CORTE DEI CONTI – Ordinanza 05 aprile 2017
Previdenza e assistenza – Determinazione delle aliquote del contributo di solidarietà sui trattamenti pensionistici di importo superiore a 50.000,00 euro erogati dal Fondo pensioni Sicilia, nonché dagli enti di cui all’articolo 1 della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10 – Destinazione dei risparmi derivanti dalle misure di contenimento della spesa adottate sulla base dei principi di cui all’articolo 1, comma 486, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 dagli organi costituzionali, dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano. – Legge della Regione Siciliana 12 agosto 2014, n. 211 [recte: 21] (Assestamento del bilancio della Regione per l’anno finanziario 2014. Variazioni al bilancio di previsione della Regione per l’esercizio finanziario 2014 e modifiche alla legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5 “Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2014. Legge di stabilità regionale”. Disposizioni varie), art. 22, comma 1; e, “per quanto occorra”, legge 278 [recte: 27] dicembre 2013, n. 147 (“Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2014)”), art. 1, comma 487.
Premesso
1. Il ricorrente, titolare di pensione ordinaria diretta dal 30 dicembre 2008, giusta il D.D.S. n. 10356 del 21 novembre 2008, soggetta anche al contributo di solidarietà previsto dall’art. 1, comma 486, della legge statale 27 dicembre 2013, n. 147, con il libello introduttivo del presente giudizio chiedeva: che il suddetto trattamento di quiescenza ordinario in godimento non fosse sottoposto al prelievo di cui all’art. 22 della legge regionale 12 agosto 2014, n. 21; di condannare le parti resistenti, ciascuna per la propria sfera di competenza, ed in particolare il Fondo Pensioni Sicilia, nella qualità di liquidatore del trattamento pensionistico, alla restituzione di quanto trattenuto a titolo di contributo di solidarietà, con interessi legali e rivalutazione monetaria; nel caso in cui questa Corte non avesse disposto la condanna, di rimettere gli atti alla Corte costituzionale per la pronuncia «sulla costituzionalità delle disposizioni istitutive del predetto contributo (art. 22 della legge regionale n. 21 del 2014 anche in relazione al precedente articolo 21, comma 2, lettera b), per contrasto con gli articoli 2, 3, 23, 53, 117, 119, comma 2 della Costituzione, per avere la Regione siciliana esorbitato dalle sue competenze attribuite dallo Statuto e, in esito al giudizio di costituzionalità, … disporre il rimborso automatico degli importi trattenuti dalla pensione …».
1.1. Parte attrice lamentava che l’art. 22 della legge regionale n. 21 del 2014 fosse in contrasto con l’art. 23 della Costituzione per violazione dei limiti della potestà legislativa riconosciuta in materia tributaria alle regioni, con violazione anche degli articoli 117 e 119, comma 2.
In particolare, sosteneva che il legislatore regionale, con l’introduzione del citato contributo avesse esteso la platea dei soggetti destinatari dell’art. 1, comma 486, della legge statale n. 147 del 2013, esercitando così la propria potestà legislativa esclusiva al di fuori delle ipotesi previste dall’art. 117 della Costituzione e degli articoli 4 e 17 dello statuto regionale; alle stesse conclusioni giungeva nel caso in cui si fosse ritenuto che il legislatore regionale avesse esercitato la competenza «c.d. residuale prevista dall’art. 36 dello Statuto e dall’art. 2 delle norme di attuazione, che si riferisce ad ipotesi concettualmente estranee a quella attuale e che, in ogni caso incontra il limite del sistema tributario dello Stato», non potendo ritenere le disposizioni contenute nell’art. 1, comma 486, della legge statale n. 147 del 2013 «come legge-quadro che ha voluto lasciare alla Regione siciliana l’esplicazione della sua potestà legislativa ripartita o concorrente».
Infine, richiamava il comma 2 dell’art. 119 della Costituzione, secondo il quale «l’esercizio della potestà tributaria degli enti locali debba svolgersi in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», così come previsto dal comma 3 dell’art. 117 «in tema di esercizio della potestà legislativa concorrente in campo tributario»; sul punto, nel menzionare l’art. 23 della Costituzione, richiamava le sentenze della Corte costituzionale n. 37 del 2004 e n. 241 del 2004 secondo le quali «”non è ammissibile, in materia tributaria, una piena esplicazione di potestà regionali autonome in carenza della fondamentale legislazione di coordinamento dettata dal Parlamento nazionale” e pertanto “si deve tuttora ritenere preclusa alle regioni (se non nei limiti ad esse già espressamente riconosciuti dalla legge statale) la potestà di legiferare su tributi esistenti, istituiti e regolati dalla legge statale”».
