CORTE di CASSAZIONE,sezione penale, sentenza n. 40277 depositata il 7 settembre 2017
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza impugnata la Corte di Appello di Milano confermava la sentenza emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Milano in data 24/09/2014, con cui AR era stato ritenuto colpevole e condannato a pena di giustizia in relazione al reato di cui agli artt. 110 cod. pen., 216 comma 1, n. 1, 223 r. d. n. 267/1942 perchè, in qualità di amministratore unico dal 01/02/2008 al 03/06/2009 e liquidatore dal 03/06/2009 alla data del fallimento della T.F. s.r.l., con sede legale in Milano, al xxx xxxx x xx, dichiarata fallita in data 01/10/2009, distraeva o dissipava rimanenze di magazzino iscritte nell’ultimo bilancio del 31/12/2008 sotto la voce “rimanenze prodotti finiti” per un valore complessivo di euro 29.051,00; in Milano, sentenza di fallimento del 01/10/2009.
2. Con ricorso depositato il 15/07/2016 AR personalmente ricorre per:
2.1. violazione di legge e vizio di motivazione, ex art. 606 lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione alla generica motivazione della sentenza impugnata circa la sussistenza della condotta distrattiva, nonostante le giustificazioni fornite dal ricorrente in ordine alla natura ed al valore dei beni smaltiti, con produzione di una fattura relativa allo smaltimento effettuato da una ditta specializzata, relativamente alla quale nessun accertamento risulta essere stato effettuato, né dalla curatela né dall’Autorità Giudiziaria;
2.2. violazione di legge ex art. 606, lett. b), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 216 e 223 r. d. n. 267/1973 in riferimento alla sussistenza dell’elemento soggettivo del delitto, atteso che il fallimento era stato cagionato esclusivamente da una crisi di liquidità, come chiaramente evidenziato anche dalle relazioni del curatore fallimentare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, nei termini di seguito specificati.
La sentenza di primo grado ha dato atto come, dal bilancio al 31/12/2008, risultasse la presenza di rimanenze per euro 93.372,00, di cui euro 29.051,00 costituiti da prodotti finiti; alla distrazione di detti prodotti risulta limitata la contestazione, in quanto, secondo la scarna motivazione della sentenza, la fattura prodotta in udienza non avrebbe comprovato il legittimo smaltimento di prodotti privi di valore, in quanto emessa nel dicembre 2009, dopo due mesi circa dall’intervenuto fallimento e dopo le dichiarazioni rese al curatore dall’imputato; quindi, è stato affermato, che non vi sia spiegazione alla sparizione delle rimanenze di magazzino, mentre, per altro verso, deve farsi affidamento sulla valutazione delle rimanenze in base a quanto dichiarato dal’amministratore, in coerenza con le risultanze dei libri contabili.
Detta sentenza appare estremamente lacunosa e contraddittoria nel suo impianto motivazionale, non spiegando affatto per quale ragione non fosse da ritenere credibile la circostanza che le rimanenze fossero state effettivamente smaltite, atteso che la sola affermazione dell’epoca di emissione della fattura appare piuttosto incompleta ed apodittica, né indica quale fosse il valore delle rimanenze all’epoca del loro smaltimento presunto, né, infine, spiega per quale ragione l’imputato sarebbe credibile in relazione alla circostanza della valutazione delle rimanenze mentre non lo sarebbe in relazione a quella del loro smaltimento, non essendo stata, peraltro, affermata la falsità della fattura emessa, né essendo stati svolti accertamenti in tal senso.
Né la sentenza impugnata ha fornito, in tal senso, compiuta risposta alle doglianze difensive, essendosi limitata a qualificare come un post factum l’emissione della fattura, affermando che l’imputato non avrebbe dato conto alcuno della destinazione dei beni mancanti. Detta ultima affermazione appare in aperto contrasto con la circostanza che l’imputato abbia fornito una fattura attestante lo smaltimento delle rimanenze, per cui solo lo specifico e puntuale approfondimento circa il reale valore della merce e la dimostrazione della falsità della fattura, avrebbero potuto giustificare la conferma della sentenza impugnata, atteso che la mera discrasia tra la data dell’operazione di smaltimento e la data di emissione della fattura non appare elemento sufficiente per ritenere provata al di là di ogni ragionevole dubbio la condotta distrattiva, potendo costituire solo un indizio in tal senso, non avendo nessuna delle due sentenze di merito dimostrato per quale ragione detta circostanza apparisse univocamente concludente.
Ne discende, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte di Appello di Milano. La natura delle questioni trattate consente la redazione della motivazione in forma semplificata.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.
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