Corte di Appello di Ancona sentenza n. 436 depositata il 13 febbraio 2018
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNIO MORTALE – DIPENDENTE DELLA POLIZIA DI STATO – BENEFICI PER LE VITTIME DEL DOVERE
IN FATTO ED IN DIRITTO
Il Ministero dell’Interno ha proposto appello avverso la sentenza del Tribunale di Fermo sopra riportata che ha accolto la domanda di Ol. Ma. e Ia. Ve., rispettivamente vedova e orfana di Ia. Do., Assistente Capo della Polizia di Stato deceduto in data 7.07.2001, volta ad ottenere i benefici economici previsti per le vittime del dovere. Secondo il primo giudice, tenuto conto della accertata causa della morte dello Ia., avvenuta in seguito alle complicazioni mediche conseguenti all’incidente occorsogli mentre si trovava all’inseguimento di un latitante, quindi, durante l’espletamento di servizio diretto a contrastare l’attività criminale, il diritto delle ricorrenti, quali eredi del de cuius, sarebbe sancito dalle disposizioni di cui all’art.1, commi 562, 563, 564 e 565, della legge n.266 del 2005.
L’appellante lamenta l’erroneità della sentenza di prime cure affidandosi a tre diversi motivi di impugnazione.
Con il primo motivo il Ministero deduce l’erronea interpretazione delle norme di legge da parte del Tribunale in relazione ai fatti dedotti, in quanto per il riconoscimento del beneficio sarebbe necessario l’intervento di un fattore straordinario derivante dall’eccezionale pericolosità dell’azione, non rinvenibile nel caso concreto. Con il secondo motivo l’appellante lamenta l’erronea valutazione degli elementi di fatto in quanto il decesso sarebbe accaduto in seguito ad un errore commesso dalla stessa vittima caduta autonomamente, senza l’intervento di una circostanza eccezionale. Con il terzo motivo di impugnazione, infine, il Ministero evidenzia che nel caso concreto non sussisterebbero le condizioni previste dall’art.1, comma 564, della legge n.266 del 2005 per l’erogazione del beneficio.
Dinanzi a questa Corte si sono costituite Ol. Ma. e Ia. Ve. che hanno contestato l’impugnazione deducendone l’infondatezza. Le parti appellate hanno, poi, a loro volta, proposto appello incidentale con il quale, per un verso, hanno chiesto che, in caso di condivisione della tesi secondo la quale andrebbe esclusa nel caso concreto l’applicazione della norma di cui al comma 563 cit., venga, comunque, accolta la domanda in applicazione di quanto prevede il comma 564 cit.; per altro verso, hanno chiesto la condanna al pagamento delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio, con modifica, quindi, della statuizione del primo giudice che le ha compensate per intero.
All’udienza di discussione, ribadite dai procuratori delle parti le conclusioni come in atti, la Corte ha emesso sentenza attraverso la lettura del sopra riportato dispositivo.
Così riassunti i fatti e le posizioni delle parti, l’appello è infondato e, pertanto, va respinto.
I tre motivi dell’impugnazione principale, essendo strettamente connessi, perchè tutti relativi all’interpretazione delle norme di legge in relazione ai fatti accaduti, possono essere esaminati congiuntamente.
In primo luogo va preso atto che i fatti che hanno portato al decesso dell’Assistente Capo di Polizia di Stato, Ia. Do., non sono oggetto di contestazione fra le parti.
In data 13.06.2001, unitamente ad altri colleghi, Ia. Do., nell’ambito di un’operazione di polizia volta alla cattura di un pericoloso latitante, nello scavalcare una recinzione, cadeva rovinosamente, battendo, così, in modo violento l’addome. In seguito a tale colpo, il poliziotto, nel giro di qualche giorno, subiva una pancreatite acuta necrotica emorragica che lo portava alla morte in data 7.07.2001.
Orbene, secondo questa Corte territoriale, la fattispecie in esame è disciplinata dall’art.1 della legge n.266 del 2005 che al comma 562 recita:
“Al fine della progressiva estensione dei benefìci già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo a tutte le vittime del dovere individuate ai sensi dei commi 563 e 564, è autorizzata la spesa annua nel limite massimo di 10 milioni di Euro a decorrere dal 2006”.
Il comma 563 dispone:
“Per vittime del dovere devono intendersi i soggetti di cui all’articolo 3 della legge 13 agosto 1980, n. 466, e, in genere, gli altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subito un’invalidità permanente in attività di servizio o nell’espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi:
a) nel contrasto ad ogni tipo di criminalità;
b) nello svolgimento di servizi di ordine pubblico;
c) nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari;
d) in operazioni di soccorso;
e) in attività di tutela della pubblica incolumità;
f) a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteristiche di ostilità”.
Lo stesso articolo, al successivo comma 564, precisa che:
“Sono equiparati ai soggetti di cui al comma 563 coloro che abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative”.
Infine, il comma 565 prevede le modalità esecutive per l’erogazione.