1.2. Il ricorrente lamentava, inoltre, la violazione del principio di solidarietà (art. 2 della Costituzione) e di eguaglianza e ragionevolezza (art. 3 della Costituzione) nonché del principio della capacità contributiva (art. 53 della Costituzione).
In particolare, sosteneva che la norma censurata fosse in contrasto con i principi contenuti nella sentenza n. 116 del 2013 della Corte costituzionale secondo la quale i «redditi da pensione non hanno una natura diversa rispetto agli altri redditi, ai fini dell’osservanza dell’art. 53 Cost.» e a tale scopo il ricorrente richiamava anche le «attuali disposizioni in materia di perequazione delle pensioni che limitano pesantemente il recupero del potere di acquisto ( … ) infliggendo una ulteriore pesante decurtazione del trattamento economico complessivo dei pensionati superiore a tre volte il trattamento minimo I.N.P.S.».
Richiamava, poi, il principio di uguaglianza, sostenendo che il contributo di solidarietà censurato gravasse solo sui pensionati regionali in modo irragionevole, pensionati che, come lui stesso, erano soggetti anche al contributo di solidarietà statale di cui all’art. 1, comma 486, della legge n. 147 del 2013, con conseguente ulteriore discriminazione poiché una analoga misura non era prevista, a parità di reddito, per tutti gli altri pensionati.
3. All’udienza del 27 gennaio 2016, il decidente, constatato che il ricorso era stato notificato al Fondo Pensioni Sicilia presso l’Avvocatura dello Stato che non poteva ritenersi domiciliataria ex lege ai sensi del comma 1 dell’art. 144 del codice di procedura civile – non essendo tale disposto normativa richiamato dal D.C.P.M. del 25 ottobre 2001 di estensione del patrocinio al Fondo Pensioni a differenza del comma 2 dell’art. 1 del decreto legislativo n. 142 del 1948 che, richiamano l’art. 144 del codice di procedura civile, aveva esteso il patrocinio alla Regione siciliana – ordinava la rinotifica del suddetto ricorso presso la sede legale.
Il ricorrente provvedeva e depositava, in data 22 febbraio 2016, il ricorso notificato.
3. Il Fondo Pensioni Sicilia si costituiva in giudizio con memoria depositata in data 7 luglio 2016, chiedendo il rigetto del ricorso; in particolare, sosteneva che la questione di costituzionalità prospettata fosse dichiarata manifestamente infondata, tenuto conto della natura non tributaria del contributo di solidarietà cui all’art. 22 della legge regionale n. 21 del 2014; la norma in questione, infatti, si inseriva «in perfetta armonia con i principi fondamentali dello Stato volti a far fronte alle nascenti nuove e ben note gravi emergenze del contesto socio-economico, sia a livello statale che regionale»; aggiungeva che dal richiamo operato all’art. 1, comma 486, della legge n. 147 del 2013 era possibile desumere il connotato non tributario del contributo di solidarietà regionale al pari di quello statale; del resto, il commissario dello Stato aveva impugnato innanzi al giudice delle leggi solo il comma 3 del citato art. 22 e non anche la restante parte della disposizione normativa in questione che doveva ritenersi pertanto conforme a Costituzione.
4. Il decidente, con ordinanza istruttoria n. 135/2016, disponeva l’acquisizione di chiarimenti a carico del Fondo Pensioni Sicilia circa la concreta destinazione data al contributo di cui all’art. 22 della legge regionale n. 21 del 2014, indicando se vi fosse anche una differenziazione, quanto alla destinazione, tra il contributo previsto dal comma 1 e quello di cui al comma 2.
