CORTE di CASSAZIONE Sezioni Unite sentenza n. 13570 del 2 luglio 2015
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO – LAVORATORE STRANIERO – PROTEZIONE INTERNAZIONALE DEL LAVORATORE SUBORDINATO – REGOLARIZZAZIONE ED EMERSIONE DAL LAVORO IRREGOLARE
RITENUTO IN FATTO
1. – S.A., cittadino del (OMISSIS), ha impugnato dinanzi al Tribunale ordinario di Roma il provvedimento in data 1 ottobre 2012 con cui il Questore di Roma, decretato il rifiuto del permesso di soggiorno per asilo politico, gli intimava l’allontanamento dal territorio nazionale entro quindici giorni.
A tal fine, il ricorrente ha esposto: di avere presentato istanza di asilo politico in data 13 agosto 2012; di avere successivamente dichiarato di voler rinunciare all’istanza di protezione internazionale in quanto il proprio datore di lavoro aveva presentato per lui, in data 11 settembre 2012, domanda di emersione dal lavoro irregolare, ai sensi del D. Lgs. 109/2012, (Attuazione della direttiva 2009/52/CE che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare).
Tanto premesso, il ricorrente ha dedotto che il provvedimento dell’Amministrazione dell’interno si porrebbe in contrasto con la previsione del citato D. Lgs. 109/2012, art. 5, comma 11, secondo cui nelle more della procedura di emersione lo straniero non può essere espulso. A sostegno dell’impugnazione, l’interessato ha altresì prospettato la violazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato con il D. Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 5, in quanto il permesso di soggiorno non potrebbe essere rifiutato se siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio.
2. – L’adito Tribunale di Roma, con sentenza in data 21 maggio 2013, ha declinato la propria giurisdizione in favore del giudice amministrativo.
Il Tribunale ordinario ha rilevato che la controversia ha ad oggetto interessi legittimi e non diritti soggettivi, poichè “il provvedimento impugnato è ritenuto illegittimo in quanto emesso dall’amministrazione resistente in violazione di legge, ossia in contrasto con la … norma che prevede l’inespellibilità dello straniero in pendenza della procedura di emersione di lavoro irregolare”. Inoltre – ha proseguito il Tribunale – il provvedimento di allontanamento non è stato adottato a seguito di rigetto della richiesta di protezione internazionale, incidente sullo status della persona, bensì in seguito alla rinuncia del ricorrente a detta domanda, “quale conseguenza della sopravvenuta richiesta di regolarizzazione”, procedura relativamente alla quale il ricorrente “vanta unicamente una situazione giuridica di interesse legittimo a che l’amministrazione verifichi correttamente la sussistenza dei presupposti per ottenere il permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato”.
3. – Riassunta la causa dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, il giudice amministrativo, con ordinanza depositata il 15 luglio 2014, ha sollevato conflitto negativo di giurisdizione, ai sensi dell’art. 11, comma 3, cod. proc. amm..
Ad avviso del giudice confliggente, la controversia attiene alla legittimità dell’ordine di allontanamento dal territorio nazionale, materia, questa, estranea alla giurisdizione amministrativa e spettante alla competenza del giudice ordinario, il quale è competente anche a valutare la sussistenza di eventuali cause di inespellibilità, quale quella invocata dal ricorrente.
Secondo il TAR, il fatto che vi siano in fatto delle interferenze tra il procedimento di richiesta di protezione internazionale e il procedimento di emersione e che, soprattutto, siano state dedotte violazioni della normativa concernente la disciplina dell’emersione dal lavoro irregolare, di cui al D. Lgs. 109/2012, , non appare dirimente ai fini dell’individuazione del giudice dotato di giurisdizione nel caso in esame, giacchè l’oggetto del giudizio deve essere identificato con riferimento alla causa petendi, che nella specie attiene alla pretesa di non essere espulso in pendenza della procedura di emersione, e non alla sussistenza delle condizioni per ottenere la richiesta emersione.
4. – Il pubblico ministero, nelle conclusioni scritte rassegnate ai sensi dell’art. 380ter c.p.c., ha chiesto che il regolamento sia dichiarato inammissibile.
Rileva il pubblico ministero requirente che il TAR ha sollevato conflitto dopo avere accolto l’istanza di sospensione del decreto di allontanamento dal territorio nazionale e fissato una nuova udienza per l’ulteriore corso. Di qui la tardività del conflitto, che, ai sensi dell’art. 11, comma 3, cod. proc. amm., il TAR poteva legittimamente sollevare soltanto “alla prima udienza”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. – Va preliminarmente respinta l’eccezione di inammissibilità del conflitto sollevata dal pubblico ministero.
1.1. – Quando il giudizio è tempestivamente riproposto, dopo la declinatoria di giurisdizione del giudice ordinario, davanti al giudice amministrativo, l’art. 11, comma 3, del codice del processo amministrativo indica nella prima udienza il tempo oltre il quale il giudice amministrativo non può sollevare il conflitto.
