CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 9878 depositata il 13 maggio 2016
ACCERTAMENTO – RIDETERMINAZIONE DEI RICAVI ESCLUSIVAMENTE SULLA BASE DELLE PERCENTUALI DI RICARICO – LEGITTIMITA’ – SUSSISTE
RITENUTO IN FATTO
1. L’Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione avverso l’epigrafata sentenza con cui la CTR Calabria ha definito l’appello da essa proposto avverso la decisione che in primo grado aveva annullato l’avviso di accertamento notificato alla parte in dipendenza di una rettifica reddituale per l’anno 1998.
La CTR ha giudicato censurabile l’operata rettifica “perché la rideterminazione dei ricavi è giustificata esclusivamente dall’analisi delle percentuali di ricarico”, che risultano “contraddittorie con altri elementi dell’accertamento e comunque prive di riscontri oggettivi e censure alle scritture contabili”, mentre ha ritenuto condivisibile il rilievo in punto di costi non avendone il contribuente dimostrato “l’inerenza” all’attività aziendale.
Il mezzo erariale è basato su quattro motivi, ai quali resiste la parte con controricorso e ricorso incidentale su un unico motivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2.1. Con il primo motivo di ricorso, l’erario eccepisce la nullità dell’impugnata sentenza a mente dell’art. 360, comma primo, n. 4, c.p.c., per violazione dell’art. 36, comma 2, n. 2, D.lg. 546/92 in quanto “la sentenza non contiene alcuna comprensibile ricostruzione del fatto o degli addebiti sollevati”, limitandosi solo ad “una genericissima” indicazione delle domande di parte e non indicando “nessuna delle eccezioni dell’ufficio”.
2.2. Il motivo è infondato.
Questa Corte ha reiteratamente affermato, segnatamente in relazione alla previsione recata dalla norma in rubrica – nonché, più in generale, con riferimento alla corrispondente disposizione che figurava negli artt. 132, comma secondo, n. 4, c.p.c e 118, comma primo, disp. att. c.p.c., prima che ne fosse modificato l’originario dettato ad opera dell’art. 45, comma 17, L. 69/09 che ha eliso il riferimento allo “svolgimento del processo” – che la concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa è “da apprezzarsi esclusivamente in funzione dell’intelligibilità della decisione e della comprensione delle ragioni poste a suo fondamento”, di talché la sua assenza configura motivo di nullità della sentenza quando non sia possibile individuare gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione” (3597/16; 24940/15; 920/15).
2.3. Nella specie, posto che dalla narrativa della decisione si evince senza soverchio sforzo che oggetto di impugnazione era un “avviso di accertamento”, che esso era stato originato da un “verbale della Guardia di Finanza”, che era motivato in ragione “del ricarico” applicato dai verificatori e dei “costi” ritenuti indeducibili, che la CTP aveva accolto il ricorso in prima istanza sul rilievo che “la presunta discordanza del ricarico rispetto a quanto elaborato dai militari non costituisce presupposto legittimo per l’accertamento ai sensi dell’art. 39 D.P.R. 600/73” ed, indi, che l’erario aveva promosso appello a cui aveva resistito la parte, le fasi salienti dello svolgimento processuale risultano puntualmente e compiutamente ricostruite, onde non ne risulta compromessa l’intelligibilità della decisione e non sussiste perciò il lamento suo vizio.
3.1. Con il secondo motivo di ricorso l’Agenzia ricorrente deduce a mente dell’art. 360, comma primo, n. 5. c.p.c. vizio “di omessa o comunque insufficiente motivazione”, avendo, invero, la CTR non solo omesso di spiegare “la ritenuta intrinseca inadeguatezza dell’analisi delle percentuali di ricarico a giustificare l’accertamento”, tacendo in particolare “su come tali percentuali fossero state calcolate e su quale eventuale difetto presentassero le modalità di calcolo”, ma pure di spiegare “a quali altri elementi dell’accertamento si riferisca l’asserita contraddittorietà delle percentuali calcolate” e “la carenza di riscontri oggettivi”.
3.2. Ricordato che il vizio in questione ricorre allorché sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che ha indotto il giudice al suo convincimento, non chiarendo il percorso motivazionale illustrato dal decidente nella redazione della sentenza, valutato alla stregua di un criterio che prescinde da ogni aspettativa di parte, il nesso di necessaria coerenza logico-argomentativa che in rapporto agli elementi probatori acquisiti nel corso del processo giustifica la regolazione del caso concreto in base alla norma applicata, nella specie la sussistenza del lamentato vulnus motivazionale è inoppugnabile.
