CORTE COSTITUZIONALE – Ordinanza 21 giugno 2013, n. 155
Giudizio di legittimità costituzionale in via principale. Professioni – Norme della Regione Valle d’Aosta – Disciplina dell’attività di acconciatore – Ricorso del Governo – Sopravvenute abrogazione e modifica delle norme impugnate – Rinuncia al ricorso in assenza di controparte costituita – Estinzione del processo – Legge della Regione Valle d’Aosta 7 maggio 2012, n. 14, artt. 6, comma 1, lettere a) e d), e 9, comma 2. – Costituzione, art. 117, commi secondo, lettera e), e terzo; statuto della Regione Valle d’Aosta, artt. 2 e 3, lettera a); norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionali, art. 23.
Ritenuto che, con ricorso notificato il 30 luglio 2012 e depositato il successivo 6 agosto (reg. ric. n. 110 del 2012), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli articoli 6, comma 1, lettere a) e d), e 9, comma 2, della legge della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallee d’Aoste 7 maggio 2012, n. 14 (Disciplina dell’attività di acconciatore), in riferimento agli articoli 117, secondo comma, lettera e), e terzo comma, della Costituzione, e agli articoli 2 e 3, in particolare lettera a), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, recante lo statuto speciale per la Valle d’Aosta;
che l’art. 6, comma 1, lettere a) e d), stabilisce che i Comuni, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, sentite le rappresentanze locali delle organizzazioni di categoria, adottano propri regolamenti che prevedono, rispettivamente “le superfici minime e i requisiti dimensionali dei locali impiegati nell’esercizio dell’attività di acconciatore” (lettera a) e “la disciplina degli orari, il calendario dei giorni di apertura e di chiusura dell’esercizio e le eventuali deroghe” (lettera d);
che il ricorrente ritiene che per tale via la Regione abbia introdotto vincoli all’apertura di nuovi esercizi di acconciatore, invadendo la sfera di competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza (art. 117, secondo comma, lettera e, Cost.);
che, a parere del ricorrente, il divieto di introdurre restrizioni legate alla superficie dell’esercizio commerciale e agli orari di apertura si ricaverebbe dall’art. 34, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, secondo il quale “la disciplina delle attività economiche è improntata al principio di libertà di accesso, di organizzazione e di svolgimento, fatte salve le esigenze imperative di interesse generale, costituzionalmente rilevanti e compatibili con l’ordinamento comunitario, che possono giustificare l’introduzione di previ atti amministrativi di assenso o autorizzazione o di controllo, nel rispetto del principio di proporzionalità”;
che analogo divieto deriverebbe dall’art. 1, commi 2 e 3, della legge 17 agosto 2005, n. 174 (Disciplina dell’attività di acconciatore), che enuncia il principio per cui l’esercizio del commercio da parte dell’acconciatore rientra nella sfera della libertà di iniziativa economica privata;
che le norme impugnate avrebbero anche travalicato la competenza, di carattere integrativo-attuativo, assegnata alla Regione in materia di industria e commercio dall’art. 3, lettera a), dello statuto;
che l’art. 9, comma 2, impugnato prevede che l’abilitazione all’esercizio dell’attività di acconciatore indicata dall’art. 3, comma 1, della legge n. 174 del 2005 si ottenga frequentando un apposito corso di riqualificazione professionale, ovvero sostenendo un esame;
che, rileva il ricorrente, il legislatore regionale avrebbe omesso di disciplinare una terza via, assicurata, invece, dall’art. 6, comma 5, lettera a), della legge n. 174 del 2005, ovvero la richiesta di abilitazione, entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge, “in considerazione delle maturate esperienze professionali”;
che tale omissione travalicherebbe le competenze statutarie indicate dagli artt. 2 e 3 dello statuto e violerebbe la competenza dello Stato a dettare i principi fondamentali della materia “professioni” (art. 117, terzo comma, Cost.), cui è riservata l’individuazione dei titoli abilitanti alla professione;
che, inoltre, la norma impugnata, venendo a restringere le forme di accesso all’attività di acconciatore, recherebbe un ostacolo alla concorrenza, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.;
che, nelle more del giudizio, l’art. 20 della legge regionale 11 dicembre 2012, n. 34 (Modificazioni a leggi regionali in materia di professioni e altre disposizioni) ha abrogato l’art. 6, comma 1, lettere a) e d), impugnato;
che l’art. 21 della medesima legge regionale n. 34 del 2012 ha aggiunto all’art. 9 della legge regionale impugnata la previsione di cui il ricorrente lamentava l’assenza, circa il riconoscimento delle maturate esperienze professionali;
che, a seguito di ciò, il Presidente del Consiglio dei ministri, previa delibera del Consiglio dei ministri, ha rinunciato al ricorso con atto del 4 febbraio 2013, depositato il 14 febbraio 2013.
Considerato che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli articoli 6, comma 1, lettere a) e d), e 9, comma 2, della legge della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallee d’Aoste 7 maggio 2012, n. 14 (Disciplina dell’attività di acconciatore), in riferimento agli articoli 117, secondo comma, lettera e), e terzo comma, della Costituzione, e agli articoli 2 e 3, in particolare lettera a), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, recante lo statuto speciale per la Valle d’Aosta;
che la Regione autonoma Valle d’Aosta/ Vallee d’Aoste non si è costituita;
che, nelle more del giudizio, l’art. 20 della legge regionale 11 dicembre 2012, n. 34 (Modificazioni a leggi regionali in materia di professioni e altre disposizioni) ha abrogato l’art. 6, comma 1, lettere a) e d), impugnato, mentre l’art. 21 della medesima legge regionale n. 34 del 2012 ha modificato l’art. 9 impugnato; che, a seguito di ciò, il ricorrente ha rinunciato al ricorso;
che, in mancanza di costituzione in giudizio della Regione resistente, l’intervenuta rinuncia al ricorso determina, ai sensi dell’art. 23 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, l’estinzione del processo (ex plurimis, ordinanze n. 302 e n. 283 del 2012).
P.Q.M.
Dichiara estinto il processo.
—
Provvedimento pubblicato nella G.U. del 26 giugno 2013, n. 26
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