CORTE di CASSAZIONE a SEZIONI UNITE sentenza n. 5944 del 24 marzo 2016
FALLIMENTO – AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA DELLE GRANDI IMPRESE IN CRISI – RICORSO PER CASSAZIONE SULL’IMPUGNAZIONE DEGLI ATTI DI LIQUIDAZIONE – CESSIONE DEL CREDITO DEL RICORRENTE – EFFETTI – INAMMISSIBILITÀ DEL RICORSO DEL CEDENTE E DELL’INTERVENTO DEL CESSIONARIO – FONDAMENTO
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, ex art. 65 (Nuova disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza) l’arch. T.A. e l’E. 2001 s.r.l convenivano dinanzi al Tribunale di Milano la C. I. T.-CIT s.p.a. ed altre societa’ del gruppo, in amministrazione straordinaria, per ottenere la dichiarazione di nullita’ di vari contratti con i quali il commissario straordinario aveva proceduto alla liquidazione del patrimonio di singole societa’ in favore della S. Hotel Group s.r.l. e della A. Bank A.G..
Esponevano:
– che con decreto 8 marzo 2006 il Ministero dello Sviluppo Economico aveva ammesso alla procedura di amministrazione straordinaria talune societa’ del gruppo Cit, dichiarate poi insolventi con sentenze emesse il 16 marzo 2006 dal Tribunale di Milano;
– che, dopo l’estensione della procedura ad altre societa’ del gruppo, il commissario straordinario aveva depositato un programma di cessione dei complessi aziendali, autorizzato dal Ministero dello Sviluppo Economico;
– che in esecuzione di detto programma venivano alienati vari complessi aziendali in esercizio, oltre ad immobili ed a beni non strategici, sulla base di una procedura di selezione e di scelta delle offerte finali vincolanti presentate dalla S. Hotel Group s.r.l. e dalla A. Bank A.G.;
– che i contratti di vendita apparivano nulli per violazione delle norme imperative di cui alla L. n. 270 del 1999, artt. 62 e 63 perche’ non funzionali alla migliore realizzazione dell’effettivo valore dei cespiti – non previamente stimato da un esperto – e non conformi al Programma di cessione ed alle relative autorizzazioni ministeriali, comunque illegittime e da disapplicare;
– che all’accertamento della nullita’ il T. aveva interesse, quale creditore ammesso al passivo della Cit per la somma di Euro 4.000,000,00 circa, in ragione di prestazioni di lavoro.
Costituendosi in giudizio, le societa’ in amministrazione straordinaria convenute eccepivano, in via preliminare, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e, nel merito, l’infondatezza delle domande.
Con decreto 27 ottobre 2011 il Tribunale di Milano dichiarava il proprio difetto di giurisdizione.
Il successivo reclamo era rigettato dalla Corte d’appello di Milano con decreto 12 aprile 2012.
La corte territoriale motivava:
– che il ricorso originario aveva contestato l’illegittimita’ dell’intera procedura di amministrazione straordinaria, mentre solo in secondo grado si era dedotto che i contratti di vendita avessero un contenuto diverso da quello autorizzato dal ministero e fossero quindi nulli;
– che, peraltro, anche a voler ritenere ammissibile il mutamento della domanda, il ricorrente non godeva, in ordine agli atti del commissario straordinario, di una situazione di diritto soggettivo, bensi’ di interesse legittimo, tutelabile dinanzi al giudice amministrativo;
– che le censure investivano, infatti, comportamenti posti in essere nell’ambito di poteri discrezionali, e dunque valutabili alla luce dell’interesse generale alla corretta esecuzione della procedura.
Avverso il provvedimento l’arch. T. proponeva ricorso per cassazione articolato in due motivi e notificato l’11 maggio 2012.
