizionale), altresi’ su domande di risoluzione, o annullamento, o rescissione (Cass. sez. unite 4 settembre 2012 n. 14.828; Cass., sez. unite, 12 dicembre 2014 n. 26.242) – ma, pure, nel successivo gravame; sempre che, per effetto di una pronuncia di merito, incompatibile con la questione pregiudiziale di nullita’ del negozio o della delibera, non si sia formato un giudicato implicito (cio’ che si deve altresi’ negare, per completezza d’esposizione, nell’ipotesi – qui non pertinente – di una decisione fondata sulla ragione piu’ liquida, benche’, a stretto rigore, giuridicamente postergata).
Solo in presenza di tale pronuncia di merito, il principio devolutivo, che restringe il thema decidendum ai motivi esplicitamente dedotti dalla parte soccombente, sara’ preclusivo dell’esercizio del potere officioso di rilevazione della nullita’.
Alla luce di queste nozioni, si deve dunque ribadire che la sentenza di primo grado del Tribunale di N., reiettiva delle domande di annullamento e risoluzione e puntualmente impugnata dalla parte soccombente, non si palesa ostativa alla disamina, in secondo grado, della questione di nullita’ dell’obbligazione pecuniaria del pagamento del prezzo delle azioni cedute, dichiarata dalla Corte d’appello di N. sotto il profilo della cd. non conformita’ all’ordinamento giuridico.
Con il quinto motivo la ricorrente principale denunzia la violazione degli artt. 1173-1174, 1320-1322, 1372, 1418, 2034 e 2423 cod. civ. nell’esclusione dell’obbligazione del prezzo per effetto della ritenuta falsita’ del bilancio della societa’ controllata Calcio N. s.p.a., sebbene di essa fosse pienamente consapevole l’acquirente delle quote di capitale.
Il motivo e’ fondato.
La corte territoriale ha negato la sussistenza sia del dolo, anche incidente, sia dell’inadempimento dell’alienante; ponendo in luce, in motivazione, la consapevolezza, da parte dell’acquirente, della reale situazione finanziaria della societa’: tale, cioe’, da escludere alcuna presupposizione fallace del valore delle azioni della controllante, influente sul regolamento del prezzo.
Ma, una volta negata l’esistenza di fattori distorsivi nella formazione della volonta’ o di anomalie funzionali della causa del contratto, non ne sarebbe potuta discendere, coerentemente, l’invalidita’ della clausola del prezzo, liberamente concordata dalle parti (analogamente a quanto disposto, in tema di vizi redibitori, dall’art. 1491 cod. civ.).
Al riguardo, non pertinente si rivela il riferimento al rango pubblicistico dei vizi del bilancio, a tutela dei terzi; dal momento che la fattispecie in esame non riguarda questi ultimi, bensi’ le parti di un contratto, in ipotesi edotte della situazione reale della societa’ e, per conseguenza, del valore effettivo delle partecipazioni sociali oggetto di cessione.
Tanto piu’, che la corte territoriale, dopo aver statuito che il bilancio era “tale da ingenerare immutazione della realta’, ovvero una rappresentazione alterata della realta’ in merito alle condizioni patrimoniali e finanziarie della Societa’ Sportiva Calcio N. s.p.a., la quale costituiva l’asset principale della societa’ compravenduta (N. Calcio s.a.), attraverso l’acquisizione del restante 80% del capitale sociale di questa”, ha negato che fosse da accogliere la contrapposta domanda di annullamento per dolo dei contratti, proprio in ragione della compartecipazione della stessa acquirente SAF a tale rappresentazione alterata (cfr. sent., pagg.13, 14).
Sull’ambito del giudizio di rinvio, conseguente alla cassazione in parte qua della sentenza, si dira’ in chiusura.
Risultano assorbiti i motivi n. 6 (violazione degli artt. 115, 116 e 2423 cod. civ., nella ritenuta contrarieta’ ai principi di chiarezza e verita’ dei bilanci della societa’ sportiva calcio N. s.p.a.) e n.7 (violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., nel rinvenire elementi di prova presuntiva nella sentenza del tribunale penale di N. non passata in giudicato e le conclusioni contenute nella relazione del consulente del pubblico ministero).
Su quest’ultima censura si deve pero’ precisare, in sede concettuale, che se e’ vero che non e’ opponibile un accertamento giudiziale a soggetti che non abbiano partecipato al relativo processo, (art. 654 cod. proc. pen.), non per questo e’ esclusa la possibilita’ di trarre elementi di prova da fatti o atti processuali ivi ritualmente acquisiti (prova atipica): fermo restando il diritto alla prova contraria.
Passando ora alla disamina del ricorso incidentale, si osserva come con il primo motivo si deduca la violazione degli artt. 1343 e 1418 cod. civ., nonche’ la carenza di motivazione nell’omesso apprezzamento della garanzia offerta dalla venditrice circa la veridicita’ della situazione patrimoniale della societa’ sportiva calcio N. s.p.a..
