CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 01 aprile 2019, n. 9027
Sciopero – Antisindacalità comportamento società – Sostituzione lavoratori con personale di livello superiore
Rilevato che
1. La Corte di appello di Firenze, in parziale accoglimento dell’appello proposto dal sindacato Or.S.A. – Organizzazione Sindacati Autonomi e di Base – avverso la sentenza del Tribunale di Pisa che aveva rigettato l’opposizione avverso il decreto ex art. 28 Stat.Lav., ha dichiarato l’antisindacalità del comportamento tenuto da T. s.p.a. in occasione degli scioperi del 5/6 luglio 2009 e dell’ 11/12 luglio 2009 per avere la società sostituito numerosi lavoratori con personale di livello superiore, aventi qualifica di ‘quadro’, nella guida e scorta dei treni. La Corte di appello ha altresì ordinato a T. s.p.a. di astenersi per il futuro di porre in essere comportamenti analoghi.
2. A fondamento del decisum, la Corte territoriale ha argomentato, in sintesi, come segue:
– nel caso di specie è pacifico tra le parti che nei quattro casi dedotti nel ricorso originario vi fu la sostituzione del macchinista e/o del capo treno con dipendenti aventi la qualifica di quadro e che tali sostituzioni furono disposte per ovviare ai disagi operativi conseguenti ai due scioperi;
– come già ritenuto in altre analoghe fattispecie sottoposte all’esame della stessa Corte, già la lettura delle fonti contrattuali esclude che un quadro possa condurre un treno o fare la scorta, poiché per definizione l’attività descritta non rientra tra le attività marginali e complementari di tale qualifica professionale, cui sono demandate funzioni altamente professionalizzate e mirate al raggiungimento degli obiettivi aziendali;
– nessun rilievo assume la circostanza che la conduzione dei treni debba essere conservata in capo anche al personale con qualifica di quadro in ragione della necessaria conservazione delle abilitazioni di condotta e di scorta.
3. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso T. s.p.a., affidato a sette motivi. Resiste il sindacato O.s.a. con controricorso.
4. Il P.G. ha rassegnato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso.
5. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380-bis. 1 c.p.c.(inserito dall’art. 1, lett. f, del D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. n. 25 ottobre 2016, n. 197).
Ritenuto che
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia nullità della sentenza ex art. 112 cod. proc. civ. per omessa pronuncia sull’eccezione di inammissibilità dell’appello per genericità dei motivi ex art. 434 cod. proc. civ.. Trascrive il contenuto della memoria di costituzione in appello nella parte recante l’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione avversaria ai sensi dell’art. 434 cod. proc. civ., come modificato dall’art. 54 d.l. n. 83/2012, conv. in legge n. 134 del 2012, e sostiene che la Corte di appello non avrebbe esaminato tale eccezione, incorrendo nella violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato sancito dall’art. 112 cod. proc. civ.
2. Con il secondo motivo denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, comma 4 cod. proc. civ., dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. e dell’art. 111 Cost.. Deduce, in subordine rispetto al primo motivo, che, ove si ritenesse che predetta eccezione era stata comunque esaminata, la sentenza sarebbe censurabile per carenza assoluta di motivazione.
3. Con il terzo motivo la società ricorrente denuncia, in ulteriore subordine, violazione dell’art. 434 cod. proc. civ.. Assume che il ricorso dell’O.S. non avrebbe rispettato l’analiticità richiesta dalla predetta norma, stante l’omessa indicazione delle modifiche richieste alla ricostruzione dei fatti operata dal giudice di primo grado, delle lamentate violazioni normative e della loro rilevanza decisoria.
4. Con il primo quarto motivo T. censura la sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 28 L. n. 300 del 1970, nonché degli artt. 1362 e 1363 cod. civ., relativamente alla ritenuta natura di associazione sindacale nazionale del sindacato Or.S.A. Lamenta che i sindacati locali federati in Or.S.A. sono totalmente autonomi, avendo con la struttura centrale un legame meramente formale, assumendo così natura meramente locale, né rileva a tal fine la mera adesione ad un CCNL siglato da altre o.ss..