Come queste Sezioni Unite hanno già statuito con la sentenza 13 aprile 20012, n. 5873, per un verso tale udienza è quella fissata in base all’art. 71, comma 3, codice cit. (“udienza per la discussione del ricorso”) e disciplinata dall’art. 73; per l’altro verso, la disposizione dell’art. 11, comma 3, del codice va interpretata alla stregua di quella, analoga, contenuta nella L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 59, comma 3, (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonchè in materia di processo civile), ove è previsto che “il giudice davanti al quale la causa è riassunta può sollevare d’ufficio … tale questione … fino alla prima udienza fissata per la trattazione del merito”.
Ne consegue che, in tema di regolamento d’ufficio, non è ostativa al promovimento del conflitto di giurisdizione da parte del giudice amministrativo adito a seguito di translatio iudicii, la circostanza che detto giudice, prima dell’udienza di discussione, abbia celebrato una camera di consiglio sulla richiesta di emanazione di misure cautelari e abbia emesso, all’esito della stessa, un provvedimento provvisorio per assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul merito del ricorso.
2. – Passando al fondo del regolamento, si tratta di stabilire se spetti al giudice ordinario o al giudice amministrativo la giurisdizione sulla controversia sorta a seguito dell’impugnazione del provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale emesso dal questore, a carico dello straniero rinunciante all’asilo politico, in pendenza del procedimento di emersione dal lavoro irregolare.
3. – Il D. Lgs. 109/2012, art. 5, di attuazione della direttiva 2009/52/CE, nel prevedere un procedimento di emersione della occupazione irregolare di lavoratori stranieri presenti nel territorio nazionale in modo ininterrotto dalla data del 31 dicembre 2011, sancisce, al comma 11, che, nelle more della definizione del procedimento, lo straniero non può essere espulso, tranne che nei casi previsti al comma 13 (che ricorrono quando nei confronti del lavoratore straniero sia stato emesso un provvedimento di espulsione ai sensi del testo unico n. 286 del 1998, art. 13, comma 1 e comma 2 lett. c del D.L. 27 luglio 2005, n. 144, art. 3, convertito, con modificazioni, dalla L. 31 luglio 2005, n. 155, recante “Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale”; ovvero quando il lavoratore straniero risulti segnalato, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore per l’Italia, ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato, o risulti condannato, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata ai sensi dell’art. 444 c.p.p., per uno dei reati previsti dall’art. 380 codice cit., o comunque sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l’Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone).
Dunque, in pendenza del procedimento di emersione del lavoro irregolare, per espressa previsione normativa, di regola manca temporaneamente all’autorità amministrativa il potere di adottare il provvedimento di espulsione, con la conseguente piena attrazione della relativa contestazione, in mancanza di norma derogatrice al criterio generale di riparto, nell’ambito della giurisdizione dei diritti soggettivi.
Questo potere di espulsione sussiste, pur nelle more della definizione del procedimento, quando ricorrono i casi tassativamente previsti dal D. Lgs. 109/2012, art. 5, comma 13, ma anche in tale evenienza la posizione giuridica soggettiva dello straniero destinatario del provvedimento di espulsione è e resta di diritto soggettivo allorchè l’atto dell’amministrazione è correlato all’accertamento positivo di circostanze o di presupposti esaustivamente individuati dalla legge, senza ulteriori spazi di discrezionalità valutativa (cfr. Sez. Un., 9 settembre 2009, n. 19393; Sez. Un., 17 giugno 2013, n. 15115): il che avviene, ad esempio, quando l’espulsione del lavoratore straniero sia stata disposta per l’intervenuta condanna, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata ai sensi dell’art. 444 c.p.p., per uno dei reati previsti dall’art. 380 codice cit..
Diverso è il caso in cui il provvedimento di espulsione sia stato adottato per motivi di prevenzione del terrorismo o, più in generale, a causa della pericolosità dello straniero per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato: in tal caso la posizione giuridica dell’interessato è di interesse legittimo e la giurisdizione nella relativa controversia spetta al giudice amministrativo (cfr. D.L. n. 144 del 2005, art. 3, comma 4), essendo rimessa all’amministrazione, non una mera discrezionalità tecnica e ricognitiva al cospetto di ipotesi già individuate e definite dal legislatore nel loro perimetro applicativo, ma una ponderazione valutativa degli interessi in gioco.
4. – Da tanto deriva che la cognizione della controversia spetta al giudice ordinario, giacchè il lavoratore straniero, contestando il provvedimento di allontanamento dal territorio dello Stato – disposto dell’Amministrazione dell’interno non per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, ma per la rinuncia dell’interessato alla domanda di protezione internazionale e per la ritenuta rinuncia implicita alla richiesta del permesso di soggiorno per asilo politico -, ha fatto valere in giudizio il suo diritto soggettivo, ai sensi del D. Lgs. 109/2012, art. 5, comma 11, a non essere espulso nelle more della definizione del procedimento di emersione conseguente alla presentazione di dichiarazione di regolarizzazione avanzata dal datore di lavoro.
P.Q.M.
La Corte, pronunciando sul conflitto, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario.
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