CORTE DI APPELLO DI ROMA – Ordinanza 09 luglio 2018
Previdenza e assistenza – Contributi per i lavoratori agricoli – Accertamenti ispettivi dell’INPS – Imposizione dei contributi per il maggior numero delle giornate accertate con la stima tecnica – Liquidazione sulla base dei salari medi convenzionali per l’anno interessato – Decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 375 (Attuazione dell’art. 3, comma 1, lettera aa), della L. 23 ottobre 1992, n. 421, concernente razionalizzazione dei sistemi di accertamento dei lavoratori dell’agricoltura e dei relativi contributi), art. 8, comma 3, come modificato dall’art. 9-ter, comma 3, del decreto-legge 1 ottobre 1996, n. 510 (Disposizioni urgenti in materia di lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e nel settore previdenziale), convertito, con modificazioni, nella legge 28 novembre 1996, n. 608
Premesso
che con verbale di accertamento ispettivo in data 5 marzo 2013, l’Inps contestava a T.G., titolare dell’omonima impresa agricola, «un fabbisogno di occupazione significativamente superiore alle giornate risultanti dalle dichiarazioni trimestrali denunciate dalla ditta» (per il periodo 2007-2011) che veniva quantificato in 6165 giornate (successivamente, con altro verbale in data 5 maggio 2013, riquantificato in 2687 giornate) per un complessivo debito contributivo di € 94.637,00;
che il T. chiedeva accertarsi che nulla era dovuto all’Inps al titolo richiesto, in quanto il verbale di addebito non conteneva l’elenco nominativo dei lavoratori per i quali la contribuzione veniva pretesa;
che il Tribunale respingeva la domanda di accertamento negativo del T.;
che quest’ultimo proponeva appello avverso la sentenza di primo grado, al quale resisteva l’Istituto previdenziale;
Osserva
che l’Inps pretende il versamento contributivo sulla base dell’art. 8, comma 3, decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 375 (come modificato dall’art. 9-ter, comma 3, decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito in legge 28 novembre 1996, n. 608) il quale testualmente prevede che l’Istituto, dopo aver raffrontato i dati forniti dall’imprenditore con quelli risultanti da una serie di parametri indicati dalla legge stessa, possa determinarsi come segue:
«Qualora dal raffronto risulti che il fabbisogno di occupazione determinato sulla base della stima tecnica è significativamente superiore alle giornate risultanti dalle dichiarazioni trimestrali, l’Inps diffida il datore di lavoro a fornirne motivazione entro il termine di quaranta giorni. Nel caso in cui non venga fornita adeguata motivazione e non siano stati individuati i lavoratori utilizzati e le relative giornate di occupazione, l’Inps procede all’imposizione dei contributi da liquidare sulla base delle retribuzioni medie di cui all’art. 28 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1968, n. 488 e successive modificazioni ed integrazioni.»;
che la norma in questione, all’evidenza, prevede la possibilità di addebitare contribuzione per lavoratori che non siano stati preventivamente individuati nominativamente e personalmente;
che tale previsione appare in contrasto con i principi costituzionali di cui appresso;
che la stessa Corte costituzionale (nella sentenza 26 giugno 1962, n. 65), in materia pressochè identica, ha già avuto modo di ritenere costituzionalmente illegittimi per eccesso di delega gli artt. 4 e 5 del regio decreto 24 settembre 1940, n. 1949, laddove rapportavano la contribuzione all’ettaro-cultura, anziché all’effettivo accertamento della manodopera impiegata in «ogni singola azienda agricola» nonché, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, l’art. 5 del decreto-legge n. 59 del 1948 nella parte in cui manteneva in vita un accertamento presuntivo, non legato all’effettivo numero della manodopera impiegata, con il «risultato di imporre pesi disuguali a soggetti che si trovavano in condizioni di parità o pesi uguali a soggetti che non erano in uguali condizioni»;
che, a seguito della predetta sentenza della Corte costituzionale, che dichiarava l’illegittimità dell’accertamento presuntivo di manodopera nel settore agricolo, il legislatore ebbe ad introdurre, con la legge 18 dicembre 1964, n. 1412, l’obbligo per i datori di lavoro agricolo di presentare denunce periodiche dei lavoratori assunti e delle giornate da questi prestate nel corso di ciascun anno, obbligo ribadito e ulteriormente specificato nel successivo decreto-legge 3 febbraio 1970, n. 7 – art. 19 – convertito in legge 11 marzo 1970, n. 83 al fine di garantire la piena corrispondenza tra i periodi lavorativi e la corrispondente copertura contributiva e per consentire la registrazione delle retribuzioni assoggettate a contribuzione per ciascun lavoratore, dato indispensabile per quantificare la prestazione previdenziale spettante a ciascun assicurato;
