CORTE di CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 19030 depositata il 20 aprile 2017
RITENUTO IN FATTO
1. BR ricorre per cassazione, con atto sottoscritto dal difensore, avv. Aldo Turconi, avverso la sentenza indicata in epigrafe con la quale la Corte di Appello di Milano ha parzialmente riformato la pronuncia emessa dal Tribunale di Monza, con la quale egli era stato giudicato responsabile dell’infortunio patito da MM e condannato alla pena di quindici giorni di reclusione, previa concessione delle attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante dell’aver commesso il fatto con violazione di norme prevenzionistiche.
La Corte di Appello, infatti, ha concesso l’attenuante del risarcimento del danno e inflitto la pena di centoventi euro di multa.
2. Nei gradi di merito l’infortunio occorso al lavoratore MM, dipendente della MI s.p.a., della quale il BR era legale rappresentante, é stato ricostruito nel modo che segue. Il 28.10.2010 l’aiutante capo reparto MM era stato chiamato dalla addetta Libera Di Maggio ad intervenire sulla macchina cesoiatrice-tornitrice utilizzata per la rifilatura di bicchieri metallici, mediante la rimozione di sbavature dai bordi, perché tale operazione non veniva eseguita a regola d’arte, a causa dell’usura dello strumento da taglio. Il MM aveva posto il macchinario in modalità di funzionamento manuale e fermato con una mano un bicchiere sul piano di appoggio; quindi aveva premuto il pulsante di attivazione della contropunta discendente invece di quello che comandava l’avanzamento orizzontale della ‘placchetta’, per verificarne la posizione rispetto al bordo del bicchiere. La contropunta aveva colpito la mano che teneva il bicchiere, cagionando al MM la subamputazione dell’apice del quarto dito. Al Baratteri é stato rimproverato di aver omesso, nella menzionata qualità, la valutazione del rischio relativo alla manutenzione e messa a punto della pressa [art. 17, co. 1 lett. a), 55, co. 3 e 29, co. 3 d.lgs. n. 8/2008] nonché di aver omesso di aggiornare le misure di prevenzione in relazione al grado di evoluzione della tecnica di prevenzione e protezione [art. 18, co. 1 lett. z) d.lgs. n. 8/2008] (il coimputato Figini Alberto, tratto a giudizio quale direttore dello stabilimento, é stato mandato assolto dalla Corte di Appello per non aver commesso il fatto, stante l’incertezza in ordine alla titolarità del ruolo). Ad avviso della Corte di Appello, all’origine del sinistro vi era stata la mancata valutazione del rischio connesso alle operazioni di manutenzione sul macchinario, che qualora eseguita avrebbe condotto a prevedere l’esecuzione della manutenzione solo quando l’apparecchiatura fosse stata staccata dalla forza motrice e movimentata manualmente oppure a collocare il pulsante di avanzamento orizzontale della ‘placchetta’ lonta o da quello di attivazione della contropunta discendente nonché a regolare il tempo di discesa di questa in modo da determinarne un movimento estremamente lento, così permettendo al lavoratore di allontanare le mani ed il corpo dalla zona di lavoro del pistone.
3.1. Con il ricorso l’imputato deduce violazione di legge in relazione agli artt. 17, co. 1 lett. a), 55, co. 3 e 29, co. 3 d.lgs. n. 81/2008, con riferimento all’art.192 cod. proc. pen., e vizio motivazionale, in merito alla ritenuta omissione della valutazione del rischio. Rileva il ricorrente che in realtà la Corte di Appello ha rimproverato all’imputato non già un comportamento integrante l’omissione della valutazione del rischio bensì di aver eseguito una valutazione non condivisa perché non puntuale a riguardo delle due ritenute criticità; e ciò ha fatto non considerando la documentazione prodotta e gli argomenti illustrati dalla difesa, che dimostrano l’avvenuta valutazione, anche in relazione alla fase di manutenzione, e il giudizio di adeguatezza della medesima da parte dell’ASL, formulato poche settimane prima dell’infortunio. Precisa l’esponente che la contestazione di omessa valutazione del rischio deve ritenersi ontologicamente diversa dalla contestazione di non adeguatezza del macchinario alla normativa antinfortunistica (elevata solo nei confronti del coimputato Figini); che l’affermazione dell’esistenza della criticità rappresentata dalla collocazione dei pulsanti e dalla eccessiva velocità della discesa della ‘placchetta’ contrasta con le risultanze documentali e con l’incertezza in merito all’effettivo tempo di discesa.
3.2. Con un secondo motivo si lamenta la violazione dell’art. 18, co. 1 lett. z) d.lgs. n. 81/2008 ed il vizio motivazionale. La Corte di Appello ha dedotto il giudizio di mancato aggiornamento della tecnica di protezione da quello di non conformità della macchina alle norme; ma non dà conto delle ritenute evoluzioni della tecnica e della prevenzione che avrebbero dovuto indurre il datore di lavoro ad aggiornare le misure di prevenzione sulla macchina, che aveva conosciuto degli interventi migliorativi di recente (si evocano, al riguardo, la testimonianza del funzionario ASL Gullone e il contributo del consulente tecnico della difesa).
3.3. Con un terzo motivo si lamenta la violazione dell’art. 40 cod. pen. e il vizio motivazionale, per non aver tenuto conto la Corte di Appello del comportamento abnorme del lavoratore infortunatosi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è infondato.
