CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 9877 depositata il 13 maggio 2016
CONTROLLO AUTOMATIZZATO DELLE DICHIARAZIONI REDDITUALI – CARTELLA DI PAGAMENTO – OMESSO INVIO PREVENTIVO AVVISO BONARIO – NULLITA’ DELLA CARTELLA DI PAGAMENTO – ESCLUSIONE
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 5.10.2009, la CTR Campania, accogliendo l’appello del fisco, ha provveduto a riformare la decisione che in primo grado, su ricorso della contribuente G.C. s.a.s, aveva annullato la cartella di pagamento emessa all’esito del controllo automatizzato delle dichiarazioni reddituali della parte per l’anno 2002 sul rilievo, che nella specie non era stato provato l’invio dell’avviso bonario.
La CTR, respinte le pregiudiziali di rito in punto di inammissibilità del gravame per inosservanza dei termini e per difetto di specificità dei motivi, ha nel merito osservato che dall’omissione del predetto adempimento non consegue “la sanzione della nullità dell’atto stesso”, da cui possa farsi discendere la nullità dell’atto successivo, mancando un’esplicita previsione in questo senso ed ha aggiunto che neanche in sede di appello la parte privata, limitandosi a sole eccezioni di diritto e di rito, si era data cura di allegare un “conteggio” in relazione ai versamenti asseritamente effettuati, “dal quale si possa desumere quale sia il presunto errore in cui l’ufficio è incorso” nell’operare l’iscrizione a ruolo e che sarebbe potuto invece emergere se vi fosse stato un confronto tra le parti con scambio di “memorie e repliche”. Avverso detta sentenza propone ora ricorso a questa Corte la contribuente affidandosi a sei motivi di ricorso, illustrati pure con memoria, a cui replica la resistente Agenzia delle Entrate con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2.1. Con il primo motivo di ricorso, la società ricorrente lamenta ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5, c.p.c., nell’ordine, “che la decisione è errata per difetto di motivazione” in relazione all’eccepita circostanza che nella specie “l’iscrizione a ruolo deve essere preceduta dalla preventiva comunicazione di irregolarità al contribuente”, che la decisione “è viziata nella motivazione” in relazione alla facoltà della parte di agire in autotutela, avendo la contribuente “diligentemente coltivato l’opposizione” in sede processuale, che la decisione è ancora “viziata” in relazione all’asserita rilevanza di confronto tra le parti atteso che memorie e repliche “nel processo tributario non sono previste”, che la decisione è infine “viziata” in quanto “non corrisponde al vero” che il contribuente abbia limitato le proprie difese solo ad aspetti di diritto e di rito.
2.2. Il motivo è infondato.
Con esso invero la deducente – anche in disparte dalla considerazione che la formulazione del motivo viola il precetto di specificità in quanto manca ogni indicazione in ordine a quale dei diversi vizi previsti dall’art. 360, comma primo, n. 5, c.p.c. la ricorrente intenda riferirsi e che ciò viola il disposto dell’art. 366 n.4 cod. proc. civ., che per ogni tipo di motivo pone il requisito della specificità sanzionandone il difetto (12052/07; 15279/03; 3904/00) – non palesa alcun vizio motivazionale.
Segnatamente, sotto la dizione difetto di motivazione, che compare nell’illustrazione del motivo traspare non già una critica circostanziata al percorso logico-razionale seguito dal decidente per addivenire alla pronuncia oggetto di ricorso, donde si possa inferire l’illogicità di essa per aver omesso la considerazione di taluni elementi della cognizione o per averli delibati senza la necessaria consequenzialità argomentativa o per averli giustapposti senza registrarne l’intrinseca inconciliabilità – nel che risiederebbe propriamente il vizio lamentato ma si concretizza e si esprime, piuttosto, l’evidente insoddisfazione della parte per l’esito a sé contrario fatto segnare dal giudizio d’appello, che come hanno ribadito le SS.UU. 24148/13 non può costituire oggetto del ricorso per cassazione, diversamente risolvendosi il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione.
3.1. Con il secondo motivo di ricorso, svolto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5, c.p.c. la G. lamenta che la decisione impugnata “è viziata nella motivazione” in relazione a quanto da essa statuito in ordine alla notificazione dell’avviso bonario essendosi limitata “a richiamare per relationem un precedente giurisprudenziale ovvero un costante orientamento” senza riprodurne i contenuti e senza riportate il numero e l’anno della sentenza ovvero le pronunzie apoditticamente richiamate.
