CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 9631 del 11 maggio 2016

LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – PADRE LIBERO PROFESSIONISTA – INDENNITA’ DI MATERNITA’ IN ALTERNATIVA ALLA MADRE BIOLOGICA – DOMANDA – NON LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE

Svolgimento del processo

Con sentenza depositata il 16.12.2010, la Corte di appello di Lecce, a conferma della sentenza del Tribunale del medesimo luogo, ha ritenuto insussistente il diritto al pagamento dell’indennità di maternità, in alternativa alla madre biologica, da parte dell’Inarcassa a favore di R.A. quale padre, libero professionista.

La Corte territoriale ha ritenuto di escludere il diritto all’esito della disamina della sentenza del giudice delle leggi (n. 285/2010) che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 70 del d.lgs. n. 151, disposizione che, nel fare esclusivo riferimento alle libere professioniste, non prevede il diritto dei padre libero professionista di percepire, in alternativa alla madre biologica, l’indennità di maternità. La Corte ha inoltre escluso l’assimilabilità della domanda avanzata dal R. alla questione, sottoposta sempre al giudice delle leggi, di erogazione della suddetta indennità in caso di adozione o affidamento (sentenza n. 385/2005).

Avverso la detta sentenza il soccombente R.A. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo. Resiste l’Inarcassa con controricorso. Le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

Motivi della decisione

1. – Parte ricorrente, deducendo l’omessa ed insufficiente motivazione circa un punto determinante della controversia, censura la sentenza impugnata per aver la Corte di Appello trascurato la palese disparità di trattamento tra la filiazione adottiva e quella biologica relativamente al riconoscimento, al padre libero professionista, dell’indennità di maternità.

2. – Il motivo, oltre a presentare profili di inammissibilità per carenza dei requisiti di specificità previsti dal combinato disposto degli artt. 366, primo comma, n. 6 e 369, secondo comma, n. 4 c.p.c., non è fondato.

2.1. L’art. 70 del d.lgs. 26.3.2001, n. 151 (rubricato “Indennità di maternità per le libere professioniste”) prevede che: “1. Alle libere professioniste, iscritte ad un ente che gestisce forme obbligatorie di previdenza di cui alla tabella D allegata al presente testo unico, è corrisposta un’indennità di maternità per i due mesi antecedenti la data del parto e i tre mesi successivi alla stessa.

2. L’indennità di cui aI comma 1 viene corrisposta in misura pari all’80 per cento di cinque dodicesimi del solo reddito professionale percepito e denunciato ai fini fiscali come reddito da lavoro autonomo dalla libera professionista nel secondo anno precedente a quello dell’evento.

3. In ogni caso l’indennità di cui ai comma 1 non può essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione calcolata nella misura pari ail’80 per cento del salario minimo giornaliero stabilito dall’articolo 1 del decreto-legge 29 luglio 1981, n. 402, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 settembre 1981, n. 537, e successive modificazioni, nella misura risultante, per la qualifica di impiegato, dalia tabella A e dai successivi decreti ministeriali di cui al secondo comma del medesimo articolo.

3-bis. L’indennità di cui al comma 1 non può essere superiore a cinque volte l’importo minimo derivante dall’applicazione del comma 3, ferma restando la potestà di ogni singola cassa di stabilire, con delibera del consiglio di amministrazione, soggetta ad approvazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un importo massimo più elevato, tenuto conto delle capacità reddituali e contributive della categoria professionale e della compatibilità con gli equilibri finanziari dell’ente.

3-ter. L’indennità di cui al comma 1 spetta al padre libero professionista per il periodo in cui sarebbe spettata alla madre libera professionista o per la parte residua, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.”

3. – Il ricorrente critica la sentenza impugnata sotto il profilo della trascurata considerazione della disparità di trattamento tra filiazione adottiva e filiazione biologica segnalando come la soluzione adottata dal giudice di merito non consenta, ai genitori, di scegliere liberamente chi deve occuparsi della cura della prole. Tale censura, in realtà, si risolve nella mera riproposizione delle argomentazioni esposte dal giudice remittente alla Corte Costituzionale al fine di vagliare la legittimità costituzionale dell’art. 70 del d.lgs. n. 151 del 2001, giudizio che si è concluso con !a dichiarazione di non fondatezza della questione (sentenza n. 285/2010), Peraltro, non sono esplicitate nuove od ulteriori ragioni che portano il ricorrente a dubitare della costituzionalità della norma censurata.

La Corte territoriale ha, peraltro, respinto la domanda di riconoscimento dell’indennità di maternità a favore del R. quale padre libero professionista, in alternativa alla madre biologica, dando atto della pronuncia della Corte Costituzionale che ha ritenuto, proprio in fattispecie sovrapponibile a quella esaminata, di non ravvisare profili di illegittimità costituzionale della disposizione invocata (in specie, l’art. 70 del decreto legislativo n. 151 del 2001 in riferimento agli artt. 3, 29, secondo comma, 30, primo comma, e 31 della Costituzione). La sentenza impugnata sottolinea l’insussistenza di profili di disparità di trattamento così come delineata dal giudice delle leggi e sottolinea come l’uguaglianza tra i genitori è riferita a istituti in cui l’interesse del minore riveste carattere assoluto o, comunque, preminente, e, quindi, rispetto al quale le posizioni del padre e della madre risultano del tutto fungibili tanto da giustificare identiche discipline, mentre, le norme poste direttamente a protezione della filiazione biologica, oltre ad essere finalizzate alla protezione del nascituro, hanno come scopo la tutela della salute della madre nel periodo anteriore e successivo al parto, con la conseguenza che, in tali casi, la posizione di quest’ultima non è assimilabile a quella del padre.

4. – La Corte territoriale ha, inoltre, aggiunto che non sarebbe decisivo nemmeno il richiamo della sentenza n. 385 del 2005 con la quale la Corte costituzionale, pur dichiarando la illegittimità del citato art. 70 (e del successivo art. 72) «nella parte in cui non prevedono II principio che al padre spetti di percepire in alternativa alla madre l’indennità di maternità, attribuita solo a quest’ultima», si riferiva al caso di affidamento preadottivo; il giudice delle leggi ha, infatti, esaminato una fattispecie diversa da quella proposta dal ricorrente (per l’appunto, l’affidamento preadottivo), ove non si poneva l’esigenza di tutela della gravidanza e del puerperio di una madre biologica come rappresentato nel caso sottoposto al giudice di merito.

5. – In conclusione, il ricorso va rigettato, Le spese del giudizio di legittimità vanno compensate in considerazione della sopravvenienza della decisione del giudice delle leggi rispetto al momento di proposizione del ricorso giudiziale.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.