CORTE D’APPELLO DI TORINO – Ordinanza 01 marzo 2019
Pensioni – Cumulabilità dei redditi da lavoro dipendente e pensione di anzianità – Requisiti di accesso alla pensione di anzianità – Necessità che gli iscritti alle assicurazioni obbligatorie non prestino attività lavorativa subordinata alla data della presentazione della domanda di pensione – Legge 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale), art. 2 (recte: art. 22), primo comma, lettera c)
1. Con ricorso depositato in data 16 dicembre 2016 avanti al Tribunale di Torino, il sig. B.C. ha citato in giudizio l’Inps e, premesso di essere stato dipendente della S. S.p.a. dal 1968, di avere rassegnato le dimissioni con decorrenza 31 dicembre 2007, di aver stipulato con la stessa società un nuovo rapporto di lavoro part-time decorrente dal 7 gennaio 2008 e cessato in data 26 aprile 2012, ha esposto che, a seguito di domanda presentata in data 28 gennaio 2008, l’Inps gli ha corrisposto la pensione di anzianità con decorrenza 1° febbraio 2008; con successiva domanda presentata in data 25 maggio 2012, ha chiesto all’Istituto la liquidazione del supplemento di pensione in ragione del periodo di lavoro prestato tra il 7 gennaio 2008 e il 25 aprile 2012, ma inopinatamente l’Inps, con comunicazioni del 4 aprile 2014 e 6 maggio 2016, ha richiesto la restituzione della somma di euro 278.781,87, a suo dire percepita indebitamente nel periodo 1° febbraio 2008 – 30 giugno 2012 in quanto la pensione di anzianità non spettava “per mancata cessazione dell’attività lavorativa”.
Il ricorrente ha dedotto il suo buon diritto a percepire il citato trattamento pensionistico, cumulabile con i redditi da lavoro, nonché l’illegittimità della richiesta di ripetizione, anche derivante dall’applicabilità dell’art. 13, legge n. 412/91, e ha chiesto in via conclusiva, previo accertamento dell’infondatezza della pretesa dell’Istituto, che il medesimo sia condannato a restituire i ratei di pensione trattenuti dal mese di luglio 2016 e non corrisposti.
L’Inps, costituendosi in giudizio, ha ribadito la legittimità della pretesa di ripetizione, essendo stato corrisposto il trattamento pensionistico in assenza del requisito costitutivo rappresentato dalla condizione di ‘inoccupazioné al momento della presentazione della domanda; per altro verso ha escluso l’applicabilità dell’art. 13, legge n. 412/91, in quanto il ricorrente, con dichiarazione sostitutiva del 18 gennaio 2008, ha attestato falsamente di «avere consensualmente risolto il rapporto di lavoro con decorrenza dal 1° gennaio 2008» (avendo invece iniziato con la S. un nuovo rapporto di lavoro con decorrenza 7 gennaio 2008) e quindi ha ottenuto con dolo il trattamento pensionistico.
Autorizzate le parti al deposito di note difensive, con sentenza n. 1382/2017 del 17 luglio 2017 il tribunale ha respinto le domande proposte con il ricorso compensando le spese di lite.
Con ricorso depositato in data 10 gennaio 2018 ha proposto appello C. B. chiedendone la riforma.
L’Inps, costituendosi in giudizio, ha chiesto la reiezione dell’appello e la conferma della sentenza impugnata.
All’udienza del 18 dicembre 2018 la corte ha rilevato la necessità di trattare l’eventuale rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 22, legge n. 153/69 per contrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione invitando le parti al deposito di note.
All’udienza del 5 febbraio 2019, con l’intervento dei difensori che hanno richiamato le conclusioni, la corte ha trattenuto la causa a riserva sulla questione di legittimità costituzionale.
2. La corte intende sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 22, comma 1, lettera c), legge 30 aprile 1969, n. 153 nella parte in cui prevede, come requisito di accesso alla pensione di anzianità, che gli assicurati «non prestino attività lavorativa subordinata alla data di presentazione della domanda di pensione» e delle norme successive (art. 10, comma 6, decreto legislativo n. 503/92 e art. 1, comma 189, legge n. 662/96) che ribadiscono tale condizione, per contrasto con l’art. 3 della Costituzione sotto il profilo della ragionevolezza.
3. La questione è rilevante.
Come si ricava dalle comunicazioni amministrative inviate al sig. C. e dalle difese prospettate con la comparsa in primo grado e ribadite in appello, l’Inps nega il diritto dell’appellante alla pensione di anzianità sulla base dell’art. 22, comma 1, lettera c), legge n. 153/69 che, fra i requisiti richiesti per l’accesso a tale trattamento pensionistico, richiede che gli assicurati «non prestino attività lavorativa subordinata alla data della presentazione della domanda».
