Corte Costituzionale ordinanza n. 169 del 27 giugno 2012
SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNIO IN INFORTUNIO – INFORTUNIO IN ITINERE – RICONOSCIMENTO DELLA CAUSA DI SERVIZIO DEL DIPENDENTE PUBBLICO
ORDINANZA
Nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 12 del D.P.R. n. 3/1957 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato) promosso dal Consiglio di Stato – sezione VI giurisdizionale, nel procedimento vertente tra T.M.R. ed altra e il Ministero della pubblica istruzione ed altri con ord. del 30 giugno 2011, iscritta al n. 27 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell’anno 2012.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nella camera di consiglio del 23 maggio 2012 il Giudice relatore M.R.M.
Ritenuto che il Consiglio di Stato – sezione VI giurisdizionale ha sollevato, con ord. del 30 giugno 2011, questione di legittimità costituzionale dell’art. 12 del D.P.R. n. 3/1957 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato) a tenore del quale «L’impiegato deve risiedere nel luogo ove ha sede l’ufficio cui è destinato. Il capo dell’ufficio, per rilevanti ragioni, può autorizzare l’impiegato a risiedere altrove, quando ciò sia conciliabile con il pieno e regolare adempimento d’ogni altro suo dovere» – denunciandone il contrasto con gli artt. 3, 16, 97 e 98 Cost.;
che, come emerge dall’ordinanza di rimessione, il giudice a quo è chiamato a pronunciarsi sul ricorso di due insegnanti pubbliche proposto per ottenere, al fine della indennizzabilità di un grave “infortunio in itinere”, da loro subìto, il riconoscimento della causa di servizio, negato dall’amministrazione di appartenenza in ragione del fatto che esse risiedevano, senza averne chiesto l’autorizzazione, in luogo (sia pur di pochi chilometri) distante dal comune ove era la scuola di loro destinazione;
che, ad avviso del rimettente, la censurata disposizione – in quanto legata ad un contesto, urbano, delle comunicazioni e della disponibilità di mezzi propri, ormai superato e non più attuale – sancirebbe (per di più per le sole categorie di pubblici dipendenti non interessati da successive sue parziali abrogazioni) un obbligo divenuto ora “irragionevole” e «inconferente al fine di assicurare il rispetto del canone di buona amministrazione», dal che, appunto, l’evocata violazione dell’art. Cost., sotto il duplice profilo della non giustificata disparità di trattamento di situazioni omogenee e della irragionevolezza per sopravvenuto anacronismo, e degli artt. 97 e 98 Cost., oltreché l’ipotizzato vulnus al precetto dell’art. 16 Cost., «perché ormai senza una plausibile ragione restringe[rebbe] anche la libertà di circolare e soggiornare in qualsiasi parte del territorio nazionale»;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso per l’infondatezza, in ogni suo profilo, della questione, per essere la disposizione denunciata tuttora giustificata da «preminenti esigenze istituzionali e di servizio generale, il cui soddisfacimento trova naturale supporto nella pronta reperibilità [del pubblico dipendente] in situazioni in cui si renda necessaria la sua presenza».
Considerato che, in relazione al sopra evidenziato oggetto del giudizio a quo, siccome assunto nell’ordinanza di rimessione, il rimettente dà per presupposto che la violazione dell’obbligo di residenza, di cui al citato art. 12 del D.P.R. n. 3/1957 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato), oltre alle possibili ricadute sul piano disciplinare, abbia anche, di per sé, effetto ostativo alla indennizzabilità dell’infortunio subìto, per recarsi al lavoro, dal pubblico dipendente;
che, tuttavia, così opinando, il giudice a quo ha omesso di prendere in esame, anche ai fini di una eventuale estensione dell’oggetto della denuncia di illegittimità costituzionale, sia la normativa di riferimento (e, prima di tutte, quella applicabile ratione temporis alla fattispecie oggetto di cognizione) sul riconoscimento della causa di servizio del dipendente pubblico, che, in ipotesi, dovrebbe giustificare l’incidenza della situazione di rilievo disciplinare supposta dalla norma impugnata ai fini di detto riconoscimento, sia la stessa disciplina in materia di infortunio in itinere, che, dopo una risalente elaborazione giurisprudenziale, si è tradotta in apposita disposizione inserita, da parte dell’art. 12 del D.Lgs. n. 38/2000 (Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a norma dell’art. 55, comma 1, della L. 17 maggio 1999, n. 144), nel corpo dell’art. 2 del D.P.R. n. 1124/1965 (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), così che risulta trascurata anche quella giurisprudenza (segnatamente, della Corte di cassazione) che, quanto all’infortunio in itinere, nel delibare l’esistenza del nesso eziologico tra l’evento e la percorrenza del tragitto normale tra il luogo di lavoro e quello di “abitazione”, per tale ha inteso, in termini di effettività, non solo il luogo di personale dimora del lavoratore ma anche quello (ove diverso) in cui si trovi la sua famiglia;
che, dunque, la prospettata questione va dichiarata manifestamente inammissibile per carenza di motivazione sulla sua rilevanza e non manifesta infondatezza.
Visti gli artt. 26, comma 2, della legge n. 87/1953, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
P.Q.M.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 12 del D.P.R. n. 3/1957 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 16, 97 e 98 Cost., dal Consiglio di Stato – sezione VI giurisdizionale, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
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