Corte di Appello di Milano sentenza n. 198 depositata il 7 marzo 2018
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – TRASFERIMENTO D’AZIENDA – TRASFERIMENTO DI RAMO D’AZIENDA – NOZIONE – REQUISITI – AUTONOMIA FUNZIONALE ED ORGANIZZATA DI UN SETTORE – NECESSITA’ – COMPLETEZZA ED AUTOSUFFICIENZA MATERIALE
MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO
Con ricorso depositato in data 8.2.17, (…) SOCIETA’ CONSORTILE proponeva impugnazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, mediante la quale il TRIBUNALE di MONZA aveva dichiarato l’illegittimità del licenziamento intimato a … da … (di seguito, “…”), per addotto giustificato motivo oggettivo, in data 28.12.15 e l’intervenuta risoluzione del rapporto intercorso fra detta lavoratrice e quest’ultima società.
Conseguentemente, il primo Giudice aveva accertato il diritto di … alla prosecuzione del rapporto con … – quale cessionaria di azienda – dall’1.12.15 con pari mansioni e livello di inquadramento, condannando tale società al ripristino dello stesso.
Le predette parti convenute erano state condannate, in solido fra loro, a pagare alla lavoratrice, ex art. 18 co. V, S.L., l’indennità risarcitoria di 12 mensilità retributive, oltre accessori dal dovuto al saldo.
Le medesime società erano inoltre state condannate, in solido con la convenuta contumace … , quale committente, ai sensi dell’art. 29 d.lgs. n. 276/03, a corrispondere a … le retribuzioni maturate dal gennaio 2016 all’effettivo ripristino del rapporto, maggiorate di interessi e rivalutazione, e a versare i relativi contributi previdenziali e assistenziali.
In particolare, il primo Giudice aveva ritenuto che la revoca dell’affidamento delle lavorazioni assegnate dal consorzio … – che a propria volta le aveva ricevute in appalto da … – alla consorziata …, avvenuta in data 1.12.15, avesse configurato un trasferimento di azienda.
Di conseguenza, era stato considerato dal TRIBUNALE insussistente il giustificato motivo di licenziamento, costituito dalla cessazione dell’attività della cooperativa datrice di lavoro, ed era stata accertata la prosecuzione del rapporto in capo al CONSORZIO cessionario.
Era stata, inoltre, affermata in sentenza l’illegittimità della prassi da quest’ultimo adottata nel caso di specie, secondo cui i dipendenti della cooperativa si sarebbero dovuti dimettere da quest’ultima per essere poi riassunti da … a condizioni deteriori, in quanto volta ad eludere le garanzie di cui all’art. 2112, c.c..
Il primo Giudice aveva ritenuto inapplicabile alla fattispecie oggetto di causa il co. III dell’art. 29 d.lgs. n. 276/03, non essendosi verificata la successione di un nuovo appaltatore nel contratto, bensì la retrocessione dell’incarico all’appaltatore originario.
Le restanti domande proposte dalla ricorrente in primo grado – volte ad ottenere il pagamento di ulteriori somme – erano state invece respinte dal TRIBUNALE, in ragione della prova del pagamento, ad opera di …, delle retribuzioni rivendicate e della genericità delle deduzioni poste a base della domanda risarcitoria.
Le spese processuali erano state compensate per metà, con condanna delle convenute alla rifusione del residuo, pari ad E 4.100,00 oltre IVA e CPA.
Con quattro distinti motivi di gravame, l’appellante denunciava la violazione e falsa applicazione – da parte del TRIBUNALE – degli artt. 2112, c.c.; 29 co. III, d.lgs. 276/03 e 18 co. V e VII SL e 2697, c.c..
Sotto il primo profilo, … lamentava che il primo Giudice avesse ravvisato nel caso di specie un’ipotesi di trasferimento di azienda, benché non fosse stato dimostrato il passaggio da … al CONSORZIO, a seguito della revoca degli affidamenti, di un complesso organizzato idoneo allo svolgimento dell’attività imprenditoriale.
Sotto il secondo aspetto, l’appellante contestava di avere gestito l’appalto in questione, immediatamente affidato alla consorziata e di poter essere quindi considerata quale appaltatrice in senso sostanziale: a suo avviso, contrariamente a quanto affermato in sentenza, ricorrevano gli estremi di un vero e proprio subentro ex novo nell’appalto, con conseguente inapplicabilità dell’art. 2112, c.c., come stabilita dal citato art. 29, co. III.
La pronuncia di primo grado veniva criticata anche per indebita duplicazione delle tutele applicate in favore della lavoratrice, alla quale era stato riconosciuto il diritto, non solo all’indennità di cui all’art. 18 co. V e VII, SL, ma altresì alle retribuzioni maturate dal licenziamento all’effettivo ripristino del rapporto, che invece secondo … non le spettavano, in ragione del carattere omnicomprensivo della suddetta indennità.