Il motivo e’ fondato.
La corte territoriale ha accertato la conoscenza della reale situazione patrimoniale della societa’ sportiva calcio N. s.p.a. – che non era, peraltro, oggetto diretto della compravendita – sulla base del rilievo che la societa’ acquirente Albergo F. era gia’ socia al 20% della N. Calcio s.a., societa’ lussemburghese, titolare formale delle azioni compravendute, ed esprimeva, altresi’, un membro del consiglio di amministrazione.
Sennonche’, non appare adeguatamente soppesato il valore della dichiarazione della venditrice, secondo cui “la situazione patrimoniale al 15 marzo 2002 della societa’ di calcio N. s.p.a. (debitamente sottoscritta dal sig. C.G., in proprio e nella qualita’ di cui in epigrafe, ed allegata al presente atto) e’ veritiera e corretta, nonche’ rappresentativa della consistenza patrimoniale della societa’” (art. 5, comma 3, Convenzione).
Il testo anzidetto e’ riportato nel controricorso (pag.55), in ossequio al principio di autosufficienza; e la sua esatta riproduzione non e’ contestata ex adverso.
E’ mancata, quindi, la sua doverosa disamina interpretativa, volta ad accertare, nel rispetto dei canoni ermeneutici legali (artt. 1362 c.c. e segg.) se tale dichiarazione contenesse, o no, una specifica garanzia, aggiuntiva rispetto a quella generica, insita in un bilancio debitamente approvato: e dunque, se recasse in se’, una garanzia specifica delle qualita’ promesse (art. 1497 cod. civ.): con eventuale obbligazione autonoma dell’amministratore, in proprio, autore della dichiarazione.
Si tratta, come detto, di una valutazione di merito che doveva essere puntualmente operata dalla Corte d’appello di Roma: nel cui ambito si colloca anche l’argomento presuntivo, pure addotto dal ricorrente, della plausibilita’, o no, dell’acquisto di un’impresa decotta al prezzo di 60 milioni di Euro: argomento, da esaminare comparativamente, nel contesto generale di tutte le circostanze oggettive, anche diverse dall’entita’ del prezzo – inclusa la rinomanza dell’oggetto mediato della compravendita – suscettibili di influire sul movente dell’operazione.
Restano assorbiti gli ulteriori due motivi.
Si osserva, infatti, come il secondo – con cui si censura la violazione dell’art. 1439 c.c. e art. 2423 c.c., comma 2, sia sostanzialmente ripetitivo del precedente, salvo l’argomento aggiuntivo che l’insolvenza della societa’ era risalente ad almeno due anni prima della predisposizione della richiamata situazione patrimoniale. Il terzo denunzia, invece, la violazione degli artt. 1453 e 1490 cod. civ. per omesso accertamento della vendita di un aliud pro alio ed e’ appunto legato al riesame delle condizioni di vendita, nel senso sopra chiarito: all’esito del quale concludere se l’oggetto concreto della prestazione non risultasse piu’ corrispondente, per genere ed identita’, a quello concordato, o se invece l’eventuale diversita’ di valore fosse contenuta nei limiti della mancanza di qualita’ (art. 1497 cod. civ.), soggetta alla disciplina dettata in tema di vizi redibitori.
In conclusione, la sentenza dev’essere cassata con rinvio in relazione alle censure hinc et inde dedotte ed accolte nei limiti di cui sopra, ed anche per il regolamento delle spese processuali. In funzione delle domande speculari del diritto al residuo prezzo e dell’annullamento, o risoluzione, dei contratti, dovra’ essere curato dalla corte territoriale l’accertamento dell’effettiva conoscenza ex latere emptoris del dissesto finanziario della S.S. Calcio N. e della non veridicita’ dei dati di bilancio indicati nella situazione patrimoniale 15 Marzo 2002: circostanza di fatto, che non si puo’ desumere sic et simpliciter dalla preesistente titolarita’ del 20% del capitale sociale della controllante N. Calcio s.a., dal momento che una mera partecipazione minoritaria non implica, di necessita’, la conoscenza di eventuali distorsioni nella rappresentazione di bilancio, imputabili all’amministratore che ne sia l’autore: tanto meno, se neppure si tratti del bilancio della societa’ partecipata, bensi’ di quella da quest’ultima controllata.
P.Q.M.
– Accoglie il motivo n. 5 del ricorso principale, rigettati i nn. 1, 3 e 4 e assorbiti i nn. 6 e 7; nonche’ il primo motivo del ricorso incidentale, assorbiti i residui;
cassa, per l’effetto, la sentenza impugnata nei limiti di cui in motivazione, con rinvio alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese della fase di legittimita’.