Il requisito è ribadito dall’art. 10, comma 6 del decreto legislativo n. 503/92 e dall’art. 1, comma 189 della legge n. 662/96. La tesi dell’eventuale abrogazione di tali disposizioni per effetto dello sviluppo normativo relativo alla problematica del cumulo tra trattamento pensionistico e redditi da lavoro subordinato ed autonomo (tesi prospettata anche dalla difesa del C. in questo procedimento), è stata esclusa dalla Corte di legittimità, che, con orientamento costante, ritiene che tuttora il requisito dell’inoccupazione abbia natura di elemento costitutivo del diritto alla pensione di anzianità (cfr. Cassazione ord. 19337/18; Cassazione 16789/14; Cassazione 4480/13; Cassazione 4898/12; Cassazione 11935/04; Cassazione 6571/02; Cassazione 6693/96; Cassazione 5965/84).
Nel caso di specie l’assicurato ha presentato la domanda di pensione di anzianità in data 28 gennaio 2008, quando aveva già risolto il precedente rapporto di lavoro con la S. S.p.a. (in data 31 dicembre 2007), ma essendo già in corso con la stessa società, dal 7 gennaio 2008, il nuovo rapporto di lavoro subordinato.
Pertanto, sulla base della normativa proposta per la valutazione di costituzionalità e del “diritto vivente” della Corte di legittimità, non può essere riconosciuto il diritto del sig. C. alla pensione di anzianità, difettando il requisito costitutivo rappresentato dallo stato di “inoccupazione” al momento della presentazione della domanda.
4. La questione non è manifestamente infondata con riferimento al parametro della “ragionevolezza” di cui all’art. 3 della Costituzione.
Le disposizioni che richiedono lo stato di “inoccupazione” al momento della presentazione della domanda di pensione rispondevano alla ratio di “manifestare” lo stato di bisogno dell’assicurato (cfr. la citata giurisprudenza della Corte di legittimità) ed erano state introdotte nell’ordinamento in epoca in cui era previsto un rigido divieto di cumulo tra il trattamento di anzianità e le retribuzioni derivanti da rapporti di lavoro subordinato (art. 22, comma 7, legge n. 153/69 e art. 10, comma 6, decreto legislativo n. 503/92).
Tuttavia, in ordine alla questione del ‘cumulò sono intervenuti nel corso degli anni molteplici interventi normativi che hanno determinato un quadro radicalmente mutato.
Se infatti con la legge n. 662/96 (art. 1, commi 185 e sgg.) l’intendimento del legislatore pare ancora orientato nel senso del divieto di cumulo, a partire dalla legge n. 388/2000 (art. 72, comma 1) vengono introdotte le disposizioni che progressivamente approdano alla previsione di totale cumulabilità delle pensioni dirette di anzianità a carico dell’AGO con i redditi da lavoro dipendente (cfr. art. 44, legge n. 289/02 e art. 19 decreto-legge n. 112/08, convertito in legge n. 133/08). L’incidenza di tale evoluzione normativa rispetto al requisito dell’inoccupazione al momento della presentazione della domanda di pensione è reso evidente dalla disamina della concreta fattispecie di cui è causa.
Come si è detto, il sig. C. ha risolto il rapporto di lavoro subordinato con la S. S.p.a. con decorrenza 31 dicembre 2007 ed in data 3 gennaio 2008 e con decorrenza 7 gennaio 2008 ha instaurato con la stessa società un nuovo rapporto di lavoro subordinato part-time.
Alla data del 31 dicembre 2007 il sig. C. aveva 60 anni di età e poteva contare su 2080 contributi settimanali, e quindi, ex art. 44, comma 1, legge n. 289/2002, aveva maturato una posizione contributiva tale da poter fruire del regime di totale cumulabilità tra redditi da lavoro dipendente e pensione di anzianità.
Ne deriva, come dato pacifico, che se avesse presentato la domanda di pensione nell’intervallo temporale, anche minimo, tra la risoluzione del precedente rapporto di lavoro con la S. e l’instaurazione del successivo, l’Inps avrebbe riconosciuto il diritto alla pensione di anzianità e l’assicurato avrebbe potuto fruire del regime di totale cumulabilità.
In tale quadro appare ormai priva di ragionevolezza, e non rispondente ai canoni di cui all’art. 3 della Costituzione, la permanenza del requisito dello stato di `inoccupazioné al momento della presentazione della domanda di prestazione, non essendo più sorrette, le previsioni normative che richiedono tale requisito, dalla ratio consistente nello stato di bisogno che giustifica l’erogazione del trattamento.
P.Q.M.
Visto l’art. 23, legge n. 87/1953,
Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera c), legge n. 153/69 nella parte in cui prevede che gli iscritti alle assicurazioni obbligatorie per la invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti abbiano diritto alla pensione di anzianità a condizione che « non prestino attività lavorativa subordinata alla data della presentazione della domanda di pensione» e delle norme successive (art. 10, comma 6, decreto legislativo n. 503/92 e art. 1, comma 189, legge n. 662/96) che ribadiscono tale condizione, in relazione all’art. 3 della Costituzione;
Sospende il giudizio in corso;
Ordina a cura della cancelleria che la presente ordinanza e gli atti vengano trasmessi alla Corte costituzionale, che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai presidenti delle due Camere del Parlamento.
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