CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 7742 depositata il 16 febbraio 2018
Fallimento ed altre procedure concorsuali – Bancarotta fraudolenta documentale – Irregolare tenuta dei libri contabili – Amministratore formale prestanome – Condanna dell’amministratore di fatto – Esercizio del potere di controllo e gestione amministrativa
Ritenuto in fatto
Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Lecce ha confermato la decisione di primo grado, che aveva condannato gli imputati P. e C., amministratori della srl A., la prima dalla costituzione della società fino al 22 Maggio 2006 ed il secondo da quella data fino al fallimento, alla pena di giustizia per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale per irregolare tenuta dei libri contabili, ed il solo C. anche per bancarotta fraudolenta patrimoniale in forma distrattiva, in relazione alla restituzione di 90mila euro in precedenza dati da P. quale finanziamento soci; Fallimento di Dicembre 2006.
1. Avverso la decisione ha proposto ricorso la difesa di C., lamentando col primo e secondo motivo la violazione dell’art. 521 cpp e la conseguente nullità della sentenza ai sensi dell’art. 522 cpp, nonché vizio di motivazione illogica. I giudici del merito, infatti, avevano assolto la coimputata, ritenuta amministratrice meramente formale, dal delitto di bancarotta fraudolenta distrattiva, attribuendone la responsabilità al solo ricorrente, che all’epoca del fatto non rivestiva la carica di amministratore unico mentre la qualifica di amministratore di fatto non gli era stata contestata, e, quindi, non sarebbe configurabile il ritenuto concorso nel delitto.
1.1 Tramite il terzo motivo è stata censurata la negatoria dell’ attenuante del danno lieve, che non sarebbe stata motivata, e delle attenuanti generiche, atteso il modesto volume di affari e l’attribuibilità della irregolare tenuta contabile solo all’insipienza del commercialista.
2. Ha proposto ricorso la difesa di P., che con unico motivo ha censurato la sentenza per violazione di legge riguardo alla norma incriminatrice sulla bancarotta fraudolenta documentale e per illogicità di motivazione. La Corte territoriale, infatti, non avrebbe tenuto conto che nei giudizi di merito era stato accertato che il coimputato C. aveva amministrato in via esclusiva la società; che dalla costituzione fino al 22 Maggio 2006 la ricorrente aveva ricoperto la carica di amministratrice solo formale; che anche le scritture contabili sarebbero state gestite in via esclusiva dal coimputato. Tale situazione di fatto avrebbe reso impossibile ravvisare l’elemento psicologico del delitto, che presuppone l’intenzione di recare danno ai creditori, potendo al più configurarsi la diversa fattispecie di bancarotta semplice, che sarebbe prescritta.
All’odierna udienza il PG, drssa L., ha concluso per ed il difensore di P., avvocato P. ha insistito per l’accoglimento.
Considerato in diritto
Il ricorso di C. è inammissibile mentre fondato è il ricorso di P..
1. Quanto al primo deve premettersi che nel testo della sentenza impugnata è scritto chiaramente che entrambi gli imputati rivestirono la carica di amministratore unico della società in epoche successive, precisamente P. dalla costituzione della società fino al Maggio 2006 e C. da quella data fino alla dichiarazione di fallimento, avvenuta nel Dicembre 2006. Nel contempo è stato annotato che la prima sentenza aveva accertato quanto implicitamente contestato in imputazione, cioè il ruolo di amministratore di fatto, che entrambi gli imputati avevano avuto nel periodo in cui non ricoprivano l’incarico di amministratore formale, essendo, pertanto, ravvisabile il concorso del giudicabile nei delitti di cui all’imputazione.
2. Le deduzioni sviluppate nei primi due motivi di ricorso non hanno alcuna relazione con la giustificazione che sul punto la Corte territoriale ha già reso – in risposta ad identica doglianza formulata in appello – evidenziando che le condotte delittuose per le quali C. era stato condannato in primo grado non erano differenti rispetto alle imputazioni ascrittegli ed egli, dunque, era stato posto nella condizione di difendersi. In proposito è stata correttamente citata la pronunzia di questa Corte, secondo la quale il mutamento delle veste giuridica, da amministratore di fatto a concorrente esterno nel delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, del soggetto condannato, non implica alcuna violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, in quanto la sostanza degli addebiti mossi all’imputato in tali ipotesi in alcun modo cambia. Sez. 5 sent. 18770/2015 rv 224842.