5. Il Fondo Pensioni Sicilia depositava, in data 8 settembre 2016, una nota nella quale riferiva che, «in applicazione della legge n. 147/2013, art. 1 comma 486, e della legge regionale n. 21/2014 art. 22», aveva operato «le trattenute del contributo di solidarietà ivi previste e secondo le rispettive decorrenze», somme che erano state accantonate «su propri conti di tesoreria distinti ai sensi dell’art. 15, commi 7 e 8, legge regionale n. 6/2009 per tipologia di trattamento pensionistico», ovverosia a secondo che fosse stato liquidato ai sensi dei commi 2 e 3 dell’art. 10 della legge regionale n. 21 del 1986 (cosiddetto contratto 1) oppure ai sensi del comma 1 dell’art. 10 della citata legge regionale (cosiddetto contratto 2); per quanto riguardava il contributo di cui alle pensioni del «contratto 1», non avendo ricevuto alcuna indicazione da parte dell’Assessorato regionale all’economia «circa il versamento in entrata al bilancio della Regione siciliana», ne disponeva – tenuto conto della sopraggiunta nota prot. n. 1381 del 13 gennaio 2016 con la quale l’Assessorato modificava «le modalità di contabilizzazione della spesa per le pensioni» – l’accantonamento «nella spesa complessiva pensionistica» in attesa dell’esito dei contenzioni in atto; concludeva che «le somme trattenute a titolo di contributo di solidarietà» concorrevano «al finanziamento dello stesso sistema previdenziale, conformemente a quanto rilevato, per altro analogo contributo, dal giudice costituzionale con ordinanza n. 22/2003, ed in coerenza con l’impugnativa del comma 3 dell’art. 22 della legge regionale n. 21/2014 operata dal Commissario dello Stato».
6. Il giudice, con ulteriore ordinanza n. 22/2017, constatato che la precedente ordinanza n. 135/2016 era stata solo parzialmente eseguita, ordinava al Fondo Pensioni di chiarire la destinazione data alle somme trattenute per il contributo di cui al comma 2 dell’art. 22 della legge regionale n. 21 del 2014 che richiamava l’art. 1, comma 486, della legge statale n. 147 del 2013.
7. Il Fondo Pensioni, nella nota depositata in data 16 febbraio 2017, esponeva testualmente quanto segue: «Si premette che questo Fondo ha dato prima applicazione al contributo di solidarietà di cui all’art. 1, comma 486, legge n. 147/2013, e poi all’art. 22 di cui alla legge regionale n. 21/2014, considerando quest’ultima norma una sorta di integrazione della norma statale immediatamente applicata nell’ordinamento regionale. Infatti, il legislatore regionale interfaccia la norma con quella statale già applicata ed ivi confermata, introducendo, al fine di ampliarne la portata, due fasce di reddito pensionistico d’importo inferiore rispetto a quelle previste dalla norma statale, da assoggettare ulteriormente ad aliquote contributive.
La Regione siciliana ha in carico due gestioni obbligatorie per quanto previsto rispettivamente dai commi 2 e 3 dell’articolo 10 della legge regionale n. 21/1986, ed al comma 1 dello stesso. Per forma di finanziamento l’una fa capo direttamente alla Regione siciliana l’altra fa capo a questo Fondo Pensioni in Sicilia, quale ente strumentale.
Il contributo previsto dal comma 486, articolo 1, legge n. 147/2013, opera a favore delle gestioni previdenziali obbligatorie e le somme trattenute vengono acquisite dalle competenti gestioni previdenziali.
In tal senso, ad integrazione nella risposta purtroppo parziale fornita a riscontro della pregressa ordinanza questo Fondo non ha dubbi circa il fatto che il contributo di solidarietà statale debba essere acquisito dalle proprie competenti gestioni previdenziali regionali.
Tale interpretazione, d’altra parte, trae conferma indirettamente anche dal fatto che la Regione siciliana ha impugnato davanti al giudice costituzionale non il comma 486, ma il comma 487 dell’articolo 1, legge n. 147/2013 ( … ) Si comunica che è in itinere il versamento in entrata nel bilancio della Regione siciliana della somma accantonata pari ad € 4.788.018, originata dalla applicazione del contributo sia statale che regionale.
Corrispondentemente, questo Fondo quale gestione previdenziale competente, ha incamerato la somma originata dall’applicazione del contributo sia statale sia regionale ai pensionati a proprio carico».
