Corte Costituzionale sentenza n. 287 del 19 dicembre 2012 

DISCIPLINA DEI TIROCINI FORMATIVI E DI ORIENTAMENTO NON CURRICOLARI – LAMENTATA INTERFERENZA NELLA MATERIA DELLA FORMAZIONE PROFESSIONALE DI COMPETENZA ESCLUSIVA REGIONALE – DURATA NON SUPERIORE A SEI MESI – BENEFICIARI ESCLUSIVI NEODIPLOMATI O NEOLAUREATI NON OLTRE 12 MESI DAL CONSEGUIMENTO DEL TITOLO DI STUDIO

massima della sentenza 

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L’art. 11 del d.l. n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, pertanto, deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo per violazione dell’art. 117, quarto comma, della Costituzione, poiché va ad invadere un territorio di competenza normativa residuale delle Regioni.

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Ritenuto in fatto

1.- Con diversi ricorsi le Regioni Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria e Sardegna hanno promosso, in riferimento nel complesso agli artt. 117, quarto e sesto comma, 118, e 117 della Costituzione, in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), questioni di legittimità costituzionale relative a diverse disposizioni del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148.

2.- La presente decisione ha ad oggetto unicamente l’impugnazione dell’art. 11 del citato decreto-legge, il cui contenuto è il seguente: «1. I tirocini formativi e di orientamento possono essere promossi unicamente da soggetti in possesso degli specifici requisiti preventivamente determinati dalle normative regionali in funzione di idonee garanzie all’espletamento delle iniziative medesime. Fatta eccezione per i disabili, gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti e i condannati ammessi a misure alternative di detenzione, i tirocini formativi e di orientamento non curriculari non possono avere una durata superiore a sei mesi, proroghe comprese, e possono essere promossi unicamente a favore di neo-diplomati o neo-laureati entro e non oltre dodici mesi dal conseguimento del relativo titolo di studio. 2. In assenza di specifiche regolamentazioni regionali trovano applicazione, per quanto compatibili con le disposizioni di cui al comma che precede, l’articolo 18 della legge 24 giugno 1997 n. 196 e il relativo regolamento di attuazione».

3.- Le Regioni Emilia-Romagna, Liguria ed Umbria, in termini analoghi, lamentano che le disposizioni impugnate violino l’art. 117, quarto comma, Cost., in quanto, disciplinando i tirocini formativi e di orientamento non curriculari, dettano una normativa che rientra nella materia di competenza regionale residuale inerente la «istruzione e formazione professionale».

Ad avviso delle ricorrenti, le disposizioni impugnate non possono essere ricondotte alla materia di competenza esclusiva statale concernente la «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali» di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., pure richiamata nella stessa rubrica dell’art. 11, in quanto, ben lungi dal fissare prestazioni da garantire, fissano invece «limitazioni», impedendo alle Regioni «di garantire le prestazioni in termini più estesi». Tali «limitazioni», inoltre, appaiono anche «irragionevoli nella loro uniformità per tutto il territorio nazionale».

Inoltre, le Regioni ricorrenti lamentano la lesione dell’art. 117, quarto comma, Cost. e del principio di leale collaborazione, in quanto l’intervento statale, anche volendolo ritenere concernente i menzionati livelli essenziali, «non potrebbe consistere nella uniforme e rigida unilaterale determinazione uguale per tutto il territorio nazionale», dovendo, viceversa, sostanziarsi «nella istituzione di una procedura di collaborazione per le singole determinazioni in sede locale». Ciò in quanto, ove si verifichi un «intreccio» tra competenze statali e regionali, derivante dalla sovrapposizione di interessi convergenti, «l’ente “minore” deve essere consultato, in misura graduata sulla base del livello di incisione della sua competenza e del rilievo dell’interesse di cui è portatore» (sono citate le sentenze n. 88 del 2003, n. 134 del 2006 e n. 387 del 2007).