Le richiamate disposizioni di legge, quindi, da un lato indicano quali categorie di soggetti rientrano nel novero delle vittime del dovere, dall’altro allargano tale categoria anche a coloro che, pur avendo la mera posizione di cittadini e soggetti di diritti, senza attinenza all’ulteriore status di pubblici impiegati o militari in servizio nelle forze armate, subiscono infermità o decedono in particolari situazioni.
La Corte ritiene opportuno tener conto del fatto che, come è pacifico, l’incidente occorso allo Ia. è avvenuto mentre il medesimo si trovava ad operare nell’ambito di un’attività di polizia caratterizzata dalla presenza di varie insidie, il cui fine era quello di catturare un pericoloso latitante. Lo Ia., quindi, era coinvolto un’operazione volta a contrastare la criminalità e, comunque, svolta nell’ambito di un servizio pubblico, come tale rientrante nelle lettere a) e b) del comma 563 citato.
Non può essere, allora, condivisa la critica mossa alla sentenza di primo grado dal Ministero, che ritiene che il beneficio possa essere concesso soltanto con l’intervento di un fattore straordinario che conferisca all’azione posta in essere carattere di particolare pericolosità; oppure che, in presenza di un infortunio accaduto per una manovra erronea della stessa vittima, i danni conseguenti perdano la loro attinenza con l’operazione in atto.
Secondo il Collegio, una volta accertato che l’infermità o il decesso sia accaduto nell’ambito delle operazioni sopra descritte, nessun’altra valutazione è rimessa all’interprete in quanto è la stessa norma di legge che riconosce che in ipotesi di questo tipo chi subisce il danno è “vittima del dovere”. Al riguardo, peraltro, va preso atto della recentissima pronuncia della Suprema Corte, a sezioni unite, che, in un caso sovrapponibile a quello in esame, ha affermato che “al dipendente della Polizia di Stato, divenuto invalido per un incidente stradale occorsogli durante l’inseguimento di un sospettato di reati, spettano i benefici di cui all’art. 1, comma 563, della l. n. 266 del 2005, in quanto, ai sensi delle lett. a) e b) dello stesso comma, è sufficiente che l’evento dannoso si sia verificato nel contrasto ad ogni tipo di criminalità, o nello svolgimento di un servizio di ordine pubblico, senza che occorra un rischio specifico ulteriore a quello insito nelle ordinarie attività istituzionali, necessario, invece, per le ipotesi previste dal successivo comma 564, ove è richiesta l’esistenza o il sopravvenire di circostanze o eventi straordinari.” (così Cass. civ., Sez. U, Sentenza n. 10791 del 04/05/2017).
Di conseguenza, essendo riscontrabili nella fattispecie in esame tutti i presupposti di fatto e di diritto richiamati dall’art.1, comma 563, cit. va confermata la decisione del primo giudice nella parte in cui ha riconosciuto il diritto in favore delle ricorrenti.
Relativamente alle doglianze di queste ultime avverso la sentenza di primo grado, contenute nell’appello incidentale, mentre rimane assorbita dal rigetto dell’appello principale quella proposta in via condizionata, l’altra, con la quale si chiede il pagamento delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio, merita accoglimento.
Il Tribunale ha operato una compensazione integrale delle spese del giudizio sul presupposto dell’esistenza di contrasti giurisprudenziali sulla questione.
Il Collegio rileva, invece, che non vi è contrasto di giurisprudenza sulla specifica questione trattata nel presente giudizio, nè, come si è detto, la norma lascia spazio a diverse interpretazioni. Del resto, la stessa sentenza delle sezioni unite della Corte Suprema di Cassazione appena sopra richiamata ne dà atto ed è intervenuta, in quel caso, per regolare una questione di giurisdizione e non per risolvere un contrasto giurisprudenziale.
Il Tribunale, pertanto, avrebbe dovuto condannare il Ministero dell’Interno, interamente soccombente nel processo di primo grado, al pagamento integrale delle spese processuali sostenute dalle ricorrenti in applicazione del principio della soccombenza sancito dall’art.91 c.p.c..
La sentenza di primo grado va, quindi, riformata in parte ed il Ministero va condannato al pagamento delle spese processuali secondo la misura indicata in dispositivo.
Le spese processuali del presente grado, liquidate come da dispositivo, stante la soccombenza del Ministero, vanno poste per intero a carico dell’ente medesimo, con distrazione ai procuratori delle parti dichiaratisi anticipatari.
P.Q.M.
A. Respinge l’appello principale, accoglie quello incidentale e, a parziale modifica della sentenza di primo grado, condanna il Ministero al pagamento delle spese processuali del primo grado di giudizio liquidate in 3.515,00 per compenso professionale, oltre spese forfetarie, iva e cap, con distrazione agli avv.ti Gu.;
B. Condanna il Ministero al pagamento delle spese processuali del presente grado del processo liquidate in Euro.3.310,00 per compenso professionale, oltre iva e cap, con distrazione agli avv.ti Gu..
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