CORTE di CASSAZIONE Sezioni Unite sentenza n. 8618 del 29 aprile 2015
RISCOSSIONE – GIUDIZIO SUL PIGNORAMENTO PRESSO TERZI – COMPETENZA DEL GIUDICE ORDINARIO
Svolgimento del processo
La Commissione tributaria provinciale di Milano accolse il ricorso proposto da Q.R. avverso il pignoramento presso terzi in relazione ad un credito dell’erario relativo ad IVA e IRAP per l’anno 2005 sul rilievo che, pur essendo priva di fondamento la lagnanza in ordine alla mancata notifica dell’avviso di accertamento e della cartella di pagamento, il detto pignoramento avrebbe dovuto essere limitato alla quota conferita (dalla ricorrente) alla sas Dierremarket di D.R., avendo (la ricorrente) dimostrato di esserne socia accomandante.
La Commissione tributaria regionale della Lombardia, adita in appello tanto dall’Agenzia delle entrate che dal concessionario per la riscossione spa Equitalia Esatri, i quali, “dopo aver dimostrato la definitività dell’avviso di accertamento e della cartella esattoriale regolarmente notificati e non impugnati”, ribadivano, alla luce del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2, l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice tributario in ordine alle impugnazioni degli atti di pignoramento presso terzi, in quanto atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento, confermava la sentenza di primo grado.
E ciò “in quanto la contribuente aveva dimostrato di essere socia accomandante della società Dierremarket srl (recte, sas) di D.R., e come tale deve rispondere nei limiti della quota versata. Ogni questione – concludeva la Commissione regionale – rimane assorbita”. Nei confronti della decisione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione articolando un motivo attinente alla giurisdizione. La contribuente resiste con controricorso.
Equitalia Nord spa non ha svolto attività nella presente sede.
Motivi della decisione
Con l’unico motivo, denunciando “difetto di giurisdizione del giudice ordinario. Violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 1”, l’amministrazione ricorrente assume che in base alla disposizione in rubrica la giurisdizione tributaria si estenderebbe fino all’impugnazione degli atti prodronici all’esecuzione, quali la cartella esattoriale e l’avviso di mora, ma si arresterebbe davanti alle controversie riguardanti l’esecuzione forzata, per le quali la giurisdizione spetterebbe al giudice ordinario.
Il ricorso è fondato.
A norma del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2, nel testo risultante dopo le modifiche recate dalla L. 28 dicembre 2001, n. 448, art. 2, comma 2, e dal D.L. 20 settembre 2005, n. 203, come convertito nella L. 2 dicembre 2005, n. 248, appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il Servizio sanitario nazionale, nonchè le sovrimposte e le addizionali, le sanzioni amministrative (aventi natura tributaria) irrogate da uffici finanziari, gli interessi e ogni altro accessorio: “restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove prevista”, dell’intimazione di pagamento di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 50, per le quali continuano ad applicarsi le disposizioni di tale decreto.
Nella specie è incontroverso che il giudizio abbia ad oggetto l’opposizione al pignoramento, nelle forme del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 72 bis, di un credito del debitore verso terzi, pignoramento avente alla base un credito dell’erario per IVA ed IRAP. Esso è quindi relativo ad atti dell’esecuzione forzata “successivi alla notificazione della cartella di pagamento”, ed è come tale estraneo alla giurisdizione del giudice tributario (Cass., sez. un., 31 marzo 2008, n. 8279).
Nè è idoneo ad incidere sul carattere della controversia il rilievo, formulato nel controricorso, secondo cui con l’opposizione al pignoramento si era inteso impugnare anche la cartella di pagamento per nullità della sua notificazione, atteso che la Contnissione regionale aveva accertato come l’ufficio e l’agente per la riscossione avessero “dimostrato la definitività dell’avviso di accertamento e della cartella esattoriale regolarmente notificati e non impugnati”; anche il Giudice di primo grado aveva del resto rilevato, come si legge nello svolgimento del processo della sentenza impugnata, che era “infondata la (dedotta) mancanza di notifica dell’avviso di accertamento e della cartella di pagamento”.
Con la definitività della cartella di pagamento viene infatti meno la possibilità formulare contestazioni che concernano il rapporto tributario ed i suoi elementi costitutivi, assegnate alla cognizione delle commissioni tributarie (si veda, da ultimo, Cass., sez. un., 18 febbraio 2014, n. 3773), appartenendo alla giurisdizione del giudice ordinario “gli atti posti in essere durante la successiva espropriazione forzata, atti che non propongono questioni di natura tributaria, ma riguardano le situazioni giuridiche tutelabili dinanzi al giudice dell’esecuzione” (Cass., sez. un., 5 maggio 2005 n. 10958).
Il ricorso va pertanto accolto, va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario e cassata la sentenza impugnata, rimettendo le parti, anche per le spese, al giudice ordinario.
P.Q.M.
La Corte, a sezioni unite, accoglie il ricorso, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, cassa la sentenza impugnata e rimette le parti, anche per le spese, al giudice ordinario.
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