I parametri invocati sarebbero altresì violati in quanto le disposizioni statali, non prevedendo neppure fasi di specificazione ed attuazione, precludono un successivo coinvolgimento delle Regioni.

4.- Anche la Regione Toscana deduce il contrasto tra l’impugnato art. 11 e l’art. 117, quarto comma, della Costituzione.

Secondo la ricorrente la norma censurata, nel dettare regole relative ai tirocini formativi, incide nell’ambito di disciplina riservato alla competenza residuale regionale in materia di “formazione professionale”, «nella parte in cui la disciplina si riferisce anche a quei tirocini che non abbiano alcun collegamento con i rapporti di lavoro e/o non siano preordinati in via immediata ad eventuali assunzioni» (sentenze n. 50 del 2005, n. 176 e n. 269 del 2010).

La ricorrente osserva che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è recentemente intervenuto con la circolare 12 settembre 2011, n. 24, allo scopo di delimitare l’ambito di applicazione della norma in esame. Nonostante ciò, essa «appare comunque lesiva delle prerogative costituzionalmente garantite in tema di formazione professionale», poiché «i tirocini formativi rientrano nella formazione esterna all’azienda, di competenza regionale».

La Regione Toscana deduce altresì la violazione dell’art. 118 Cost., in quanto la normativa impugnata, non rientrando nella materia di «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali» e non indicando standard minimi, fornisce una minuziosa regolamentazione dell’esercizio della concreta potestà amministrativa, con la conseguenza di impedire alle Regioni di determinare standard qualitativi superiori.

Da ultimo, anche la Regione Toscana lamenta una lesione del principio di leale collaborazione, non essendo prevista alcuna forma di collaborazione con lo Stato.

5.- La Regione Sardegna, infine, deduce l’illegittimità delle disposizioni censurate perché invasive della competenza regionale in materia di formazione professionale.

Il comma 1 del censurato art. 11 sarebbe viziato poiché, appartenendo la formazione professionale alla competenza residuale delle regioni ordinarie, si porrebbe in contrasto con il combinato disposto dell’art. 117, terzo comma e quarto comma, della Costituzione (sentenza n. 271 del 2009), applicabili anche alla ricorrente in virtù della clausola di maggior favore di cui all’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001.

Il comma 2, poi, nel prevedere l’applicazione del regolamento di attuazione dell’art. 18 della legge n. 196 del 1997, si porrebbe in violazione dell’art. 117, sesto comma, Cost., che «vieta l’adozione di regolamenti statali in materie di competenza regionale» (sentenza n. 325 del 2010). Né la circostanza che tale atto sia applicabile solamente «in assenza di specifiche regolamentazioni regionali» varrebbe a sanare il vizio lamentato, proprio perché si vorrebbe consentire «ai regolamenti di estendersi ad un dominio che è loro sottratto».

6.- Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, per chiedere, con argomentazioni simili per ciascuna delle ricorrenti, che le questioni siano dichiarate infondate.

La difesa dello Stato assume, preventivamente, che la norma contestata si pone in attuazione degli impegni contenuti nell’intesa conseguita con le Regioni e le parti sociali del 27 ottobre 2010, allo scopo di fornire una disciplina uniforme dei tirocini formativi e di orientamento non curriculari, con l’obiettivo di contenere gli abusi nell’utilizzo di tale strumento e consentire la formazione e l’orientamento dei giovani a stretto contatto con il mondo del lavoro. Di conseguenza, essa rientra nella materia di competenza esclusiva statale relativa alla «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali», occupandosi solo dei livelli essenziali di tutela nella promozione e nella realizzazione dei tirocini formativi e di orientamento, fatte salve le specificità di numerose categorie di soggetti espressamente contemplate, che resteranno estranee al campo di applicazione dell’istituto. Né sarebbe ravvisabile un contrasto con la normativa regionale in materia di istruzione e formazione professionale, in quanto si prevede espressamente che i soggetti che potranno promuovere tirocini di orientamento dovranno avere i requisiti determinati dalle normative regionali.