8. All’udienza del 22 marzo 2017, i difensori delle parti reiteravano le conclusioni di cui ai propri scritti difensivi.
9. Il decidente, ritenuto di non potere riconoscere il diritto del ricorrente all’erogazione della pensione in godimento senza le decurtazioni di cui all’art. 22 della legge regionale n. 21 del 2014, si riservava la decisione circa la prospettata questione di costituzionalità.
Considerato
1. Il ricorrente, già dipendente della Regione siciliana, collocato in quiescenza a decorrere dal 30 dicembre 2008, giusta il D.D.S. n. 10356 del 21 novembre 2008, è titolare di pensione diretta ordinaria erogata dal Fondo Pensioni Sicilia (cosiddetto «contratto 1»), soggetta al contributo di solidarietà di cui al combinato disposto del comma 486 dell’art. 1 della legge statale 27 dicembre 2013, n. 147, con il comma 2 dell’art. 22 della legge regionale 12 agosto 2014, n. 21, nonché al contributo di solidarietà di cui al comma 1 dell’art. 22 della citata legge regionale, come evincibile dal cedolino del mese di settembre 2014 in atti; di quest’ultima disposizione ne denuncia, sotto diversi profili, l’illegittimità costituzionale e chiede di sollevare la relativa questione al giudice delle leggi.
2. Ad avviso di questa Corte, la questione prospettata risulta rilevante ai fini del decidere, ricorrendo così il requisito previsto dall’art. 23, comma 2, della legge 11 marzo 1953, n. 87, per l’impossibilità di delibare la domanda attorea indipendentemente dalla risoluzione della questione di costituzionalità dell’art. 22, comma 1, della citata legge regionale 12 agosto 2014, n. 21, poiché parte attrice chiede che la pensione in godimento sia erogata senza le decurtazioni ivi previste.
3. La questione di costituzionalità prospettata è, altresì, non manifestamente infondata per le argomentazioni, in parte differenti da quelle prospettate dal ricorrente, che in prosieguo si esporranno.
4. Preliminarmente, è necessario ricostruire il quadro normativa di riferimento, delineando dapprima quello statale e poi quello regionale.
4.1. L’art. 1, comma 486, della legge statale 27 dicembre 2013, n. 147, stabilisce: «A decorrere da/1° gennaio 2014 e per un periodo di tre anni, sugli importi dei trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie complessivamente superiori a quattordici volte il trattamento minimo INPS, è dovuto un contributo di solidarietà a favore delle gestioni previdenziali obbligatorie, pari al 6 per cento della parte eccedente il predetto importo lordo annuo fino all’importo lordo annuo di venti volte il trattamento minimo INPS, nonché pari al 12 per cento per la parte eccedente l’importo lordo annuo di venti volte il trattamento minimo INPS e al 18 per cento per la parte eccedente l’importo lordo annuo di trenta volte il trattamento minimo INPS (…) Le somme trattenute vengono acquisite dalle competenti gestioni previdenziali obbligatorie, anche al fine di concorrere al finanziamento degli interventi di cui al comma 191 del presente articolo».
Tale disposizione normativa è stata ritenuta conforme ai dettati costituzionali con la sentenza n. 173 del 2016 di codesta Corte.
Il successivo comma 487 prevede: «I risparmi derivanti dalle misure di contenimento della spesa adottate, sulla base dei principi di cui al comma 486, dagli organi costituzionali, dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, nell’esercizio della propria autonomia, anche in riferimento ai vitalizi previsti per coloro che hanno ricoperto funzioni pubbliche elettive, sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere destinati al Fondo di cui al comma 48» (Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese).
Tale norma è stata impugnata, unitamente al comma 486, dalla Commissione giurisdizionale per il personale della Camera dei deputati, la cui udienza di discussione è stata fissata al 26 settembre 2017.