Deduceva:
1) la violazione del R.D. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 5, (Per l’unificazione amministrativa del Regno d’Italia), allegato E, D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, art. 65 (Nuova disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, a norma della L. 30 luglio 1998, n. 274, art. 1) e art. 2740 c.c., nonche’ il vizio di motivazione nell’erronea interpretazione della domanda, quale volta all’accertamento di illegittimita’ dell’intera procedura concorsuale di amministrazione straordinaria, inclusiva dei provvedimenti ministeriali – come tale, rientrante nella giurisdizione amministrativa – ed altresi’ nell’irragionevole distinzione tra la situazione soggettiva ritenuta di diritto soggettivo – del creditore privilegiato, rispetto a quella del creditore chirografario, qualificata di interesse legittimo;
2) la violazione del D.Lgs. n. 270 del 1999, artt. 65 e 109 e la carenza di motivazione nell’omesso rilievo che l’illegittimita’ dell’autorizzazione alla vendita era stata dedotta solo in via incidentale, ai fini della dichiarazione di nullita’ degli atti di cessione dei complessi aziendali.
Resistevano, con distinti controricorsi, la C. I. T.-CIT s.p.a, unitamente ad altre societa’ del gruppo, e la A. Bank AG, insieme con l’Aaeral Partecipazioni s.p.a. e la S. s.r.l..
Le parti depositavano memorie illustrative, entro il termine di cui all’art. 378 c.p.c..
In occasione dell’udienza di discussione, l’Aprea s.r.l. unipersonale, cessionaria dei crediti vantati dall’arch. T., interveniva in giudizio, in adesione al ricorso ed alle difese del ricorrente.
All’udienza del 26 gennaio 2016 il Procuratore generale e i difensori precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso e’ inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse ad agire.
Nelle more del giudizio il ricorrente ha perso, infatti, la titolarita’ dei crediti vantati, costituente la fonte di legittimazione per l’impugnazione degli atti dispositivi dei rami d’azienda del Gruppo CIT: in parte, per rinunzia, e per la restante parte per effetto di cessione a terzi (Aprea s.r.l.).
Tali dati di fatto emergono dalla documentazione prodotta dalla C. I. T.-CIT S.p.A. e dalle altre societa’ del gruppo in amministrazione straordinaria: documentazione che, in quanto volta ad attestare una situazione nuova, rilevante ai fini dell’ammissibilita’ stessa del ricorso, puo’ trovare ingresso in questa sede. (cfr. docc. C e D, allegati alla memoria illustrativa ex art. 378 cod. proc. civ.).
La natura totalitaria della perdita di titolarita’ dei crediti vantati emerge dal testo della cessione di crediti, per scrittura privata autenticata 24 settembre 2013, in cui, all’art.1, l’arch. T. dichiara di cedere a titolo oneroso alla parte cessionaria Aprea s.r.l. unipersonale i propri crediti vantati nei confronti della C. I. T. s.p.a., oggetto di contestazione giudiziaria, verso il corrispettivo di Euro 55.000.
Al riguardo, occorre rilevare che dalla narratio del processo contenuta nel controricorso congiunto dell’A. Bank AG, dell’A. PARTECIPAZIONI s.p.a e della S. s.r.l. emerge come sia stata formulata ab initio l’eccezione di carenza di legittimazione attiva dell’arch. T. in ordine all’impugnazione dei contratti stipulati da societa’ diverse dalla capogruppo Cit s.p.a.: l’unica – secondo le parti eccipienti – al cui passivo il T. fosse stato ammesso, per un credito da esercizio di attivita’ professionale.
In particolare, le predette societa’, allora convenute, avevano opposto l’inesistenza di alcun credito vantato ex adverso nei confronti della Progetto V. s.r.l. in amm. straord., autrice della cessione del ramo d’azienda in favore della S. s.r.l., parimenti impugnata dal T. per nullita’.