7.- In prossimità dell’udienza pubblica le Regioni ricorrenti hanno depositato memorie difensive, ribadendo le argomentazioni contenute nei rispettivi ricorsi.

Considerato in diritto

1.- Le Regioni Liguria, Umbria, Toscana, Emilia-Romagna e Sardegna, con diversi ricorsi hanno proposto questione di legittimità costituzionale, in riferimento nel complesso agli artt. 117, quarto e sesto comma, 118, e 117 della Costituzione, in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), nei confronti dell’art. 11 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148.

Alcune Regioni (Emilia-Romagna, Liguria, Umbria e Toscana) censurano la disposizione in questione ravvisando una violazione dell’art. 117, quarto comma, Cost. (nel caso della Sardegna, in combinato disposto con la clausola «di maggior favore» di cui all’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001), in quanto le stesse, nel disciplinare i tirocini formativi e di orientamento non curriculari, dettano una normativa che rientra nella materia di competenza regionale residuale inerente la «istruzione e formazione professionale». Le stesse Regioni lamentano anche la lesione dell’art. 117, quarto comma, Cost. e del principio di leale collaborazione, in quanto l’intervento statale – ove anche si ritenesse riguardante i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali – «non potrebbe consistere nella uniforme e rigida unilaterale determinazione uguale per tutto il territorio nazionale», dovendo, viceversa, sostanziarsi «nella istituzione di una procedura di collaborazione per le singole determinazioni in sede locale». I parametri invocati sarebbero altresì violati in quanto le disposizioni statali, non prevedendo neppure fasi di specificazione ed attuazione, precludono un successivo coinvolgimento delle Regioni.

La Regione Toscana deduce altresì la violazione dell’art. 118 Cost., in quanto la normativa impugnata, non rientrando nella materia di «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali» e non indicando standard minimi, fornisce una minuziosa regolamentazione dell’esercizio della concreta potestà amministrativa.

La Regione Sardegna, infine, impugna specificamente il comma 2 dell’art. 11 il quale, nel prevedere l’applicazione del regolamento di attuazione dell’art. 18 della legge n. 196 del 1997, violerebbe l’art. 117, sesto comma, Cost., che vieta l’adozione di regolamenti statali in materie di competenza regionale.

2.- I giudizi vanno riuniti, avendo ad oggetto la medesima disposizione, ancorché prospettate in riferimento a diversi parametri costituzionali.

3.- I ricorsi sono fondati.

La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che, dopo la riforma costituzionale del 2001, la competenza esclusiva delle Regioni in materia di istruzione e formazione professionale «riguarda la istruzione e la formazione professionale pubbliche che possono essere impartite sia negli istituti scolastici a ciò destinati, sia mediante strutture proprie che le singole Regioni possano approntare in relazione alle peculiarità delle realtà locali, sia in organismi privati con i quali vengano stipulati accordi» (sentenza n. 50 del 2005). Viceversa, la disciplina della formazione interna – ossia quella formazione che i datori di lavoro offrono in ambito aziendale ai propri dipendenti – di per sé non rientra nella menzionata materia, né in altre di competenza regionale; essa, essendo intimamente connessa con il sinallagma contrattuale, attiene all’ordinamento civile, sicché spetta allo Stato stabilire la relativa normativa (sentenza n. 24 del 2007).

La giurisprudenza successiva ha avuto modo di precisare, peraltro, che i due titoli di competenza non sempre appaiono «allo stato puro» (così la sentenza n. 176 del 2010 in relazione al regime dell’apprendistato), ed ha chiarito che il nucleo «di tale competenza, che in linea di principio non può venire sottratto al legislatore regionale (…) – al di fuori del sistema scolastico secondario superiore, universitario e post-universitario – cade sull’addestramento teorico e pratico offerto o prescritto obbligatoriamente (sentenza n. 372 del 1989) al lavoratore o comunque a chi aspiri al lavoro: in tal modo, la sfera di attribuzione legislativa regionale di carattere residuale viene a distinguersi sia dalla competenza concorrente in materia di istruzione (sentenza n. 309 del 2010), sia da quella, anch’essa ripartita, in materia di professioni (art. 117, terzo comma, Cost.), nel quadro della esclusiva potestà statale di dettare le norme generali sull’istruzione (art. 117, secondo comma, lettera n, Cost.)» (così la sentenza n. 108 del 2012).