4.2. L’art. 22 della legge regionale 12 agosto 2014, n. 21, recita:
comma 1 – «A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino al 31 dicembre 2016 per i trattamenti pensionistici superiori a euro 50.000,00 erogati dal Fondo pensioni Sicilia, nonché dagli enti di cui all’articolo 1 della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10 e successive modifiche ed integrazioni qualora a carico dei rispettivi bilanci, il contributo di solidarietà introdotto dall’articolo 1, comma 486, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 e successive modifiche e integrazioni è dovuto nelle aliquote pari a:
a) 5 per cento per la parte eccedente l’importo annuo di euro 50.000,00 e fino all’importo annuo pari a euro 65.179,40;
b) 5,50 per cento per la parte eccedente il precedente importo annuo e fino all’importo annuo pari a euro 91.251, 16»;
comma 2 «Resta ferma l’applicazione dell’articolo 1, comma 486, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 e successive modifiche ed integrazioni»;
comma 3 omesso in quanto impugnato dal commissario dello Stato con ricorso n. 62 del 18 agosto 2014, dichiarato improcedibile da codesta Corte con ordinanza n. 204/2015; la citata disposizione prevedeva che i risparmi derivanti dalle misure di contenimento dell’introduzione del suddetto contributo di solidarietà fossero versati nel bilancio della Regione e destinati a finanziare gli interventi sociali previsti dall’art. 21.
Il commissario dello Stato ha ritenuto che l’introduzione di detto comma fosse in contrasto con i principi contenuti nella sentenza n. 116 del 2013 poiché il contributo di solidarietà non sarebbe stato già connotato dall’intento solidaristico e perequativo finalizzato al riequilibrio della gestione previdenziale, ma avrebbe assunto natura di uno speciale prelievo tributario, esorbitando dalle competenze attribuite alla Regione siciliana dall’art. 36 dello Statuto e ponendosi in violazione con gli articoli 3 e 53 della Costituzione per l’ingiustificata limitazione dei soggetti passivi su cui gravava (i pensionati regionali).
L’art. 21 della citata legge regionale n. 21 del 2014 rubricato «Rifinanziamento degli interventi di cui al capo Il del titolo V della legge regionale 12 maggio 2010, n. 11» prevede:
comma 1 «Per le finalità di cui agli articoli 53 e seguenti del capo II del titolo V della legge regionale 12 maggio 2010, n. 11, è autorizzata, per l’anno 2014, la spesa di 15.000 migliaia di euro»;
comma 2 «Per le finalità di cui al comma 1 sono altresì destinate le somme derivanti:
b) dalle entrate derivanti dall’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 22»;
comma 3 «La spesa autorizzata dai commi 1 e 2 è destinata, nella misura del 50 per cento, alle assunzioni di lavoratori svantaggiati, molto svantaggiati o disabili con età superiore ad anni 34 e per il restante 50 per cento alle assunzioni di lavoratori svantaggiati, molto svantaggiati o disabili con età inferiore ad anni 34».
In base all’intreccio dell’art. 22, comma 1, con l’art. 21, comma 2, lettera b), deriva che le entrate derivanti dal contributo di solidarietà gravante sulle pensioni regionali siano utilizzate unitamente alle risorse stanziate al comma 1 del citato art. 21, per finanziare «il credito di imposta regionale per l’incremento dell’occupazione» a favore dei datori di lavoro che effettuino nel territorio della Regione nuove assunzioni di lavoratori svantaggiati, molto svantaggiati e disabili.
A fronte di tale situazione, questo decidente, con ordinanza n. 135 del 2016 e con ordinanza n. 22 del 2017, ha chiesto al Fondo Pensioni Sicilia, ente che eroga il trattamento di quiescenza ed effettua il prelievo del contributo di solidarietà in questione, la destinazione data in concreto a tali somme.
Il Fondo Pensioni, con la nota depositata in data 8 settembre 2016 e con la nota depositata in data 16 febbraio 2017, ha puntualizzato che le somme riscosse per effetto del contributo «regionale» di cui 1 (oggetto del presente giudizio) che del contributo «statale» di cui al comma 2 dell’art. 22 della legge regionale n. 21 del 2014 non sono state versate al bilancio dello Stato ma sono state dal Fondo stesso incamerate (si rinvia al contenuto delle citate note per le modalità applicative già esposte in premessa).
4.3. In base al quadro normativa su esposto, si evince che la Regione siciliana ha ampliato la platea dei pensionati colpiti dal contributo di solidarietà di cui al comma 486 dell’art. 1 della legge statale n. 147 del 2013, introducendo il contributo di cui al comma 1 dell’art. 22 della legge regionale n. 21 del 2014 (definito dal Fondo Pensioni «regionale»), ha confermato il contributo «statale» con il comma 2 del citato art. 22, ha trattenuto tutte le somme riscosse senza versarle all’entrata del bilancio dello Stato, come invece previsto dal comma 487 della legge statale n. 147 del 2013.