3. Quanto alla deduzione circa la negatoria delle circostanze attenuanti generiche, essa riguarda il pieno merito della decisione di secondo grado, come esplicitamente risulta dal ricorso (…le attenuanti generiche andavano concesse…) ed anche in questo caso la lagnanza neppure ha tenuto conto della motivazione. In essa, infatti, sono stati richiamati l’esistenza di un precedente specifico, oltre che di altre condanne, il ruolo pervasivo svolto nella gestione societaria e l’estrema intensità del dolo, desunta anche dall’aver approfittato di una persona, la coimputata P., che svolgeva l’attività di badante nella sua famiglia, per attribuirle il ruolo di amministratore della società, non potendo egli ricoprirlo formalmente a causa della precedente specifica condanna.
3.1 Il motivo inerente il mancato riconoscimento dell’attenuante del danno lieve non risulta proposto in grado di appello e riveste il carattere di novità, non essendo, dunque, presentabile per la prima volta in questa fase di legittimità, nella quale è precluso ogni accertamento e valutazione in fatto.
Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle ammende.
Il ricorso P. è fondato.
4. In fatto occorre iniziare il ragionamento da quanto appena annotato a proposito della negatoria delle attenuanti generiche per C., punto della decisione nel quale è stato – tra l’altro – posto in luce che il coimputato aveva profittato delle condizioni personali e sociali di P., persona che svolgeva l’attività di badante nella sua famiglia e che lavorava come dipendente della srl, facendo la pasticciera, per attribuirle il ruolo di amministratore della società, che egli non poteva ricoprire formalmente a causa della precedente condanna per bancarotta fraudolenta e della conseguente pena accessoria.
4.1 La motivazione ha puntualmente analizzato questo importante aspetto del fatto, evidenziando che C. aveva coinvolto P. nella costituzione della società, facendole sottoscrivere atti formali dai quali emergeva che le quote societarie erano al 75% di P. ed al 25% di un terzo, tale P.. Nello stesso tempo gli interessati avevano firmato una controdichiarazione, che definiva il reale assetto societario in una partecipazione del 25% per ciascuno dei soci e del 50% per C., che formalmente non aveva alcuna veste societaria.
4.2 I giudici salentini, inoltre, hanno affermato: che P. non aveva versato alle casse sociali e, quindi, neppure prelevato 90mila euro, operazione per la quale la ricorrente era stata imputata di bancarotta fraudolenta per distrazione, assolvendola per non aver commesso il fatto; che C. aveva gestito ogni aspetto dell’azienda in modo esclusivo, come confermato anche dalla deposizione di Porcello e di Parete, con specifico riguardo alla gestione amministrativa.
4.3 Quanto alla tenuta della contabilità è stato sottolineato più volte che il consulente fiscale era legato a C., essendo suo genero, dal quale aveva dichiarato di aver ricevuto l’incarico e che questi gli trasmetteva la documentazione necessaria allo svolgimento del mandato professionale; è stato precisato, altresì, che il consulente aveva conosciuto P. quale amministratore solo in sede di costituzione della srl.
4.4 In definitiva, secondo i Giudici del merito, C. aveva convinto P. a ricoprire un ruolo meramente formale di amministratore, facendole in seguito sottoscrivere atti dell’amministrazione societaria ma mantenendo il controllo assoluto della gestione aziendale ed esautorandola interamente dai poteri gestori.
5. La sussistenza dell’addebito di bancarotta fraudolenta documentale è stata congruamente giustificata per i motivi analiticamente esposti alle pagine 9, 10 e 11 della sentenza, che avevano dato causa alle anomalie ed irregolarità indicate in imputazione; in coerenza con l’illustrazione di tali ragioni, la contabilità è stata ritenuta inidonea a rappresentare fedelmente il patrimonio sociale ed il movimento degli affari, a causa delle significative omissioni, delle numerose irregolarità, dell’assenza di dati contabili di rilievo, come quelli inerenti l’attività dell’azienda nell’anno precedente al fallimento.
5.1 Nel predetto quadro dimostrativo, la responsabilità della ricorrente per il delitto di bancarotta documentale, è stata ritenuta essendo sufficiente la qualifica formale di amministratore di diritto ai fini della sussistenza del delitto di bancarotta fraudolenta documentale, come esplicitamente riportato alla pagina 15 della sentenza.
