CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 9491 del 10 maggio 2016
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – PUBBLICO IMPIEGO – DIPENDENTE MINISTERIALE – ASSEGNO AD PERSONAM – RETRIBUZIONE PROFESSIONALE DOCENTI – COMPUTABILITA’
Svolgimento del processo
1 – La Corte di Appello di Roma ha respinto l’appello del Ministero degli Affari Esteri avverso la sentenza del locale Tribunale che, in accoglimento della domanda proposta da P.A., dipendente del Ministero della Pubblica Istruzione transitata nei ruoli del M.A.E. con decorrenza dal 25.7.2001, aveva sul presupposto della non riassorbibilità dell’assegno ad personam riconosciuto alla ricorrente e della computabilità nello stesso della “retribuzione professionale docenti”, aveva condannato il Ministero al pagamento delle differenze retributive con decorrenza dal 1° ottobre 2004.
2 – Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il M.A.E. sulla base di tre motivi.
P.A. ha resistito con controricorso, illustrato da successiva memoria.
Motivi della decisione
1.1. – Il primo motivo di ricorso denuncia omessa, insufficiente e contraddittorietà della motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo del giudizio, nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 30 del d.lgs n. 165 del 2001, dell’art. 16, comma 1, lettere a) e c) della L. n. 246 del 2005, dell’art. 1406 c.c.. Sostiene, in sintesi, il ricorrente che l’amministrazione non era tenuta a riconoscere, a fini giuridici ed economici, l’anzianità maturata presso il Ministero di provenienza, perché nulla disponeva al riguardo l’art. 30 del d.lgs n. 165 del 2001, nel testo applicabile ratione temporis, e perché contraddittoriamente la sentenza impugnata aveva riconosciuto valenza interpretativa solo alla lettera a) dell’art. 16 della legge n. 246 del 2005 e non anche alla lettera c), che attribuisce al dipendente trasferito per mobilità esclusivamente il trattamento giuridico ed economico previsto dai contratti collettivi vigenti per il comparto della amministrazione di destinazione.
1.2 – Il secondo motivo censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione delle norme sopra citate nonché dell’art. 3, comma 57, della legge n. 537 del 1993 e dell’art. 202 del d.p.r. n. 3 del 1957.
Rileva il ricorrente che, in assenza di disposizioni speciali di diverso tenore, l’assegno ad personam attribuito dalla amministrazione al dipendente, per non incorrere nel divieto della reformatio in peius del trattamento economico acquisito, è riassorbibile con le modalità e le misure previste dai contratti collettivi.
1.3 – Il terzo motivo denuncia la violazione delle norme di legge sopra citate e dei contratti collettivi del comparto scuola ( artt. 7 CCNL 15.3.2001 e 50 CCNL 26.5.1999), nonché la insufficienza e la contraddittorietà della motivazione. Rileva il ricorrente che non poteva essere inclusa nell’assegno la “retribuzione professionale docenti”, trattandosi di un compenso di natura accessoria che presuppone l’effettiva prestazione della attività didattica.
2 – Il primo motivo di ricorso è ammissibile in quanto, contrariamente a quanto dedotto dalla controricorrente, dalla lettura della sentenza impugnata si evince che la Corte di Appello ha trattato anche la questione relativa al riconoscimento del diritto alla valutazione, a fini giuridici ed economici, dell’anzianità di servizio maturata presso il MIUR.
3 – Le questioni che vengono qui in rilievo sono state esaminate da questa Corte con più sentenze, pronunciate all’udienza del 16.10.2014 (nn. da 24724 a 24726, da 24729 a 24731, 24889, 24890, 24949, 25017, 25018, 25160, 25245, 25246), tutte relative al trattamento economico e giuridico spettante ai dipendenti del comparto scuola immessi nei ruoli del M.A.E., a seguito delle procedure di mobilità volontaria ex art. 30 d.lgs n. 165 del 2001, espletate in epoca antecedente all’entrata in vigore della legge n. 246 del 2005.