Invero la CTR nel giudicare l’infondatezza del rilievo operato dai verificatori in punto di percentuali di ricarico applicate al costo del venduto con la considerazione che “dette percentuali sono spesso contraddittorie con altri elementi dell’accertamento e comunque prive di riscontri oggettivi e censure delle scritture contabili” è venuta manifestamente meno al compito demandatole, offrendo una giustificazione del proprio assunto che, in disparte della sua correttezza in punto di diritto, risulta, alla luce del fatto che il rilievo dell’ufficio era positivamente motivato dalla riscontrata sproporzione tra la percentuale di ricarico applicata dalla parte e quella da esso determinata “prendendo a base una vastissima gamma merceologica”, del tutto generico ed approssimativo omettendo segnatamente di indicare quali “altri elementi dell’accertamento” rendessero contraddittoria la stima dei verificatori e di quali ulteriori “riscontri oggettivi” esso dovesse fregiarsi per vedere la propria legittimità anche in sede contenziosa.
4.1. Il terzo motivo, svolto a mente dell’art. 39, comma primo, n. 3, c.p.c., lamenta la violazione degli artt. 39 D.P.R. 600/73 e 54 D.P.R. 633/72, risultando errato “ritenere che un accertamento non possa fondarsi unicamente sull’analisi delle percentuali di ricarico”, atteso che esse “possono senz’altro fornire un indizio significativo dell’eventuale evasione poiché misurano direttamente il rapporto fra costi e ricavi”.
4.2. Il motivo è fondato e la sua fondatezza assorbe anche il quarto motivo di ricorso.
Benché questa Corte soffermandosi sul tema abbia avuto occasione di precisare – sul filo dell’affermazione, più generale, secondo cui, dovendo l’accertamento analitico induttivo di maggiori ricavi operato ai sensi dell’art. 39, primo comma, lett. d), D.P.R. 600/73 fondarsi su un concorso di indizi gravi, precisi e concordanti, quello che abbia luogo in applicazione di percentuali di ricarico postula l’adozione “di un criterio che sia: (a) coerente con la natura e le caratteristiche dei beni presi in esame; (b) applicato ad un campione di beni scelti in modo appropriato; (c) fondato su una media aritmetica o ponderale, scelta in base alla composizione del campione di beni” (3197/13) – che, in presenza di scritture contabili formalmente corrette, la legittimità dell’accertamento non possa essere suffragata dal solo rilievo dell’applicazione da parte del contribuente di una percentuale di ricarico diversa da quella mediamente riscontrata nel settore di appartenenza, nondimeno “l’abonormità e l’irragionevolezza della difformità tra la percentuale di ricarico applicata dal contribuente e la media di settore incidente sull’attendibilità complessiva della dichiarazione” (27488/13) sono fonte legittima di presunzione e l’accertamento del maggior reddito di impresa può perciò legittimamente fondarsi su di esse.
4.3. E, dunque, conseguentemente errato il contrario assunto enunciato dal giudice territoriale che ha invece ritenuto illegittimo quello impugnato avanti a sé con la motivazione che la rideterminazione dei ricavi era nella specie “giustificata esclusivamente dall’analisi delle percentuali di ricarico”, posto che un corretto assolvimento dell’obbligo motivazionale, rispettoso del visto principio di diritto, avrebbe dovuto imporre al decidente non già di censurare l’atto impugnato perché lo scostamento tra ricarichi dichiarati e ricarichi stimati non soddisfa il precetto dell’art. 39 citato in presenza di una contabilità regolare, ma di chiedersi più diligentemente se la sproporzione tra i primi ed i secondi, nella specie risultasse priva di ogni giustificazione e quindi se, nella sua abnormità ed irragionevolezza, fosse idonea a legittimare l’operata rettifica reddituale anche in presenza di una contabilità correttamente tenuta.
5.1. Con l’unico motivo del ricorso incidentale la parte impugna ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5, c.p.c. la statuizione della CTR in punto di costi risultando essa inficiata da “un vizio di omessa o insufficiente motivazione”, alla luce dei documenti offerti in cognizione (fatture della ditta L. e fattura della G.O.) che avevano indotto il giudice di prime cure a giudicare “illegittimo” il recupero operato dall’ufficio.
5.2. Il motivo è fondato.
Richiamato quanto si è poc’anzi osservato in punto di vizio di motivazione, anche in parte qua la decisione impugnata si rivela manifestamente lacunosa.
6. Vanno dunque accolti il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale (infondato il primo ed assorbito il quarto) e l’unico motivo dell’incidentale.
Cassata perciò la sentenza, la causa va rinviata al giudice territoriale a mente dell’art. 383, comma primo, c.p.c. per il necessario seguito ai sensi degli artt. 392 e segg. c.p.c.
P.Q.M.
Accoglie il secondo ed il terzo motivo e dichiara infondato il primo ed assorbito il quarto motivo del ricorso principale; accoglie il ricorso incidentale; cassa l’impugnata sentenza nei limiti dei motivi accolti e rinvia avanti alla CTR Calabria che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
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