Alle predette eccezioni, il ricorrente non ha replicato puntualmente; salvo un fugace cenno in memoria di replica ex art. 378 cod. proc. civ. (pag.35), in cui si da’ per “pacifico e non contestato” che egli fosse creditore “in prededuzione, privilegio e chirografo” nei confronti sia della Cit s.p.a. che della Progetto Italiano s.p.a.; e che i contratti in questione fossero stati tutti conclusi (anche) da Cit Invest s.p.a. e da Progetto V. s.r.l..
Ma in realta’ pacifica, come visto, era solo l’ammissione al passivo della capogruppo Cit s.p.a.; onde, incombeva sul ricorrente la prova dell’ammissione al passivo di eventuali altre societa’ del gruppo Cit, corredata del richiamo, in ricorso, degli estremi del provvedimento ammissivo, in base al principio di autosufficienza; nonche’ dell’ulteriore indicazione specifica degli atti processuali depositati nei quali esso fosse contenuto (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6). In carenza di tali elementi, si palesa dunque accoglibile l’eccezione di sopravvenuta carenza di interesse del T. per intercorsa cessione dell’unico credito – verso la Cit s.p.a. – la cui ammissione al passivo sia data per pacifica dalle controparti. E’ appena il caso di aggiungere che appare irrilevante, sotto il profilo in esame, l’asserito carattere unitario delle procedure concorsuali, che non infirma, certo, il principio dell’autonomia patrimoniale di ogni singola societa’ del gruppo.
Ne’ la carenza di interesse ad agire dell’arch. T. puo’ trovare un contrappeso, processualmente idoneo alla prosecuzione del giudizio, nell’intervento in giudizio, alla vigilia dell’udienza di discussione, proprio dell’Aprea s.r.l. in liquidazione, cessionaria dei crediti litigiosi.
Tale intervento e’, infatti, a sua volta inammissibile nella fase di legittimita’; oltre a riuscire inidoneo allo scopo, giacche’ le domande proposte non vertono sull’esistenza del diritto di credito, oggetto di cessione postuma, da accertare con efficacia estesa al successore a titolo particolare (art. 111 cod. proc. civ.): bensi’, e’ solo il presupposto della legittimazione attiva in ordine alla domanda di accertamento dell’invalidita’ degli atti dispositivi posti in essere dal commissario straordinario delle societa’ del gruppo CIT, per violazione del D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, art. 62 (Alienazione dei beni) e art. 63 (Vendita di aziende in esercizio), (secondo cui, l’alienazione dei beni immobili ed aziende dell’impresa insolvente, in conformita’ delle previsioni del programma autorizzato, e’ effettuata con forme adeguate alla natura dei beni e finalizzate al migliore realizzo, previa valutazione di un esperto nominato dal commissario straordinario ed idonee forme di pubblicita’) ed altresi’ quale effetto derivato dell’illegittimita’ dei provvedimenti ministeriali autorizzativi dell’alienazione dei compendi aziendali.
Non si tratta, dunque, di successione nel diritto controverso, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 111 c.p.c., bensi’ di perdita del titolo identificativo dell’interesse ad agire dell’unica parte ricorrente (l’altra parte attrice originaria, E. 2001 s.r.l., non ha infatti impugnato il decreto 11 aprile 2012 della Corte d’appello di Milano).
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo sulla base del valore della causa e del numero e complessita’ delle questioni trattate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile l’intervento dell’Aprea s.r.l;
Dichiara inammissibile il ricorso dell’arch. T.A., che condanna alla rifusione delle spese di giudizio, rispettivamente sostenute dalla CIT – C. I. T. s.p.a, congiuntamente con le altre societa’ del gruppo CIT, liquidate in complessivi Euro 10.200,00, di cui Euro 10.000,00 per compenso, oltre le spese forfettarie e gli accessori di legge, e dalla A. Bank AG congiuntamente con la A. Partecipazioni s.p.a. e S. s.r.l., liquidate in complessivi Euro 10.200,00, di cui Euro 10.000,00 per compenso, oltre le spese forfettarie e gli accessori di legge.
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