L’appellante si doleva infine del mancato espletamento, da parte del TRIBUNALE, dell’istruttoria testimoniale con riguardo al ruolo svolto da … nell’ambito dei rapporti trilaterali che avevano dato origine alle vicende oggetto di causa.
Pertanto … chiedeva che la Corte d’Appello, in riforma della gravata sentenza, respingesse tutte le domande proposte dalla ricorrente in primo grado, condannando quest’ultima alla restituzione dell’importo di E. 21.824,12, percepito in esecuzione della pronuncia impugnata, o – in subordine – che la propria condanna fosse limitata alla sola indennità di cui all’art. 18 co. V e VII, SL, con restituzione dell’eccedenza ed, in ogni caso, con vittoria di spese.
L’appellata … resisteva mediante memoria depositata il 6.12.17, chiedendo il rigetto dell’impugnazione avversaria, della quale contestava integralmente la fondatezza e la condanna della controparte alla rifusione delle spese o, in subordine, la loro totale o parziale compensazione.
L’INPS si costituiva depositando memoria del 25.7.16, chiedendo che, in caso di accertata fondatezza della domanda di regolarizzazione contributiva svolta da … in primo grado, venissero individuati il soggetto obbligato, l’importo della retribuzione e il periodo interessato, con rifusione di spese e onorari.
All’udienza del 22.1.18, … si costituiva depositando memoria “al fine di formalizzare l’accordo conciliativo” con l’appellata … e la discussione veniva rinviata onde consentire all’appellante di munirsi di nuovo Difensore, avendo il precedente rinunciato al mandato.
All’udienza del 5.2.18, nessuno compariva per la parte appellante; la Difesa dell’appellata chiedeva che la controversia venisse ugualmente decisa con condanna dell’appellante alla rifusione delle spese processuali; il Difensore di … dava atto della transazione intervenuta fra tale società e l’appellata …
Quindi la causa veniva decisa come da dispositivo in calce trascritto.
Va preliminarmente dichiarata l’improcedibilità dell’appello nei confronti di …
E, non avendo parte appellante fornito la prova dell’avvenuta notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza a tale società.
Tanto premesso, si osserva che la parte appellata … ha espressamente chiesto che la controversia venisse decisa nonostante la mancata comparizione dell’appellante, onde sentirla condannare alla rifusione delle spese processuali.
Occorre quindi valutare la fondatezza dell’impugnazione proposta da … avverso la sentenza di primo grado.
Tale vaglio non può che dare, ad avviso della Corte, esito negativo.
Giova preliminarmente ripercorrere i fatti oggetto del giudizio.
Nel dicembre 2014, il Consorzio … concedeva in affitto a … sette rami di azienda, organizzati con impianti, beni e attrezzature, e appaltava le relative lavorazioni a tale società, la quale a sua volta li affidava alla consorziata … con comodato d’uso dei relativi locali (v. docc. 6, 7, 8 )
A seguito di un contenzioso, … a far tempo dal 1.12.15, revocava l’affidamento dei servizi a … ed assumeva in proprio la gestione dell’appalto, con uso delle attrezzature ed assunzione di tutti i dipendenti di … eccettuata la sola odierna appellata … la cui retribuzione veniva ritenuta eccessiva e alla quale veniva pertanto richiesto di dimettersi per essere assunta da … a condizioni deteriori.
La lavoratrice rifiutava tale proposta e veniva licenziata da … per giustificato motivo oggettivo individuato nella “cessazione attività” (v. doc. 5 ric. I gr.).
Come esposto in premessa, il primo Giudice riteneva che fosse stata attuata una cessione di azienda da … a … e, conseguentemente, dichiarava illegittimo il licenziamento, applicando la tutela di cui all’art. 18 co. V SL ed accertando il diritto di … alla prosecuzione del rapporto con … quale cessionaria.
Tali due società venivano condannate, in solido con la committente … ex art. 29 d.lgs. n. 276/03, a corrispondere a … le retribuzioni maturate dal gennaio 2016 all’effettivo ripristino del rapporto e a versare i relativi contributi.
Siffatta decisione resiste alle doglianze svolte da … nel proprio atto di impugnazione.
Non è, anzitutto, riscontrabile la lamentata violazione dell’art. 2112, c.c., avendo il TRIBUNALE correttamente qualificato la fattispecie oggetto di causa quale cessione di azienda: infatti, a seguito della revoca dell’affidamento sopra citato, è passato da … l’intero complesso di attrezzature, beni e personale (eccettuato solo il rapporto di lavoro con …), idoneo allo svolgimento dell’attività, la quale è infatti pacificamente proseguita senza interruzione né modifica alcuna.
A riprova di ciò, occorre considerare come … non avesse, prima della retrocessione del complesso aziendale, personale proprio all’infuori di due impiegati: tale società ha, quindi, intrapreso l’attività oggetto dei rami di azienda in questione, avvalendosi del personale già in forza a …
Del resto, tale attività aveva in origine formato oggetto di contratti di affitto di azienda dalla committente alla stessa … con contestuale appalto dei servizi cui gli stessi erano deputati.