5. Con il quinto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 28 L. n. 300 del 1970, relativamente all’attualità della condotta. Lamenta che la Corte di merito, pur ammettendo che il comportamento datoriale in questione si era esaurito, aveva parimenti ritenuto sussistente il requisito in parola in base ad un giudizio prognostico di presumibile reiterazione della condotta.
6. Con il sesto motivo la società denuncia violazione degli artt. 40 e 41 Cost., 28 L. n. 300 del 1970 e 2103 cod. civ., relativamente alla affermata antisindacalità della sostituzione di personale scioperante con dipendenti di qualifica superiore. In particolare, lamenta che la sentenza impugnata non avrebbe considerato che mansioni inferiori espletate in via marginale od occasionale dal personale con qualifica di quadro in sostituzione degli scioperanti non integra violazione dell’art. 2103 cod. civ..
7. Con il settimo motivo denuncia violazione dell’art. 2103 cod. civ., relativamente all’affermato demansionamento del personale con qualifica di quadro adibito a mansioni di condotta e/o di scorta in occasione degli scioperi del luglio 2009, nonché omesso esame di fatti decisivi per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti. Lamenta la mancata valutazione sia del fatto che il personale con qualifica Professional è comunemente utilizzato per presenziare gli impianti e per servizi di condotta e/o di bordo che si rendono necessari in circostanze eccezionali, sia la circostanza, emergente dalle risultanze istruttorie, che i dipendenti chiamati a sostituire il personale assente avevano già svolto in precedenti occasioni servizi di macchina e/o di bordo in giornate nella quali non vi era stata alcuna proclamazione di sciopero.
8. I primi tre motivi sono inammissibili.
8.1. Innanzitutto, l’interpretazione formalistica dei requisiti di cui all’art. 434 cod. proc. civ., nella formulazione ratione temporis vigente, propugnata dall’attuale ricorrente, è stata disattesa dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 27199 del 2017, secondo cui gli artt. 342 e 434 cod. proc. civ., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione dì un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (v. pure Cass. n. 13535 del 2018).
8.2. Tanto premesso, va rilevato che il ricorso si limita ad una trascrizione dell’eccezione di inammissibilità svolta da T. in sede di memoria di costituzione in appello, senza neppure operare un raffronto tra la sentenza di primo grado e il contenuto dei motivi di appello svolti dal sindacato Or.S.A. omettendo altresì di segnalare in quale modo la Corte di appello avrebbe errato nel ritenere (implicitamente) rispettato il canone di specificità con riferimento a ciascuno di essi.
8.3. E’ comunque assorbente rilevare che non ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancata decisione su un punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo (Cass. n. 29191 del 2017, 20718 del 2018). Anche nel caso di specie va ravvisato il rigetto implicito dell’eccezione di inammissibilità dell’appello, avendo la sentenza valutato nel merito i motivi posti a fondamento del gravame.
9. I motivi dal quarto al sesto sono infondati. In proposito, occorre innanzitutto evidenziare che analoghi motivi sono stati già esaminati e rigettati da questa Corte con la sentenza n. 12551 del 2018, intervenuta nella medesima vicenda sindacale.
10. In ordine al quarto motivo, deve premettersi che l’accertamento di fatto relativo al requisito di rappresentatività necessario per l’accesso alla tutela prevista dall’art. 28 Stat. lav. costituisce indagine demandata al giudice di merito e, pertanto, è incensurabile, in sede di legittimità ove assistita da adeguata motivazione (cfr. Cass. n. 11322 del 2015, Cass. n. 15262 del 2002). Nella specie, la motivazione non risulta carente, in quanto logicamente basata sulla documentazione in atti (Statuto del sindacato in primis).