Il titolo di competenza residuale ora richiamato si applica anche alla Regione Sardegna, in virtù della clausola di maggior favore di cui al citato art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001.

4.- Ora, alla luce del menzionato, costante orientamento di questa Corte, appare evidente che il censurato art. 11 si pone in contrasto con l’art. 117, quarto comma, Cost., poiché va ad invadere un territorio di competenza normativa residuale delle Regioni.

Il comma 1 della disposizione, infatti, interviene a stabilire i requisiti che devono essere posseduti dai soggetti che promuovono i tirocini formativi e di orientamento. La seconda parte del medesimo comma, poi, dispone che, fatta eccezione per una serie di categorie ivi indicate, i tirocini formativi e di orientamento non curricolari non possono avere una durata superiore a sei mesi, proroghe comprese, e possono essere rivolti solo ad una determinata platea di beneficiari. In questo modo, però, la legge statale – pur rinviando, nella citata prima parte del comma 1, ai requisiti «preventivamente determinati dalle normative regionali» – interviene comunque in via diretta in una materia che non ha nulla a che vedere con la formazione aziendale.

D’altra parte, che la normativa in esame costituisca un’indebita invasione dello Stato in una materia di competenza residuale delle Regioni è confermato dal comma 2 del censurato art. 11, il quale stabilisce la diretta applicazione – in caso di inerzia delle Regioni – di una normativa statale, ossia l’art. 18 della legge n. 196 del 1997 – peraltro risalente ad un momento storico antecedente l’entrata in vigore della riforma costituzionale del 2001 – che prevede l’adozione di una disciplina volta a «realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro e di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro, attraverso iniziative di tirocini pratici e stages a favore di soggetti che hanno già assolto l’obbligo scolastico».

5.- Non è, d’altra parte, sostenibile – come vorrebbe la difesa dello Stato – l’inquadramento della disposizione impugnata nel titolo di competenza esclusiva statale previsto dall’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. (livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali).

Nessun rilievo può avere, a tal fine, il titolo della norma («Livelli di tutela essenziali per l’attivazione dei tirocini»), giacché costituisce approdo pacifico nella giurisprudenza di questa Corte il fatto che l’autoqualificazione di una disposizione non vale, di per sé, a rendere effettiva l’esistenza del titolo di competenza ivi richiamato. Inoltre, è principio consolidato che il titolo di competenza costituito dai livelli essenziali delle prestazioni – che non individua una materia in senso stretto, quanto, invece, una competenza del legislatore statale idonea ad investire tutte le materie (sentenza n. 322 del 2009) – «non può essere invocato se non in relazione a specifiche prestazioni delle quali la normativa statale definisca il livello essenziale di erogazione (sentenze n. 383 e n. 285 del 2005), mediante la determinazione dei relativi standard strutturali e qualitativi, da garantire agli aventi diritto su tutto il territorio nazionale in quanto concernenti il soddisfacimento di diritti civili e sociali tutelati dalla Costituzione stessa» (sentenza n. 232 del 2011).

È evidente, invece, che nel caso in esame si è fuori da simile previsione, e ciò a prescindere da ogni valutazione in merito alle finalità perseguite con l’intervento normativo statale.

6.- L’art. 11 del d.l. n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, pertanto, deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo per violazione dell’art. 117, quarto comma, della Costituzione, rimanendo assorbiti gli ulteriori parametri richiamati.

P.Q.M.

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 11 del d.l. n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011.