Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 47017 depositata il 9 novembre 2016
LAVORO – MISURA DI SICUREZZA -RESPONSABILITA’ DEL LAVORATORE – CONDOTTA IMPREVEDIBILE DEL LAVORATORE – NON SUSSISTE
Fatto
F.S., a mezzo del difensore, ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona emessa in data 18.12.2014 a conferma della sentenza del Tribunale di Pesaro del 20.7.012 con la quale lo stesso è stato riconosciuto colpevole del reato di cui all’art. 590 c.p. commi primo e secondo c.p. perché, in qualità di presidente del CDA della ALFA s.r.l., per colpa specifica ed inosservanza delle norme in materia di prevenzione dagli infortuni sul lavoro, in particolare per violazione dell’art. 64 d.lgs. 81/2008, omettendo di provvedere affinché i luoghi di lavoro fossero conformi ai requisiti prescritti dall’allegato IV al citato d.lgs e sottoposti a regolare manutenzione ed eliminati i difetti rilevati, nel caso di specie le cavità e connessioni presenti in più punti sul pavimento dello stabilimento, cagionava al dipendente L.S. lesioni personali consistite nella frattura della terza distale della dialisi del perone e del malleolo mediale sinistro guaribili in più di 40 giorni.
L’incidente si era verificato mentre il L.S., a mezzo di un carrello, trasportava all’interno della fabbrica giunti metallici del peso di Kg 10 ciascuno; a seguito del brusco arresto del carrello conseguente all’ostacolo incontrato da una ruota, incastratasi in una scanalatura del pavimento, l’operaio era stato investito dai giunti fuoriusciti dal carrello.
I giudici di merito avevano ritenuto che, sebbene il dipendente avesse posto in essere una condotta incauta – utilizzando per il trasporto di materiale pesante un carrello adibito usualmente al trasporto di minuteria, anziché servirsi degli appositi muletti presenti nella fabbrica – tuttavia tale condotta non presentasse i caratteri dell’anormalità e dell’eccezionalità tali da recidere il nesso di causalità tra l’evento dannoso e la condotta del datore di lavoro posto che l’uso di tali carrelli per il trasporto di carichi pensanti era frequente (come emerso dall’istruttoria espletata) ed era normalmente tollerato dal datore di lavoro il quale non aveva ovviato alla situazione di potenziale pericolo rappresentata dallo stato sconnesso della pavimentazione.
A sostegno del ricorso la difesa del F.S. ha dedotto vizio di motivazione dell’impugnata sentenza per non aver ritenuto assolutamente abnorme, eccezionale ed imprevedibile la condotta del dipendente consistita nel trasportare con carrello normalmente impiegato per il trasporto di minuteria metallica, giunti pesanti che richiedevano l’uso del muletto, per giunta trainando il carrello anziché spingendolo e così provocando al trasporto la fuoruscita dei giunti; difatti il parabordi posto sulla sommità del carrello protegge tre dei quattro lati proprio al fine di evitare, con l’appropriato movimento a spinta e non a traino, la caduta del materiale sul lavoratore.
Diritto
Il ricorso è infondato, nei termini di seguito precisati.
Questa Corte ha in molteplici occasioni stabilito che, in tema di causalità, la colpa del lavoratore eventualmente concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica addebitata ai soggetti tenuti ad osservarne le disposizioni non esime questi ultimi dalle proprie responsabilità. Difatti il rapporto di causalità tra la violazione e l’evento lesivo patito dal lavoratore può essere escluso unicamente nei casi in cui sia provato che il comportamento abnorme del lavoratore abbia dato causa all’evento (Cass. Sez. IV, n. 23292/2011 RV 250710).
Per “comportamento abnorme” deve intendersi il comportamento che, per la sua stranezza ed imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all’applicazione della misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro. Dunque non è abnorme il comportamento del lavoratore che abbia compiuto un’operazione comunque rientrante, oltre che nelle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli.
In altri termini deve trattarsi di una condotta radicalmente lontana dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (Cass. Sez. IV n. 7267/2009 RV 246695).
Come è facile intuire, quindi, non c’è imprevedibilità e, quindi, abnormità quando la condotta del lavoratore è tenuta nell’espletamento, sia pure imperito, imprudente o negligente, delle mansioni assegnategli. E ciò perché la prevedibilità di uno scostamento del lavoratore dagli standard di piena prudenza, diligenza e perizia è ordinariamente presente, perché quello scostamento è evenienza immanente nella stessa organizzazione del lavoro. Ciò vale a maggior ragione anche nel caso di specie in quanto, dalle risultanze istruttorie, è emerso che il L.S. non solo stava svolgendo le proprie mansioni ma anche che l’impiego da parte dei dipendenti di carrelli strutturalmente inidonei per le loro caratteristiche al trasporto di giunti del peso di quello movimentato dal predetto lavoratore era fatto conosciuto e “tollerato” dal F.S. che non aveva mai fatto nulla per impedirlo con ciò violando l’obbligo del datore di lavoro di verificare la puntuale osservanza da parte dei dipendenti delle disposizioni poste a tutela della loro sicurezza e di impedire condotte pregiudizievoli per la loro integrità fisica.
A ciò la Corte territoriale ha aggiunto anche la considerazione dello stato del pavimento che presentava cavità e disconnessioni nella quali il carrello mosso dal L.S. è andato ad incagliarsi. Ebbene tale situazione, si legge nell’impugnata sentenza, era un fattore di rischio del tutto prevedibile dal momento che in quella parte dello stabilimento venivano effettuate di norma operazioni di movimentazione e trasporto carichi. Rispetto a tali elementi, quindi, correttamente la Corte di appello ha ritenuto la condotta del L.S. non esorbitante rispetto alla sue mansioni e non abnorme: la stessa ha rappresentato un fattore concansale dell’incidente reso possibile proprio dal fatto che il carrello fosse nella libera disponibilità dei lavoratori anche per il trasporto di carichi pesanti restando del tutto irrilevante il fatto che la movimentazione del carrello – a traino anziché a spinta – fosse stata imposta dalla peculiare condizione del pavimento.
Tanto premesso il ricorso deve essere rigettato. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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