CORTE DI CASSAZIONE – Sezioni Unite – Sentenza n. 737 del 19 gennaio 2015
LAVORO – LAVORO AUTONOMO – AVVOCATO – PROCEDIMENTO DISCIPLINARE – ADDEBITI – INDETERMINATEZZA DI ALCUNI ELEMENTI DELL’ACCUSA
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
– che, con sentenza del 20 marzo 2014, il Consiglio nazionale forense, pronunciando a seguito della cassazione con rinvio di precedente decisione di inammissibilità, ha rigettato il ricorso proposto dall’avv. Z.C. avverso la Delib. 16 dicembre 2009, comunicata il 10 febbraio 2010, con la quale il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Forlì – Cesena aveva disposto l’apertura di un procedimento disciplinare nei suoi confronti, per violazione del r.d.l. 1578 del 1933, art. 38 e degli artt. 35 e 40 del Codice Deontologico forense per avere, in forza di mandato alla lite in bianco ricevuto per il tramite di terza persona, omesso di comunicare ai clienti l’esito negativo del giudizio di primo grado e aver interposto appello avverso detta sentenza pur in presenza di dissenso al gravame; fatti accaduti dall’anno 2001 al 2004;
– che, in particolare, il C.N.F. osservava quanto segue:
1) il provvedimento di apertura del procedimento disciplinare non deve contenere una minuziosa e specifica indicazione dei fatti contestati all’incolpato essendo, invece, sufficiente in tale fase una enunciazione sommaria dei fatti per i quali il procedimento è iniziato (r.d. 37/1934, art. 47), mentre la menzione circostanziata degli addebiti è riservata, all’esito dell’attività istruttoria compiuta e delle puntualizzazioni e determinazioni che ne derivano, alla successiva citazione a comparire innanzi al Consiglio dell’Ordine;
2) non era decorso il termine quinquennale di prescrizione poichè i fatti contestati configuravano una serie di illeciti successivi e continuati, alcuni dei quali di natura permanente, come nel caso della mancata comunicazione dell’esito del giudizio e della proposizione dell’appello malgrado la volontà contraria del cliente; inoltre, alla delibera in data 16 dicembre 2009, che aveva disposto l’apertura del procedimento disciplinare, doveva riconoscersi efficacia interruttiva della prescrizione rispetto a illeciti che secondo la contestazione si erano protratti sino al 31 dicembre 2004;
3) la mancata immediata comunicazione all’incolpato della delibera di apertura del procedimento disciplinare non determinava una nullità dell’avviso di incolpazione, in assenza di una previsione di legge in tal senso ed in assenza di un qualsiasi pregiudizio per la difesa dell’incolpato;
4) l’omissione della comunicazione al p.m., prevista dal r.d. 37/1934, art. 47 non determinava la nullità della deliberazione, sia perchè non prevista, sia perchè la partecipazione del p.m. al procedimento di natura amministrativa era facoltativa, sia perchè la notifica al p.m. della citazione a comparire ne assicurava la presenza nella successiva fase;
– che avverso detta sentenza l’avv. Z.C. propone ricorso per cassazione, deducendo:
1) violazione del r.d. 37/1934, art. 47 in quanto il C.N.F. aveva erroneamente escluso la nullità della Delib. in conseguenza del mancato rispetto del termine perentorio che prescriveva una immediata comunicazione; inoltre, vertendosi in una ipotesi di mancato rispetto dei termini del procedimento e non in un’ipotesi di violazione di forme, erroneamente il C.N.F. aveva dato rilievo al preteso raggiungimento dello scopo;
2) violazione del r.d. 37/1934, art. 47 in quanto la sentenza impugnata erroneamente aveva escluso la nullità della deliberazione per la mancata comunicazione al p.m., la cui presenza nel procedimento poteva corrispondere anche ad un interesse dell’incolpato;
3) violazione del r.d.l. 1578 del 1933, art. 28 (recte 38), 50 e 56 degli artt. 24 e 111 cost. nonchè della L. 36/1934 (recte n. 37 del 1934) poichè erroneamente il C.N.F. aveva escluso la nullità del capo di incolpazione affetto da una assoluta indeterminatezza dell’accusa;
4) erronea interpretazione del capo di incolpazione ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio laddove, per escludere la prescrizione, il generico riferimento del capo di incolpazione all’anno 2004 era stato inteso come un riferimento al 31 dicembre 2004;
5) in subordine, con riferimento alle circostanze dedotte nel precedente motivo, vizio del procedimento;
6) violazione del r.d.l. 1578 del 1933, art. 51 in quanto la decisione impugnata aveva erroneamente considerato come permanenti illeciti e invece, dovevano considerarsi come istantanei;
– che il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Forlì-Cesena non ha svolto attività difensiva;
– che il ricorrente ha presentato memoria;
– che il primo ed il secondo motivo possono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi e sono infondati;
infatti, la mancata immediata comunicazione dell’apertura del procedimento all’incolpato ed al P.M. non determina la nullità della relativa Delib., ma solo quella degli atti di istruzione eventualmente compiuti prima della comunicazione. Al riguardo occorre solo precisare che il precedente di questa Corte incongruamente invocato dal ricorrente (Cass., s.u., 26 luglio 2002, n. 11100), ha escluso la nullità del procedimento e della decisione del C.O.A. per omessa (e non semplicemente non immediata) comunicazione all’interessato e al P.M. dell’apertura del procedimento in una situazione nella quale in concreto non era stata svolta istruttoria nella fase delle indagini preliminari (conf. Cass., s.u., 9 marzo 2005, n. 5072);
– che il terzo motivo è infondato; invero, il r.d. 37/1934, art. 47 stabilisce che la comunicazione deve contenere la enunciazione sommaria dei fatti per i quali il procedimento è stato iniziato mentre la menzione circostanziata degli addebiti è prevista soltanto dal successivo art. 48 come requisito della citazione a giudizio; ne consegue l’irrilevanza della indeterminatezza di alcuni elementi dell’accusa (nella specie: nome del cliente, nome dell’intermediario e giudizio intrapreso) in quanto il fatto addebitato è comunque indicato sommariamente e consente all’incolpato di avere una notizia qualificata del procedimento disciplinare aperto a suo carico e di esaminare ed acquisire i relativi atti e documenti;
– che il quarto ed il quinto motivo possono essere esaminati congiuntamente e sono infondati poichè nella fase preliminare del procedimento disciplinare la maturazione o meno della prescrizione deve essere valutata con riferimento alla contestazione e questa, come sopra riferito, riferisce la condotta al periodo compreso dall’anno 2001 al 2004 con espressione che individua certamente il termine ultimo della condotta illecita alla data del 31 dicembre 2004;
– che il sesto motivo è inammissibile per difetto di interesse, atteso che il rigetto del quarto e del quinto motivo attiene alla prima delle due autonome rationes decidendi con le quali il C.N.F. ha respinto l’eccezione di prescrizione; ne consegue che il ricorrente non potrebbe trarre alcuna utilità dall’esame della seconda ratio.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
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