5. Orbene, a parere del decidente, l’art. 22, comma 1, della legge regionale 12 agosto 2014, n. 21 , e per quanto occorra l’art. 1, comma 487, della legge statale 27 dicembre 2013, n. 147, sono in contrasto con gli articoli 2, 3 e 53 della Costituzione e – solo la prima disposizione normativa – anche con l’art. 36 dello Statuto regionale.
5.1. Innanzitutto, a differenza di quanto sostenuto dal Fondo Pensioni, nella memoria di costituzione depositata in data 7 luglio 2016 e nella nota depositata in data 8 settembre 2016, la lettera b), comma 2, dell’art. 21 della legge regionale n. 21 del 2014 che prevede l’utilizzo delle entrate derivanti dal contributo di solidarietà per rifinanziare, per l’anno 2014, gli interventi di cui all’art. 53 della legge regionale n. 11 del 2010, estranei al circuito previdenziale, è pienamente vigente poiché riproduce in via autonoma il contenuto di cui al comma 3 del successivo art. 22, omesso nel testo pubblicato nella Gazzetta Ufficiale per l’impugnativa del commissario dello Stato.
Codesta Corte ha sempre invitato i giudici, prima di sollevare una questione di costituzionalità, a cercare un’interpretazione della norma conforme a costituzione; nel caso in esame, però, a fronte dell’introduzione del contributo di solidarietà con la previsione del suo utilizzo per finalità sociali per espressa disposizione di una norma vigente, segnatamente la lettera b) del comma 2 dell’art. 21 della legge regionale n. 21 del 2014, il decidente dovrebbe del tutto ignorare quest’ultima norma, il cui contenuto precettivotra l’altro non sarebbe passibile di alcuna incertezza, per dare una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 22, senza potere imporre tra l’altro, per la natura di rigetto del ricorso che dovrebbe assumere la decisione, alcun vincolo concreto al Fondo Pensioni Sicilia.
Né una tale lettura costituzionalmente orientata potrebbe essere fatta alla luce del comportamento materiale posto in essere dal Fondo Pensioni che ha dichiarato di accantonare le somme del contributo in questione per utilizzarle, esclusivamente, all’interno del sistema previdenziale regionale e non per finalità sociali poiché trattasi di semplice dichiarazione che non impedisce in qualsiasi momento un comportamento diverso; tale diverso comportamento, infatti, per le ragioni sopra esposte, non solo non è vietato dalla legge ma anzi è espressamente autorizzato.
Del resto, anche a volere ritenere che l’art. 21, comma 2, lettera b) della citata legge regionale n. 21 del 2014 sia divenuto inoperante per effetto dell’espunzione del comma 3 dall’art. 22, troverebbe applicazione il comma 487 dell’art. 1 della legge statale n. 147 del 2013 secondo il quale «i risparmi derivanti dalle misure di contenimento della spesa adottate, sulla base dei principi di cui al comma 486 ( … ) dalle regioni ( … ) sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere destinati al Fondo di cui al comma 48» (con esclusione quindi di qualsiasi finalità solidaristica all’interno del circuito previdenziale), norma che il Fondo Pensioni Sicilia non ha rispettato, in attesa tra l’altro dell’impugnativa operata dalla Regione stessa.
Ne consegue che il contributo in questione, non essendo utilizzabile per espressa previsione normativa all’interno del solo circuito previdenziale (art. 21, comma 2 della legge regionale n. 21 del 2014 e art. 1, comma 487 della legge statale n. 147 del 2013), si pone in contrasto con i principi contenuti nella sentenza n. 116 del 2013 di codesta Corte, caratterizzandosi come un mascherato prelievo tributario gravante, in modo irragionevole e discriminatorio, solo su una categoria di cittadini, i pensionati regionali, che vedrebbero le loro pensioni decurtate per finanziare interventi solidaristici sociali, con violazione degli articoli 2, 3 e 53 della Costituzione nonché dell’art. 36 dello Statuto regionale, approvato con regio decreto legge 15 maggio 1946, n. 555, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, che non attribuisce alla Regione siciliana una tale competenza in materia.