Sul punto deve osservarsi che la Corte territoriale ha citato il principio espresso più volte da questo Giudice di legittimità per cui, con riguardo alla bancarotta documentale per sottrazione o per omessa tenuta in frode ai creditori delle scritture contabili, anche il soggetto solo formalmente investito dell’amministrazione dell’impresa fallita – cosiddetta testa di legno – ben può ritenersi responsabile, atteso il diretto e personale obbligo dell’amministratore di diritto di tenere e conservare le suddette scritture, Sez. 5, Sentenza n. 19049 del 19/02/2010 Ud. (dep. 19/05/2010 ) Rv. 247251.
5.2 Tuttavia detto principio si riferisce alla sottrazione della contabilità o alla sua omessa tenuta in frode ai creditori mentre nella fattispecie in esame l’addebito mosso all’imputata è stato di irregolare tenuta della contabilità, del resto analiticamente descritta e chiaramente ritenuta nella sentenza. Per tale ipotesi di reato è pacificamente richiesto il dolo generico, ex multis, di recente: Sez. 5, Sentenza n. 18634 del 01/02/2017 Ud. (dep. 14/04/2017) Rv. 269904.
5.3 Tanto premesso la motivazione con la quale è stata confermata la responsabilità di P. appare in contraddizione logica con gli accertamenti operati dagli stessi Giudici di merito e riguardanti le già esposte peculiarità del fatto, con particolare riguardo ai rapporti tra il reale gestore della società e l’imputata, ritenuta esclusa da ogni effettivo potere di amministrazione, né in condizione di svolgere qualsiasi potere di controllo sull’operato di C., anche riguardo agli adempimenti contabili, alla relazione stretta esistente tra il consulente fiscale, la cui prestazione pure deve ritenersi influente ai fini della regolare tenuta dei dati contabili, e C., nonché alla natura stessa delle anomalie contabili, caratterizzate da notevole tecnicismo, come illustrato nella sentenza impugnata,alle pagine 10 e 11.
5.4. La motivazione, invero, non ha dato conto degli elementi di fatto dai quali, nonostante le suindicate evidenze probatorie, è stata ritenuta la consapevolezza e volontà dell’imputata di contribuire a tenere le scritture contabili in maniera irregolare o confusa, con la conseguenza della possibilità che le vicende patrimoniali societarie non fossero ricostruite.
5.6. In proposito ed in diritto deve ricordarsi l’orientamento di questa Corte secondo il quale la responsabilità dell’amministratore formale, che risulti solo un prestanome – come nel caso concreto – nasce dalla violazione dei doveri di vigilanza e di controllo che, a loro volta, derivano dalla accettazione della carica, cui però va aggiunta la dimostrazione non solo astratta e presunta ma effettiva e concreta della consapevolezza dello stato delle scritture, tale da impedire la ricostruzione del movimento degli affari o, per le ipotesi con dolo specifico, di procurare – un ingiusto – profitto – a taluno.
Sez. 5, Sentenza n. 44293 del 17/11/2005 Ud. (dep. 05/12/2005) Rv. 232816. In senso conforme e con riferimento anche alle ipotesi di bancarotta documentale per sottrazione o per omessa tenuta delle scritture contabili, in frode ai creditori, è stato più di recente puntualizzato che l’amministratore di diritto risponde di tale reato, anche se sia investito solo formalmente della gestione della società fallita – cosiddetta testa di legno – in quanto sussiste il suo diretto e personale obbligo, che egli assume in tale qualità, di tenere e conservare le predette scritture, a condizione, peraltro, che sia fornita la dimostrazione della effettiva e concreta consapevolezza del loro stato, che sia tale da impedire la ricostruzione del movimento – degli – affari – della società. Sez. 5, Sentenza n. 642 del 30/10/2013 Ud. (dep. 10/01/2014) Rv. 257950.
6. In definitiva devono condividersi le censure difensive circa la manifesta illogicità della sentenza, che, per altro verso non ha tenuto conto dei suindicati principi elaborati da questa Corte riguardo al tema della responsabilità dell’amministratore prestanome, testa di legno per le ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale, sotto la forma – qui di rilievo – dell’irregolare o confusa tenuta della contabilità in modo da non rendere possibile la ricostruzione delle vicende patrimoniali e degli affari societari, di cui all’art. 216/1 nr 2, seconda parte L.Fall.
Alla luce dei principi e delle considerazioni che precedono la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente alla posizione di P.V. e gli atti rinviati per nuovo esame alla della Corte d’Appello di Lecce.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente a P.V. e rinvia per nuovo esame alla della Corte d’Appello di Lecce – sezione promiscua. Dichiara inammissibile il ricorso di C. che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle ammende.
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