CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 01 agosto 2019, n. 20776
Tributi – Contributi di bonifica – Debenza – Fondi compresi nel perimetro consortile
1. Ritenuto che la controversia concerne l’impugnazione di una cartella di pagamento relativa a contributi consortili per l’anno 2009 che i contribuenti contestavano per difetto di motivazione, mancata prova da parte del Consorzio che ne aveva l’onere del beneficio diretto, stante anche «la mancata approvazione e/o delimitazione del perimetro di contribuenza e la sua trascrizione». Il giudice adito accoglieva il ricorso sotto il profilo ritenuto assorbente del vizio di motivazione. L’appello del Consorzio era accolto con la sentenza in epigrafe avverso la quale i contribuenti propone ricorso per cassazione con quattro motivi.
2. Ritenuto che il Consorzio si è costituito con controricorso.
3. Preso atto che il P.G. non ha depositato conclusioni scritte.
4. Considerato che con il primo motivo di ricorso, i contribuenti denuncia «omessa pronuncia sull’eccezione circa la mancata notifica di avviso bonario in violazione dell’art. 6, comma 5, I. n. 212 del 2000».
5. Considerato che il motivo è infondato sotto un duplice aspetto: in primo luogo «non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione formulata dalla parte» (Cass. n. 20718 del 2018), com’è nel, caso di specie, nel quale la decisione nel merito della controversia da parte del giudice d’appello, comporta il rigetto implicito dell’eccezione cui fa riferimento parte ricorrente; in secondo luogo la norma di cui all’art. 6, comma 5, I. n. 212 del 2000, non è applicabile con riferimento alla cartella de qua, essendo l’avviso previsto «soltanto per le cartelle emesse a seguito di controllo della dichiarazione del contribuente, ove sussistano rilevanti incertezze su aspetti importanti della stessa» (argomenta ex Cass. n. 11051 del 2018).
6. Considerato che con il secondo motivo di ricorso, i contribuenti denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, I. n. 241 del 1990 e 7, comma 1, I. n. 212 del 2000, sostanzialmente riproducendo la censura di vizio di motivazione della cartella posta a base del ricorso originario.
7. Considerato che tale motivo è inammissibile trattandosi di censura sostanzialmente diretta all’atto impositivo (che, tuttavia, per quanto emerge dallo stesso ricorso, sarebbe stato sufficientemente motivato secondo l’orientamento di questa Corte, quantomeno per relationem, indicando riferimenti al “piano di classifica”, al “piano di riparto”, ai criteri di calcolo del tributo ecc.) e non alla sentenza impugnata.
8. Considerato che con il terzo motivo di ricorso, i contribuenti denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 860 cod. civ., nonché degli artt. 10, 11 e 58 r.d. n. 215 del 1933, 15 e 18, l.r. Toscana n. 34 del 1994, deducendo sostanzialmente il mancato assolvimento da parte del Consorzio dell’onere probatorio allo stesso incombente del beneficio diretto per i contribuenti delle attività consortili.
9. Considerato che il motivo non è fondato. Risulta dallo stesso ricorso che il Consorzio aveva prodotto in giudizio «il piano di classifica, il piano di riparto, le cartografie, il piano degli interventi etc.» e, correttamente, seguendo sul punto l’ormai costante orientamento di questa Corte, la sentenza impugnata rileva la decisività delle circostanze della dimostrata adozione da parte del Consorzio del «prescritto piano di classifica con allegata cartografia relativa al perimetro di contribuenza» e della mancata contestazione da parte del contribuente che «gli immobili in questione rientra(ssero) nel perimetro di contribuenza». Pertanto il giudice d’appello, decidendo la controversia in senso favorevole al Consorzio, ha applicato il principio affermato da questa Corte secondo cui: «In tema di contributi di bonifica, ove i fondi siano compresi nel perimetro consortile, in difetto di specifica contestazione del piano di classifica e ripartizione da parte del contribuente (come è nel caso di specie), grava sullo stesso l’onere di superare, mediante prova contraria, la presunzione del beneficio diretto e specifico derivante dalle opere realizzate dal consorzio» (Cass. n. 9511 del 2018; nello stesso senso in precedenza Cass. n. 24356 del 2016; Cass. n. 24070 del 2014; Cass. n. 654 del 2012). Peraltro secondo l’orientamento di questa Corte «la trascrizione del provvedimento di “perimetrazione della contribuenza” prevista dall’art. 10, secondo comma, del r.d. 13 febbraio 1933, n. 215, derivando l’effetto dell’opponibilità degli atti ai terzi direttamente dalla legge, che prevede la costituzione dell’onere reale e la connessa prestazione patrimoniale vincolata all’utilità fondiaria, assolve esclusivamente alla funzione di mera pubblicità-notizia, in quanto adempimento di natura meramente dichiarativa, diretto a soddisfare l’esigenza della localizzazione degli interventi di bonifica ed a rendere pubblico il perimetro di contribuenza, e non integra “principio fondamentale” ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.» (Cass. n. 13167 del 2014).
10. Considerato che con il quarto motivo di ricorso, i contribuenti denuncia «omesso esame circa un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti».
11. Considerato che il motivo è inammissibile in quanto enunciato (e argomentato) secondo quanto previsto dalla previgente formulazione del n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. e non più riproponibile alla luce della nuova formulazione della stessa norma secondo quanto espresso dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 8053 del 2014: «La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione». E ancora: «L’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie». Nulla di tutto questo è rinvenibile nelle argomentazioni formulate nel ricorso a sostegno del motivo in esame, che peraltro investe manifestamente elementi istruttori di cui si lamenta il supposto mancato esame (piano di classifica e perimetro di contribuenza), ma in sostanza se ne pretende (ancora una volta inammissibilmente) una valutazione diversa e conforme all’opinione e all’interpretazione della parte contribuente: elementi che tuttavia erano stati considerati e valutati dal giudice d’appello, il quale in particolare ha rilevato che le produzioni documentali di parte ricorrente erano inidonee a «fornire la prova dell’inesistenza o comunque dell’inadeguatezza del beneficio ricevuto a seguito dell’attività del Consorzio».
12. Ritenuto pertanto che il ricorso deve essere respinto con condanna delle parte ricorrenti in solido alle spese della presente fase del giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna le parti ricorrenti in solido alle spese della presente fase del giudizio che liquida in complessivi euro 1.400,00 oltre spese forfettarie e oneri come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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