10.1. Giova poi osservare che, ai fini della legittimazione a promuovere l’azione prevista dall’art. 28 Stat. lav., per “associazioni sindacali nazionali” devono intendersi quelle che abbiano una struttura organizzativa articolata a livello nazionale e che svolgano attività sindacale su tutto o su ampia parte del territorio nazionale, mentre non è necessaria la sottoscrizione dei contratti collettivi nazionali, che rimane un indice tipico, ma non l’unico, rilevante ai fini della “nazionalità” (v., in particolare, Cass. n. 6206 del 2012, Cass. n. 5321 del 2017, Cass. n. 17915 del 2017). Questa Corte ha inoltre affermato che tale requisito non può desumersi da dati meramente formali o da una dimensione statica, puramente organizzativa e strutturale, dell’associazione, come sembra ritenere la ricorrente, essendo piuttosto necessaria un’azione diffusa a livello nazionale (cfr., Cass. n. 19272 del 2017, Cass. n. 16637 del 2014; Cass. n. 29257 del 2008; cfr., In fattispecie riguardanti la legittimazione ex art. 28 dello SLAI COBAS, Cass. n. 21931 del 2014, Cass. n. 6206 del 2012 e Cass. n. 2314 del 1012; cfr., ancora, Cass. n. 16787 del 2011; Cass. n. 16383 del 2006). Ciò che rileva è la diffusione ed una effettiva azione del sindacato su tutto o gran parte del territorio nazionale, non essendo indispensabile che l’associazione faccia parte di una confederazione, né che sia maggiormente rappresentativa (così Cass. S.U. n. 28269/05).
10.2. La sentenza impugnata ha esaminato (v. pag. 2) il requisito in parola alla luce degli elementi di fatto acquisiti, compreso lo Statuto (art. 2) e la partecipazione alla stipula del CCNL (circostanza rilevante alla luce di C.Cost. n. 231 del 2013), sicché il motivo nella sostanza propone una diversa valutazione del quadro probatorio che non è consentita in sede di legittimità a norma dell’art. 360, primo comma n. 5, cod. proc. civ..
11. Il quinto motivo è infondato.
11.1. Come più volte osservato da questa Corte (cfr., ex multis, Cass. n. 10130 del 2014), il requisito dell’attualità della condotta datoriale deve intendersi nel senso che, da un lato, il mero ritardo della proposizione del ricorso non ne determina di per sé l’inammissibilità in presenza della permanenza degli effetti lesivi, e, dall’altro, che il solo esaurirsi della singola azione lesiva del datore di lavoro non può precludere l’ordine del giudice di cessazione del comportamento illegittimo ove questo, alla stregua di una valutazione globale non limitata ai singoli episodi, risulti tuttora persistente ed idoneo a produrre effetti durevoli nel tempo, sia per la sua portata intimidatoria, sia per la situazione di incertezza che ne consegue, suscettibile di determinare in qualche misura una restrizione o un ostacolo al libero esercizio dell’attività sindacale. L’accertamento in ordine alla attualità della condotta antisindacale e alla permanenza dei suoi effetti costituisce un accertamento di fatto, demandato al giudice di merito ed incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da adeguata motivazione, immune da vizi logici o giuridici (Cass. n. 3837 del 2016, Cass. n. 23038 del 2010, Cass. n. 11741 del 2005).
11.2. La sentenza impugnata si è attenuta a tale principio, rilevando che la sostituzione del personale scioperante con altro di qualifica superiore si era ripetuto con riguardo ad altri casi rispetto ai quattro denunciati inizialmente, oltre che occasione di successivi scioperi e che tanto costituisce una conferma dell’attualità a prescindere dalla fondatezza della lesione lamentata dal sindacato. Trattasi di un logico apprezzamento dei fatti storici della vicenda che non può essere sindacato in sede di legittimità ai sensi del novellato n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ..