3.2. Il motivo è inammissibile per difetto di conferenza con il decisum.
Invero, sul preliminare rilievo che il carattere vincolato che assume nell’ordinamento processuale il giudizio di legittimità impone che nell’esposizione del motivo trovino espressione le ragioni del dissenso, formulate in termini tali da soddisfare esigenze di specificità, di completezza e di riferibilità alla decisione impugnata proprie del mezzo azionato, (187/14; 5024/02; 2750/99), nella specie non si coglie la necessaria correlazione tra quanto dedotto con il motivo e quanto è materia della decisione, atteso che dalla lettura della motivazione che accompagna il provvedimento impugnato non consta che questo abbia inteso richiamare alcun precedente, rispetto alle carenti indicazioni del quale la lagnanza andrebbe delibata.
4.1. Il terzo motivo di ricorso a mente dell’art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c. deduce l’errore di diritto in cui la CTR è incorsa nel dare applicazione all’art. 6 l. 212/00, violato nel primo comma, non avendo l’amministrazione “ottemperato all’onere in capo alla stessa di notificare la comunicazione di irregolarità al contribuente”; nel secondo comma, non avendo l’amministrazione provveduto “ad informare il contribuente” del rilievo in punto di sanzioni; nel terzo comma, poiché se fosse stata notificata la comunicazione, il contribuente avrebbe potuto usufruire “dell’applicazione delle sanzioni nella misura del 10%”; e nel quinto comma, atteso l’obbligo ivi previsto a pena di nullità di invitare il contribuente “a fornire i chiarimenti necessari o a produrre documenti mancanti”.
4.2. Il motivo è infondato.
Premesso che, come questa Corte ha più volte affermato, l’art. 6, comma 5, l. 212/00,” non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ma soltanto “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”, situazione, quest’ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti alla disposizione appena indicata, la quale implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo” (5394/16; 25639/15; 8342/12), va qui rilevato che l’inosservanza degli obblighi informativi – della cui violazione si duole la parte nella specie -, ferma, in ogni caso la facoltà della parte di sollecitare l’intervento del garante del contribuente a mente dell’art. 13, comma 6, l. 212/00, non determina, come già si è precisato – e come pure mostra di credere lo stesso giudice d’appello – la nullità della successiva iscrizione a ruolo, ma solo “una mera irregolarità, inidonea ad incidere sull’efficacia dell’atto, sia perché non si tratta di condizione di validità, stante la mancata espressa sanzione della nullità, avendo il previo invito al pagamento l’unica funzione di dare al contribuente la possibilità di attenuare le conseguenze sanzionatorie dell’omissione di versamento, sia perché l’interessato può comunque pagare, per estinguere la pretesa fiscale, con riduzione della sanzione, una volta ricevuta la notifica della cartella” (3366/13), come consentito dall’art. 2, comma 2, D.Ig. 462/97.
5.1. Errore di diritto per gli effetti dell’art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c., in relazione all’art. 36-bis D.P.R. 600/73 si allega con il quarto motivo di ricorso, dal momento che, essendo il procedimento regolato dalla norma limitato “a casi tassativi”, il ricorso ad esso nella specie “non è legittimo in quanto l’omesso o insufficiente versamento e le sanzioni e gli interessi rappresentano casi non disciplinati” dalla norma in rassegna, richiedendosi al riguardo “l’emissione di un avviso di accertamento motivato”.
5.2. Il motivo è privo di fondamento.
Questa Corte, sul filo della riconosciuta legittimità costituzionale della disposizione (Corte Cost. 430/88) ha da tempo chiarito che il potere attribuito agli Uffici finanziari dal secondo comma, dell’art. 36-bis D.P.R. 600/73 è esercitabile soltanto quando l’errore sia rilevabile ictu oculi a seguito di mero riscontro cartolare delle dichiarazioni presentate, nei casi eccezionali e tassativamente indicati dalla legge, vertenti su errori materiali e di calcolo, non abbisognevoli di alcuna istruttoria ed emendabili dall’Amministrazione anche a vantaggio del contribuente, dovendo viceversa utilizzarsi l’avviso d’accertamento allorché sia necessaria un’indagine interpretativa della documentazione allegata, ovvero una valutazione giuridica della norma applicata (25459/14; 21349/12; 12998/99).