La qualificazione della fattispecie operata dal TRIBUNALE appare, pertanto, del tutto corretta, essendosi realizzato il trasferimento, dall’una all’altra delle predette società, di un complesso organizzato idoneo all’esercizio dell’attività di impresa.
E’ noto come configuri un trasferimento di azienda, ai sensi dell’art. 2112 c.c. come modificato dall’art. 32 del D.Lgs. 276/03, qualsiasi operazione che comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità.
La medesima norma fornisce anche la definizione di ramo d’azienda, inteso come “articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economicamente organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento”.
E’ noto altresì che ai sensi della direttiva CE n. 50/1998, e poi della direttiva CE n. 23/2001, è trasferimento di impresa o parti di impresa “quello di un’entità economica che conserva la propria identità, intesa come insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un’attività economica, sia essa essenziale o accessoria”: deve quindi trattarsi di una situazione aziendale caratterizzata da una stabilità non meramente potenziale, la quale non può esaurirsi in una mera aggregazione occasionale di lavoratori.
La giurisprudenza di legittimità ha al riguardo affermato che “per ramo d’azienda, ai sensi dell’art. 2112 cod. civ. (così come modificato dalla legge 2 febbraio 2001, n. 18, in applicazione della direttiva CE n. 98/50), come tale suscettibile di autonomo trasferimento riconducibile alla disciplina dettata per la cessione di azienda, deve intendersi ogni entità economica autonoma ed organizzata in maniera stabile, la quale, in occasione del trasferimento, conservi la sua identità, senza che sia necessaria anche la completezza materiale e l’autosufficienza del gruppo” (Cass. 5.3.2008 n. 5932; conf. Cass. n. 9682/16).
L’applicazione di tali invalsi principi al caso di specie consente di condividere pienamente le valutazioni operate al riguardo dal primo Giudice.
Del pari infondate appaiono le doglianze svolte nel secondo motivo di gravame, mediante il quale è stata denunciata da … la ritenuta violazione dell’art. 29 III co. d.lgs. n. 276/03.
Contrariamente a quanto sostenuto nell’atto di impugnazione, tale norma è stata correttamente applicata dal TRIBUNALE, posto che …, avendo originariamente ricevuto in appalto i servizi, poi assegnati ad … non poteva qualificarsi come “nuovo appaltatore” ai sensi della disposizione sopra citata.
Ugualmente insussistenti devono ritenersi le lamentate violazioni dell’art. 18 SL, non essendo ravvisabile la duplicazione di tutele, sostenuta invece dall’odierna appellante: infatti, la condanna al pagamento dell’indennità di cui al co. V di tale norma ha quale presupposto la declaratoria di illegittimità del licenziamento, mentre la condanna al pagamento delle retribuzioni maturate fino al ripristino del rapporto poggia sull’accertata successione della società nel rapporto di lavoro di … a seguito del trasferimento di ramo di azienda.
Né il primo Giudice ha errato – ad avviso della Corte – nel ritenere la causa sufficientemente – istruita sulla base delle produzioni documentali, senza necessità dell’invocata istruttoria orale: infatti, la documentazione acquisita agli atti durante la prima fase processuale consentiva una ricostruzione della fattispecie del tutto completa e sufficiente alla decisione della controversia.
Anche l’ultimo motivo di appello non può, pertanto, ritenersi fondato.
In virtù delle considerazioni tutte che precedono, la sentenza di primo grado merita integrale conferma.
… va pertanto condannata a rifondere alle parti appellate … e le spese del grado, liquidate come in dispositivo, ai sensi del DM 10.3.14 n. 55, in ragione del valore della controversia e del suo grado di complessità, nonché dell’assenza di attività istruttoria nella presente fase del giudizio, seguono la soccombenza.
Va, invece, disposta la compensazione delle spese nei confronti di … nei confronti della quale nessuna domanda è stata svolta dalla parte appellante ed avendo tale società dato atto della transazione intervenuta con l’appellata …
Nulla va, infine disposto quanto alle spese dei confronti di …, non costituitasi nella presente fase processuale.
Essendo il presente procedimento stato instaurato dopo il 1°.2.13, va altresì dichiarata la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dell’appellante, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato di cui all’art. 13 comma 1-quater del DPR n. 115/2002 così come modificato dall’art. 1 comma 17 della L. 24.12.2012 n. 228.
P.Q.M.
Dichiara improcedibile l’appello, nei confronti di …
Conferma la sentenza n. 611/16 del Tribunale di MONZA;
condanna l’appellante a rifondere a …, e … le spese del grado, liquidate in complessivi E. 3.300,00 per ciascuna di esse, oltre oneri di legge e rimborso spese generali;
compensa ogni altra spesa;
dichiara la sussistenza, in capo all’appellante, dei presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato di cui all’art. 13 comma 1-quater del DPR n. 115/2002 così come modificato dall’art. 1 comma 17 della L. 24.12.2012 n. 228.
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