Con le richiamate pronunce si è stabilito, in sintesi, che:
a) il “passaggio diretto”, di cui all’art. 30 del d.lgs n. 165 del 2001, nella sua formulazione originaria, è riconducibile all’istituto civilistico della cessione del contratto, sicché detto passaggio è caratterizzato dalla conservazione della anzianità e dal mantenimento del trattamento economico goduto presso l’amministrazione di provenienza;
b) l’art. 16 della legge n. 246 del 2005 non ha natura di norma interpretativa per cui lo stesso, privo di efficacia retroattiva, non trova applicazione alle procedure di mobilità espletate antecedentemente alla sua entrata in vigore;
c) il trattamento economico acquisito dal lavoratore deve essere determinato con il computo di tutti i compensi fissi e continuativi erogati ai prestatore di lavoro, quale corrispettivo delle mansioni svolte ed attinenti, logicamente, alla professionalità tipica della qualifica rivestita;
d) secondo le previsioni del CCNL del comparto scuola la retribuzione professionale docenti costituisce un compenso fisso e continuativo, in quanto corrisposto in misura non variabile e per dodici mensilità, e va, quindi, incluso nell’assegno personale, non potendo la esclusione essere giustificata dal rilievo che il compenso fosse finalizzato alla valorizzazione professionale della funzione docente;
e) in caso di passaggio di personale da un’amministrazione all’altra, il mantenimento del trattamento economico, collegato al complessivo status posseduto dal dipendente prima del trasferimento, opera nell’ambito, e nei limiti, della regola del riassorbimento in occasione dei miglioramenti di inquadramento e di trattamento economico riconosciuti dalle normative applicabili per effetto del trasferimento;
f) infatti, in assenza di diversa specifica indicazione normativa, il divieto di reformatio in peius giustifica la conservazione del trattamento più favorevole, attraverso l’attribuzione dell’assegno ad personam, solo sino a quando non subentri, per i dipendenti della amministrazione di destinazione (e quindi anche per quelli transitati alle dipendenze dell’ente a seguito della cessione) un miglioramento retributivo, del quale occorre tener conto nella quantificazione dell’assegno, poiché, altrimenti, il divario sarebbe privo di giustificazione;
g) non è applicabile alla fattispecie la regola della non riassorbibilità dell’assegno, contenuta nella L. n. 537 del 1993, art. 3, comma 57, riferibile alla diversa ipotesi, ormai residuale, dei passaggi di carriera disciplinati dal d.p.r, 10 gennaio 1957 n. 3.
Gli scritti difensivi delle parti non prospettano argomenti che possano indurre a disattendere detto orientamento, al quale va dato continuità, poiché le ragioni indicate a fondamento dei principi affermati, da intendersi qui richiamate, sono integralmente condivise dal Collegio.
4 – Privo di rilevanza è il richiamo all’art. 3, comma 57, della L. 537/1993 contenuto nel Decreto Ministeriale con il quale è stato determinato l’assegno ad personam spettante alla controricorrente, atteso che non è consentito alle amministrazioni pubbliche attribuire trattamenti economici, anche se di miglior favore, in contrasto con le previsioni della legge e della contrattazione collettiva di comparto.
5 – La sentenza impugnata è conforme ai principi di diritto sopra indicati, quanto ai capi avente ad oggetto il riconoscimento della anzianità maturata presso l’amministrazione di provenienza e l’inclusione nell’assegno ad personam della retribuzione professionale docente. La pronuncia, invece, nella parte in cui afferma la non riassorbibilità dell’assegno personale, si pone in contrasto con i principi di diritto sintetizzati nelle lettere e), f) e g) del punto 3.
Il giudice del rinvio, attenendosi a quanto sopra indicato, dovrà preliminarmente accertare e quantificare i miglioramenti retributivi e di inquadramento riconosciuti alla controricorrente ed al personale di pari qualifica del Ministero degli Affari Esteri in epoca successiva al trasferimento e provvedere, nei limiti della domanda e delle originarie allegazioni, a quantificare l’assegno ad personam e le eventuali differenze retributive, includendo, nella base di calcolo, la retribuzione professionale docenti, e portando via via in detrazione dall’importo dell’assegno dovuto al momento del primo inquadramento, gli eventuali miglioramenti del trattamento economico complessivo, successivamente attribuiti per effetto delle dinamiche contrattuali dell’amministrazione di destinazione o della progressione professionale.
5 – In sintesi vanno rigettati il primo ed il terzo motivo, mentre deve essere accolto il secondo, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, che si atterrà ai principi di diritto sopra enunciati, provvedendo anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte dì Appello di Roma, in diversa composizione.
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