12. Il sesto motivo è infondato.
12.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel caso della proclamazione di uno sciopero da parte delle organizzazioni sindacali di categoria, può escludersi il carattere antisindacale della condotta del datore di lavoro che, nell’intento di limitarne le conseguenze dannose, disponga la utilizzazione del personale rimasto in servizio mediante l’assegnazione a mansioni inferiori, solo ove tali mansioni siano marginali e funzionalmente accessorie e complementari a quelle proprie della posizione dei lavoratori così assegnati, dovendosi ritenere, diversamente, che la condotta del datore di lavoro sia lesiva dell’interesse collettivo del sindacato per aver fatto ricadere sui lavoratori non scioperanti le conseguenze negative dello sciopero attraverso il compimento di atti illegittimi perché posti in essere in violazione dell’art. 2103 cod. civ. (Cass. n. 12811 del 2009; v. pure Cass. n. 14444 del 2015, Cass. n. 15782 del 2011).
12.2.Si è così ritenuto che un atto inerente a mansioni inferiori, quando sia richiesto in modo marginale e solo per completamento e doverosa definizione del lavoro principale sia compatibile con l’art. 2103 cod. civ., mentre l’attività prevalente ed assorbente svolta dal lavoratore deve corrispondere a quella della qualifica di appartenenza.
Il limite dell’eccezionalità e marginalità dell’assegnazione a mansioni inferiori è stato più volte ribadito (v. Cass. n. 20164 del 2007, Cass. n. 26368 del 2009 e Cass. 15782 del 2011, che hanno cassato con rinvio le sentenze impugnate a causa dell’ inadeguatezza della motivazione in fatto offerta dalle sentenze d’appello oggetto di gravame).
12.3. Nella specie, la Corte distrettuale ha accertato che l’attività di sostituzione di personale in sciopero non poteva rientrare tra le attività marginali o eccezionali proprie della qualifica di quadro, in quanto dall’esame delle “fonti contrattuali” è risultato escluso che “un quadro possa condurre un treno o fare una scorta, poiché per definizione l’attività descritta non rientra fra le attività marginali e complementari…” di tale figura professionale. Ha aggiunto che “…d’altro canto la stessa disposizione collettiva consente la fungibilità delle mansioni solo nell’ambito di figure professionali dello stesso livello professionale”. Tale motivazione è in linea con i sopra richiamati principi di diritto enunciati da questa Corte in materia.
12.4. A ciò aggiungasi che l’interpretazione delle declaratorie contrattuali, secondo cui le attività di conduzione o di scorta al treno non rientrano tra quelle proprie del dipendente con qualifica di quadro, non ha formato oggetto di specifiche censure.
13. Il settimo motivo è privo di decisività, in quanto la Corte territoriale ha ritenuto assorbente la mancata inclusione delle funzioni di conduzione e scorta tra quelle elencate come proprie della qualifica di quadro, ritenendo sostanzialmente irrilevante che tale personale avesse svolto in precedenza analoghe mansioni disponendo delle relative abilitazioni.
13.1. Il vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., come riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, è invocabile nella sola ipotesi in cui sia stato omesso l’esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che è onere del ricorrente rappresentarne anche la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. S.U. n. 8053/2014).
13.2. Nel caso in esame, la censura di omesso esame di un fatto decisivo si risolve, invece, in una inammissibile richiesta di rivalutazione del merito della causa.
14. Il ricorso va dunque rigettato, con condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo per esborsi e compensi professionali, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento del compenso totale per la prestazione, ai sensi dell’art. 2 del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, da distrarsi in favore dei procuratori antistatari.
15. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002. Il raddoppio del contributo unificato, introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, costituisce una obbligazione di importo predeterminato che sorge ex lege per effetto del rigetto dell’impugnazione, della dichiarazione di improcedibilità o di inammissibilità della stessa.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna T. al pagamento delle spese, che liquida in euro 5.000,00 per compensi e in euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per spese generali e accessori di legge, da distrarsi in favore dei procuratori antistatari, avv. ti G.B., E.M. e A.D..
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
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