5.2. L’art. 22, comma 1, della legge regionale 12 agosto 2014, n. 21 , si presenta in contrasto con gli articoli 2 e 3 della Costituzione sotto un diverso profilo nonché con i successivi articoli 36 e 38.
Anche a volere accedere all’opzione ermeneutica secondo la quale la suddetta disposizione normativa – per effetto dell’omessa pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del comma 3 che imponeva l’utilizzo dei relativi risparmi, previo versamento al bilancio della Regione, per finanziare gli interventi sociali – non assuma natura tributaria (non potendo trovare applicazione da un lato il comma 2, lettera b) del precedente art. 21 e dall’atro il comma 487 dell’art. 1 della legge statale n. 147 del 2013), rientrando tra le prestazioni imposte di cui all’art. 23 della Costituzione, sarebbe comunque irragionevole.
Il comma 2 del citato art. 22 prevede: «Resta ferma l’applicazione dell’articolo 1, comma 486, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 e successive modifiche ed integrazioni».
La pensione del ricorrente, pertanto, come risulta dal cedolino versato in atti, è sottoposta sia al contributo di cui al comma 1 del citato art. 22 della legge regionale n. 21 del 2014 per l’importo annuo inferiore a € 91.251,16 (con le diverse aliquote del 5 e del 5,50 per cento), sia al contributo di cui al comma 2 (con le diverse aliquote ivi previste del 6, del 12 e del 18 per cento) per l’importo superiore.
Codesta Corte, con la sentenza n. 173 del 2016, ha dichiarato conforme a Costituzione il contributo previsto dall’art. 486 della legge statale n. 147 del 2013, trattandosi di «un prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali imposte per legge, di cui all’art. 23 Cost., avente la finalità di contribuire agli oneri finanziari del sistema previdenziale».
Le suddette pregevoli argomentazioni vengono di seguito riportate nei loro tratti salienti: «in linea di principio, il contributo di solidarietà sulle pensioni può ritenersi misura consentita al legislatore ove la stessa non ecceda i limiti entro i quali è necessariamente costretta in forza del combinato operare dei principi, appunto, di ragionevolezza, di affidamento e della tutela previdenziale (articoli 3 e 38 Cost.), il cui rispetto è oggetto di uno scrutinio “stretto” di costituzionalità, che impone un grado di ragionevolezza complessiva ben più elevato di quello che, di norma, è affidato alla mancanza di arbitrarietà»; anche in una situazione di grave crisi del sistema previdenziale «un contributo sulle pensioni costituisce, però, una misura del tutto eccezionale, nel senso che non può essere ripetitivo e tradursi in un meccanismo di alimentazione del sistema di previdenza»; pertanto, «il prelievo, per essere solidale e ragionevole, e non infrangere la garanzia costituzionale dell’art. 38 Cost. (agganciata anche all’art. 36 Cost., ma non in modo indefettibile e strettamente proporzionale: sentenza n. 116 del 2010), non può, altresì, che incidere sulle “pensioni più elevate”»; «inoltre, l’incidenza sulle pensioni (ancorché) “più elevate” deve essere contenuta in limiti di sostenibilità e non superare livelli apprezzabili: per cui, le aliquote di prelievo non possono essere eccessive e devono rispettare il principio di proporzionalità, che è esso stesso criterio, in sé, di ragionevolezza della misura».
Nella citata sentenza n. 173 del 2016, codesta Corte ha concluso che le condizioni di cui sopra «appaiono, sia pure al limite, rispettate» con l’art. 1, comma 486, della legge statale n. 147 del 2013.
Alcune delle condizioni sopra enucleate affinché un contributo di solidarietà possa superare lo «stretto» scrutinio di costituzionalità degli articoli 3 e 38 («operare all’interno del complessivo sistema della previdenza; essere imposto dalla crisi contingente e grave del predetto sistema; incidere sulle pensioni più elevate …; presentarsi come prelievo sostenibile; rispettare il principio di proporzionalità; essere comunque utilizzato come misura una tantum») non si riscontrano, a parere del remittente, in quello previsto dall’art. 22 della legge regionale n. 21 del 2014 per effetto della doppia imposizione.