che, con la legge 23 ottobre 1992, n. 421, il legislatore delegava il governo ad emanare uno o più decreti legislativi per il riordino del sistema previdenziale dei lavoratori dipendenti privati e pubblici, specificando, all’art. 3, comma 1, lett. aa) per la previdenza agricola la finalità di: «… razionalizzazione dei sistemi di accertamento dei lavoratori dell’agricoltura e di accertamento e riscossione dei contributi, tenuto conto della disciplina vigente per la generalità dei lavoratori e dei principi contenuti nella legge 9 marzo 1989, n. 88…»;
che, in attuazione di tale delega, il Governo emanava il decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 375 che, fra l’altro, all’art. 6, comma 2, impone al datore di lavoro agricolo di inserire nella dichiarazione trimestrale da presentare agli uffici provinciali dello SCAU, ai fini dell’accertamento dei contributi di previdenza ed assistenza sociale «… le generalità, la residenza ed il codice fiscale dei lavoratori occupati, nonché, per ciascuno di essi, la categoria, la qualifica, il lavoro svolto, il periodo di lavoro, il numero delle giornate prestate o comunque retribuite in ciascun mese del trimestre precedente…», tutti dati indispensabili per poter accreditare la contribuzione sulla posizione assicurativa di ciascun lavoratore e per conoscere la retribuzione assoggettata a contributi;
che, quindi, come ha ribadito la stessa Corte costituzionale (cfr. ordinanza 20 maggio 1999, n. 184, che pur ha disatteso le questioni di costituzionalità degli artt. 2, 3, 4, 5, 6 ed 8 del decreto legislativo n. 375/93, ma per ragioni affatto diverse da quelle oggi profilate) «il criterio contributivo commisurato al numero dei lavoratori occupati, alla durata, alla quantità ed alla retribuzione del lavoro prestato, risponde ad un principio generale del sistema previdenziale, che il legislatore ha apprestato per assicurare ai lavoratori prestazioni rispondenti alla garanzia costituzionale di protezione sociale (art. 38 Cost.)», anzi ricordando che «lo speciale criterio di determinazione ed accertamento dei contributi previdenziali in agricoltura (quale risultava dagli artt. 4 e 5 del regio decreto 24 settembre 1940, n. 1949 e dall’art. 5 del decreto legislativo 23 gennaio 1948, n. 59), sulla base della estensione e del tipo di coltura praticato nelle diverse province e zone agricole (ettaro-coltura), anziché sulla base dell’impiego effettivo di mano d’opera per ogni azienda agricola, è stato dichiarato illegittimo per contrasto con l’art. 3 della Costituzione, in quanto portava al risultato di imporre pesi diseguali a soggetti che si trovavano in condizioni di parità o pesi eguali a soggetti che non erano in eguali condizioni (sentenza n. 65 del 1962)»;
che, quindi, l’art. 8, comma 3, decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 375 (come modificato dall’art. 9-ter, comma 3, decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito in legge 28 novembre 1996, n. 608) si pone in violazione delle seguenti norme della Costituzione italiana: artt. 76 e 77 in quanto recante disposizioni eccedenti la delega di cui all’art. 1, lettera aa) della legge 23 ottobre 1992, n. 421; artt. 3 e 38 in quanto il criterio presuntivo dettata da tale norma conduce al risultato di imporre pesi disuguali a soggetti che si trovano in condizioni di parità o pesi uguali a soggetti che non sono in uguali condizioni, nonché al risultato di convertire di fatto l’obbligazione contributiva in una mera ed ulteriore sanzione rispetto a quelle già previste dall’ordinamento, violando il principio per cui i contributi versati dal datore di lavoro sono specificamente destinati a finanziare, sia pur collettivamente ed impersonalmente, le prestazioni previdenziali;
che la questione di legittimità costituzionale è, oltre che ammissibile, anche rilevante, in quanto la norma positiva di cui si tratta impedisce l’accoglimento della domanda attorea, possibile soltanto attraverso l’eliminazione della stessa merce l’intervento della Corte delle leggi;
P.T.M.
Visto l’art. 134 della Costituzione e l’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
Vista l’istanza formulata dalla difesa di parte appellante;
Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 3, decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 375 (come modificato dall’art. 9-ter, comma 3, decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito in legge 28 novembre 1996, n. 608) nella parte in cui impone all’Inps di richiedere alle imprese agricole contributi previdenziali non collegati a soggetti nominativamente individuati bensì sulla base di un fabbisogno presuntivo determinato in forza di una stima tecnica;
Dispone la sospensione del giudizio;
Ordina alla Cancelleria di notificare la presente ordinanza alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri, nonché di comunicarla ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Ordina alla Cancelleria di trasmettere gli atti alla Corte costituzionale, unitamente alla prova delle avvenute notificazioni e comunicazioni.
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