Ancorché dunque la rettifica cartolare sia consentita solo nei casi tassativamente previsti dalla norma, nella specie la denunciata violazione di essa è palesemente insussistente dal momento che l’art. 36-bis, comma secondo, D.P.R. 600/73 prevede espressamente alla lett. e) il potere dell’amministrazione “di ridurre i crediti di imposta esposti in misura superiore a quella prevista per legge ovvero non spettanti sulla base dei dati riusltanti dalla dichiarazione” e alla lett. f) il potere dell’amministrazione di “controllare la rispondenza con la dichiarazione e la tempestività dei versamenti sicché i rilievi operati dall’ufficio che aveva contestato un “eccesso di compensazione di credito di imposta” e “la tardività dei pagamenti e delle addizionali ” dovute in qualità di sostituto di imposta ricadono esattamente nell’ambito della citata disposizione i cui limiti di tassatività non risultano violati neppure con riferimento all’irrogazione delle sanzioni e all’applicazione degli interessi, le une (1571/15) e gli altri (173/15) costituendo effetti legali delle accertate violazioni.
6.1. Con il quinto motivo di ricorso, la società impugnante si duole a mente dell’art. 360, comma primo, n. 4, c.p.c. della violazione dell’art. 36, n. 4, D.lg. 546 /92 e degli artt. 132, n. 4, e 112 c.p.c. nonché degli artt. 54, 56 e 61 D.lg. 546/92, avendo la CTR omesso di pronunciarsi sull’eccezione secondo cui “l’amministrazione non aveva portato a conoscenza nei modi e nei termini di legge la comunicazione” a seguito dell’esperito controllo automatizzato, sull’eccezione in punto di intervenuta “decadenza” dalla potestà accertatrice e sull’eccezione di “violazione di legge ed eccesso di potere” per non essere stato nella specie attivato il controllo formale ex art. 36-ter D.P.R. 600/73.
6.2. Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.
Com’è noto ai fini della deduzione del vizio in questione “è necessario, da un lato, che al giudice del merito siano state rivolte una domanda od un’eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronunzia si sia resa necessaria ed ineludibile, e, dall’altro, che tali istanze siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte” (4078/16; 3824/16; 25299/14), nella specie la prospettazione ricorrente in parte qua si rivela carente sotto il secondo profilo evidenziato, posto che, pur dolendosi dell’omissione decisionale consumata dalla CTR in ordine alle sollevate eccezioni, omette tuttavia di precisare, riproducendole o riportandole nei loro esatti termini, le specifiche conclusioni sottoposte in proposito al giudice d’appello, in tal modo precludendo alla Corte di poter prendere conoscenza di esse direttamente dalla lettura del ricorso senza bisogno di dover attingere allo scrutinio degli atti processuali.
7.1. Parimenti il sesto motivo del ricorso di parte evoca, ex art. 360, comma primo, n. 4, c.p.c., la nullità dell’impugnata sentenza per “vizio di extra ed ultrapetizione” poiché nel determinarsi nei termini lamentati “il giudice di secondo grado, interferendo con il potere dispositivo delle parti, alterando alcuno degli elementi di identificazione dell’azione o dell’eccezione, è pervenuto ad una pronuncia non richiesta”.
7.2. Il motivo è inammissibile per difetto di specificità.
Va invero ricordato che in base alla prescrizione recata dall’art. 366, primo comma, n. 4 c.p.c., secondo cui “il ricorso deve indicare, a pena di inammissibilità, […] 4) i motivi per i quali si chiede la cassazione con l’individuazione delle norme di diritto su cui si fondono, secondo quanto previsto dall’art. 366-bis”, questa Corte ha reiteramente affermato che “il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, il che comporta la necessità dell’esatta individuazione del capo di pronunzia impugnata e dell’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione” (24419/15; 24483/15; 20652/09).
Nella specie l’illustrazione della doglianza effettuata nel motivo è manifestamente manchevole poiché, salvo ribadire il principio di diritto asseritamente violato dal giudice d’appello, la ricorrente omette di indicare il quomodo di tale violazione, non precisando, neppure larvatamente, come la CTR, accogliendo il gravame dell’ufficio, abbia interferito, alterandone i termini di iniziale rappresentazione, con i poteri dispositivi delle parti, in tal modo impedendo alla Corte di avere chiara cognizione della doglianza e di poter apprezzarne la pertinenza con quanto da essa concretamene deciso.
8. Il ricorso va dunque respinto.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Respinge il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in euro 3900,00= oltre eventuali spese prenotate a debito ed eventuali accessori.
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