Orbene, a parità di reddito pensionabile, i pensionati regionali, a differenza degli altri pensionati sui quali gravano solo le aliquote del contributo di cui all’art. 1, comma 486, della legge statale n. 147 del 2013, subiscono un’altra decurtazione, avente la stessa natura e finalità, che assume il carattere della irragionevolezza, con violazione degli articoli 3 e 38 della Costituzione, sia perché investe solo una limitata categoria di pensionati, sia perché viene a gravare, per via delle fasce di reddito più basse, in misura maggiore sugli stessi; deve tenersi conto, infatti, che «il trattamento pensionistico ordinario ha natura di retribuzione differita» (sentenza n. 116 del 2013), poggiando sull’art. 36 della Costituzione, e che verrebbe ad essere lesa «la garanzia del legittimo affidamento nella sicurezza giuridica» non adeguatamente bilanciata «con altri valori costituzionalmente rilevanti» (sentenza n. 173 del 2016).
Né si può ritenere che tale contributo sia ragionevole per il solo fatto che i pensionati regionali si trovino, dal punto di vista previdenziale, in una situazione differente dagli altri pensionati perché entrambi i contributi, come sopra esposto, hanno la stessa finalità solidaristica all’interno del circuito previdenziale e sono parametrati, esclusivamente, per fasce di reddito.
Occorre precisare che nella citata sentenza n. 173 del 2016 codesta Corte ha escluso la violazione dell’art. 3 della Costituzione «in riferimento al tertium rappresentato dal comma 487 della stessa legge 147 del 2013 e, per il suo tramite dalla legislazione siciliana», nella specie proprio l’art. 22 della legge n. 21 del 2014, perché era evocato «(il comma 487) non idoneo a radicare un giudizio di eguaglianza, concernendo questo le misure di risparmio di spesa rimesse all’autonomia di organi costituzionali e di Regioni ad autonomia speciale rispetto a soggetti che non fanno parte del circuito della previdenza obbligatoria (in particolare, per ciò che concerne la Regione siciliana opera il Fondo di quiescenza di cui alla legge regionale 14 maggio 2009, n. 6, recante: «Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2009») e, dunque, non suscettibile di raffronto con i pensionati di cui al comma 486».
Tale passaggio motivazionale non può ritenersi, ad avviso del decidente, in alcun modo ostativo allo scrutinio di costituzionalità, in questa sede, del suddetto art. 22 poiché quest’ultima disposizione non è stata oggetto di alcuna pronuncia; parimenti, non può neanche fungere da presupposto per giustificare, opina sempre il remittente, l’esistenza di una diversità di posizioni tra di loro non comparabili poiché nella citata sentenza non emerge la circostanza in verità pregnante che il pensionato regionale è sottoposto sia alle aliquote di cui al comma 486 dell’art. 1 della legge statale n. 147 del 2013 per effetto del comma 2 dell’art. 22 della legge regionale n. 21 del 2014 sia alle aliquote di cui al comma 1.
Per quanto suesposto, riservata ogni altra decisione all’esito del giudizio innanzi alla Consulta, deve essere conseguentemente disposta la remissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 134 della Costituzione, dell’art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e dell’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
P.Q.M.
In composizione monocratica del giudice unico per le pensioni, non definitivamente pronunciando:
dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 22, comma 1, della legge regionale siciliana 12 agosto 2014, n. 211, e per quanto occorra del comma 487 dell’art. 1 della legge statale 27 dicembre 2013, n. 147, per contrasto con gli articoli 2, 3, 36 e 38 della Costituzione e con l’art. 36 dello Statuto regionale (per la sola legge regionale), secondo quanto specificato in motivazione;
sospende il giudizio in corso in attesa della pronuncia della Corte costituzionale;
ordina alla Segreteria di notificare la presente ordinanza alle parti in causa, al Presidente del Consiglio dei ministri e al Presidente della Giunta regionale della Regione siciliana e nonché di darne comunicazione al Presidente del Senato della Repubblica, al Presidente della Camera dei deputati e Presidente del Consiglio regionale della Regione siciliana;
ordina alla Segreteria di trasmettere gli atti, unitamente alla prova delle notificazioni e comunicazioni di cui sopra, alla Corte costituzionale.
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