CORTE di CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 46834 depositata il 8 novembre 2016
LAVORO – MISURA DI SICUREZZA – RESPONSABILITA’ LEGALE RAPPRESENTANTE DELL’AZIENDA – VIOLAZIONE DELLE NORME DI SICUREZZA – INFORMAZIONE AI LAVORATORI – VISITA MEDICA
Fatto
1. Con sentenza del 3/4/2015, il Tribunale di Messina dichiarava R.F. – nella qualità di legale rappresentante della RO.CA.DA. soc. coop. a.r.l. – colpevole di quattro contravvenzioni ascrittegli ai sensi del d.lgs. 81/2008, e lo condannava alla pena di seimila euro di ammenda; in particolare, allo stesso era contestato di aver allestito il ponteggio di un cantiere in modo non idoneo, di non aver impartito a due dipendenti adeguate informazioni in materia di sicurezza sul lavoro e di non averli preventivamente fatti sottoporre a visita medica.
2. Propone appello – poi convertito in ricorso per cassazione – l’imputato, a mezzo del proprio difensore, chiedendo l’assoluzione da tutti i reati. Il Tribunale avrebbe dichiarato la responsabilità del R.F., capo per capo, in forza di prove incerte e generiche, come tali insuscettibili di fondare un giudizio di colpevolezza; la stessa sentenza, inoltre, avrebbe immotivatamente disatteso le dichiarazioni rese dai testi a difesa, tali da evidenziare l’insussistenza delle fattispecie. La pena, inoltre, risulterebbe eccessiva, specie in rapporto a quella di cui al decreto di condanna opposto (recante, peraltro, indicazione della multa, non già dell’annmenda), alla quale – nel caso – il Tribunale si sarebbe dovuto conformare.
Censure, poi, ribadite con memoria a data 16/6/2016.
Diritto
3. – Il gravame risulta manifestamente infondato.
In primo luogo, deve esser qui ribadito il costante indirizzo di legittimità in forza del quale, in tema di conversione dell’impugnazione ai sensi dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., l’appello erroneamente proposto avverso la sentenza di condanna a pena pecuniaria non si converte automaticamente in ricorso per cassazione, stante la necessità di avere riguardo – al di là dell’apparente nomen iuris – alle reali intenzioni dell’impugnante ed all’effettivo contenuto dell’atto di gravame, con la conseguenza che, ove dall’esame di tale atto si tragga la conclusione che l’impugnante abbia effettivamente voluto ed esattamente denominato il mezzo di impugnazione non consentito dalla legge, l’appello deve essere dichiarato inammissibile (Sez. U, n. 16 del 26/11/1997, n. Nexhi, Rv. 209336; Sez. 2, n. 47051 del 25/9/2013, Ercolano, Rv. 257481; Sez. 5, n. 35442 del 3/7/2009, Mazzola, Rv. 245150); orbene, proprio questa ipotesi si ravvisa nel caso di specie, nel quale il ricorso ha sviluppato soltanto considerazioni in punto di mero fatto, richiamando diffusamente – capo per capo – plurime testimonianze e riscontri istruttori, per poi concludere per l’assoluzione dell’imputato.
Dal che, la palese inammissibilità del gravame al riguardo. E con la precisazione che il controllo del Giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo logico-argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 3, n. 12110 del 19/3/2009, Campanella, n. 12110, Rv. 243247)
4. Negli stessi termini, poi, si conclude quanto al trattamento sanzionatorio.
Ed invero, ed al di là dell’errata indicazione della pena pecuniaria da parte del G.i.p., si osserva che il Tribunale non aveva alcun obbligo di ribadire – in caso di condanna – la stessa misura già disposta con decreto penale, non trovando tale assunto conferma in alcuna disposizione di legge. La pena, piuttosto, è stata congruamente individuata dal Giudice di merito con richiamo ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., e peraltro previa riunione dei reati (pur contravvenzionali) sotto il vincolo della continuazione.
5. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 12 ottobre 2022, n. 29756 - In tema di sorveglianza sanitaria ex art. 41 del d.lgs. n. 81 del 2008, la visita medica a seguito di assenza del lavoratore superiore a 60 giorni, quale misura necessaria a tutelare…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 12 agosto 2021, n. 22819 - Legittimo il licenziamento del lavoratore che rifiuti preventivamente di ripresentarsi in azienda senza la visita medica, osservando come non possa ritenersi consentito al prestatore di lavoro…
- CORTE di CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 5907 depositata il 13 febbraio 2023 - In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, gli obblighi di osservanza delle norme antinfortunistiche, con specifico riferimento all'esecuzione di lavori in…
- CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 45135 depositata il 28 novembre 2022 - Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione possa essere considerato responsabile del verificarsi di un infortunio, anche in concorso col datore di…
- CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 7093 depositata il 1° marzo 2022 - In tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro è tenuto a redigere e sottoporre ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall'art.…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 13839 depositata il 3 maggio 2022 - Nel caso in cui l'avviso di accertamento non sia stato correttamente notificato al legale rappresentante della società, tuttavia, il socio potrà fare valere le proprie ragioni nel…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…