CORTE di CASSAZIONE, sez. penale, sentenza n. 25008 del 19 maggio 2017
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 13 luglio 2016 la Corte d’Appello di L’Aquila dichiarava inammissibile la richiesta di revisione della sentenza resa dalla Corte d’Appello di Ancona nei confronti di V. A. – condannato per il reato di cui all’art.81, secondo comma, c.p. e 5 D.Lgs.n.74/2000, per aver omesso di presentare le dichiarazioni i.v.a. relative alle annualità dal 2003 al 2006 – ritenendo irrilevante a tal fine l’intervenuta sentenza tributaria che aveva accolto il ricorso in opposizione all’accertamento fiscale. Osservava che ai sensi dell’art.630, comma 1, lett.a) c.p.p. poteva essere dedotta solo l’eventuale inconciliabilità della pronuncia oggetto di revisione con i fatti stabiliti in altra sentenza penale irrevocabile, e che ai sensi dell’art.630, comma 1, lett.c) c.p.p. non si versava in un caso di sopravvenienza o scoperta di nuove prove, non rientrando le sentenze extrapenali tra i mezzi di prova disciplinati dal titolo II del libro III del codice di rito, in particolare dall’art.238 bis c.p.p., riguardante la possibilità di acquisizione e valutazione probatoria, nei limiti dell’art.192, comma 3, c.p.p. delle sole sentenze penali irrevocabili.
2. Avverso la detta ordinanza ha proposto ricorso il difensore di fiducia del V. per violazione di legge e vizio motivazionale. Lamenta che la Corte di merito, negando tassativamente l’applicabilità dell’art.238 bis c.p.p. al caso concreto, non ha valutato le opzioni alternative articolate nella richiesta di revisione, con riferimento in particolare all’art.234 c.p.p. in tema di prova documentale, ed all’art.238, comma 3, in tema di acquisizione di atti non ripetibili di altri procedimenti. Deduce ancora che l’inesistenza dell’illecito accertata in sede tributaria intacca necessariamente il giudicato penale poiché si pone come condizione di punibilità, tanto che, se l’avviso di accertamento fosse stato annullato prima della pronuncia penale, il reato non sarebbe stato configurato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. Le sentenze del giudice tributario, e quelle del giudice amministrativo in genere, non sono vincolanti per il giudice penale, in quanto, nel vigente ordinamento processuale, l’art.238 bis c.p.p. si limita a consentire l’acquisizione in dibattimento di sentenze, non necessariamente solo penali, divenute irrevocabili, ma dispone che esse siano valutate a norma degli artt.187 e 192, comma 3, c.p.p., ai fini della prova del fatto in esse accertato (Sez.3, sent.n.1628 del 28/10/2015, Rv.266328; Sez.3, sent.n.39358 del 24/9/2008, Rv.241038). Tanto premesso in diritto, si osserva che la Corte di L’Aquila non ha fatto buon governo di tale principio, che, se da un lato esclude la vincolatività delle sentenze tributarie per il giudice penale, ne consente tuttavia l’acquisizione in dibattimento per essere liberamente considerate ai fini della decisione. Neppure il giudice della fase rescindente ha considerato che, ferma restando l’esclusione dell’ipotesi di cui all’art.630, lett.a) c.p.p., la difesa aveva prospettato la possibilità di valutare la sentenza come documento a norma dell’art.630 lett.c) c.p.p., e di apprezzarne l’efficacia probatoria ai fini della revisione del processo, laddove, nell’accogliere il ricorso in opposizione all’accertamento fiscale, aveva escluso l’illecito presupposto.
3. Si impone pertanto l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza, affinché la Corte d’Appello si pronunci sulla possibilità di acquisire la sentenza tributaria come documento liberamente valutabile ai fini della sua eventuale incidenza sulla richiesta di revisione della condanna.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame alla Corte d’Appello di L’Aquila.
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