4.1. In primo luogo va escluso che questa Corte possa operare una diversa valutazione circa l’esistenza delle criticità rappresentate dalla collocazione dei pulsanti e dalla eccessiva velocità della discesa della ‘placchetta’, così come pretenderebbe il ricorrente, trattandosi di accertamento di circostanze fattuali riservato al giudice del merito ed insindacabile in sede di legittimità se esternato con motivazione non manifestamente illogica. Al riguardo in particolare il Tribunale ha evidenziato che la pericolosità della macchina nella fase dell’attrezzaggio era stata riferita dall’ufficiale di p.g. Gullone, ovvero da persona specificamente qualificata, che aveva provveduto anche a compiere delle misurazioni del tempo di discesa dello stantuffo della macchina. Neppure la difesa dubita dell’attendibilità di tale teste. Deve quindi darsi per assodato che la macchina presentava due pulsanti posti in posizione non idonea ed aveva uno stantuffo il cui tempo di discesa era troppo breve (rispetto a quella prevista dal punto 5.57 della normativa Uni En 13769:2009: vd. sentenza di primo grado).
Allo stesso modo questa Corte non può prendere in considerazione l’assunto del ricorrente secondo il quale il giudizio di una incompletezza del documento di valutazione dei rischi sarebbe stato fondato sull’esame di quello redatto nel 2008, che però era stato aggiornato nel 2010, poco prima del verificarsi del sinistro per cui è processo, proprio su richiesta e per corrispondere alle indicazioni dell’Asl. In nessuna delle sentenze di merito si fa riferimento a tale circostanza come a circostanza accertata (la sola Corte di Appello riporta che la difesa aveva affermato con l’atto di appello che il DVR era stato giudicato rispondente alle esigenze di adeguamento dalla ASL; senza però dire che si trattava di documento diverso da quello considerato dall’imputazione). Il quesito che invece legittimamente si trae dal motivo è quello della assimilabilità ai fini che occupano alla (totale) omissione della valutazione del rischio/ della esecuzione di una valutazione inadeguata. Questo è il senso che sembra doversi attribuire al riferimento fatto dall’esponente ad una valutazione eseguita ma ‘non condivisa’.
Il quesito potrebbe essere accantonato agevolmente rilevando che il presupposto di fatto assunto dal ricorrente è negato dai giudici. Ma questa Corte reputa opportuno svolgere comunque alcune precisazioni, a questo punto necessariamente rapide. Sul piano concettuale la totale omissione della valutazione dei rischi é cosa diversa dalla valutazione di alcuni soltanto dei rischi presenti nel processo produttivo. Ma la normativa prevenzionistica pone a carico del datore di lavoro l’obbligo giuridico di analizzare e individuare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda e, all’esito, di redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, all’inerjo del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, dep. 18/09/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, Rv. 261109), di talchè l’incompleta valutazione determina una deviazione dal facere doveroso, che vale ad integrare l’omissione giuridicamente rilevante. Pertanto, ove i rischi siano stati tutti valutati ma ne sia scaturita una carente individuazione delle misure, ancora può parlarsi di omissione della valutazione, perché essa non è costituita soltanto dal rilevamento, dall’analisi e dalla ponderazione dei rischi ma anche dalla concretizzazione del giudizio sul rischio nel modo di essere dell’organizzazione produttiva: quindi dall’individuazione delle misure di prevenzione necessarie. Tirando le somme da quanto sin qui esposto, risulta l’infondatezza del motivo, perché la Corte di Appello ha correttamente ritenuto che integra l’omissione della valutazione la mancata analisi delle due criticità sopra descritte e comunque la mancata individuazione e quindi la mancata adozione delle misure prevenzionistiche idonee ad eliminare il rischio di schiacciamento dell’operatore addetto alla manutenzione del macchinario (distacco di questo dalla rete di alimentazione elettrica e/o diminuzione della velocità di discesa dello stantuffo, distanziamento dei pulsanti).
4.2. Quanto al rilievo mosso dal ricorrente a quanto ritenuto dalla Corte di Appello a riguardo dell’omesso aggiornamento della valutazione dei rischi, imposto dall’evoluzione della tecnica di prevenzione e protezione, esso conduce nuovamente al tema sinora trattato, chiamando in causa la possibilità di apportare al macchinario migliorie in grado di renderlo maggiormente sicuro. A tal proposito due i dati emergenti dalle decisioni di merito: il macchinario era stato realizzato nel 1982 ed il consulente aveva accertato che rispetto agli odierni standard di sicurezza esso era ormai obsoleto. Pertanto, anche se vennero eseguite degli interventi migliorativi (ma di essi non vi è sicura indicazione nelle sentenze di primo e di secondo grado), essi certamente non ovviarono al deficit tecnologico. 4.3. Manifestamente infondato è il motivo che fa perno sulla asserita abnormità del comportamento del lavoratore infortunatosi. La nozione di comportamento abnorme (del lavoratore) assunto dalla giurisprudenza di legittimità in una nutrita serie di pronunce pone l’accento sul fatto che non deve trattarsi del compimento da parte del lavoratore di un’operazione che, seppure inutile e imprudente, non risulta eccentrica rispetto alle mansioni a lui specificamente assegnate nell’ambito del ciclo produttivo (Sez. 4, n. 7955 del 10/10/2013, Rovaldi, Rv. 259313). Nel caso di specie si è certamente al di fuori del perimetro del concetto; non è necessario indulgere nella giustificazione di tale affermazione perché è pacifico che il MM riportò le lesioni mentre svolgeva le attività di manutenzione del macchinario, peraltro secondo le procedure di lavoro previste. L’errore esecutivo nel quale egli incorse (azionare il pulsante della discesa del punzone invece che quello dell’avanzamento e mantenere la mano nella zona di attrezzaggio) costituisce proprio uno dei comportamenti che la regola cautelare mira ad escludere.
5. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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