CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 01 dicembre 2020, n. 27408

Tributi – Imposta di successione – Indebito versamento – Tributo corrisposto in eccedenza – Sentenza che accerta il diritto al rimborso – Rimborso d’ufficio – Omessa notificazione della sentenza – Irrilevanza

Rilevato che

A.M. ricorre per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale di Napoli il 16 marzo 2016 n. 2583/47/2016, non notificata, che, in controversia su impugnazione di diniego di rimborso per imposta di successioni, ha rigettato l’appello proposto dal medesimo nei confronti dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli il 27 febbraio 2015 n. 5072/11/2014, con compensazione delle spese di lite. La Commissione Tributaria Regionale ha confermato la decisione di primo grado, sul presupposto che l’omessa notificazione della sentenza su cui il diritto al rimborso era fondato non consentiva l’accoglimento dell’appello. L’Agenzia delle Entrate si è costituita per la sola partecipazione all’eventuale udienza di discussione.

Considerato che

1. Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 40, comma 3, del D.L.vo 31 ottobre 1990 n. 346 e dell’art. 68, comma 2, del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per aver erroneamente ritenuto che l’istanza di rimborso non potesse essere accolta per l’omessa notificazione della sentenza che ne costituiva il presupposto.

2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 68, comma 1 e comma 2, del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per non aver tenuto conto che nulla risulta dovuto dal contribuente a titolo di imposta sulla base della sentenza resa sull’avviso di liquidazione.

3. Con il terzo ed ultimo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 56 del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per non aver tenuto conto che l’amministrazione finanziaria non aveva riproposto nel giudizio di appello l’eccezione relativa alla omessa notificazione della sentenza costituente il presupposto del diritto al rimborso.

Ritenuto che

1. Il primo motivo è fondato, derivandone l’assorbimento dei restanti motivi.

1.1 Questa Corte ha affermato il principio secondo cui, in materia di processo tributario, posto che l’art. 68, comma 2, del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546 prevede il rimborso d’ufficio del tributo corrisposto in eccedenza entro novanta giorni dalla notificazione della sentenza che ha accolto il ricorso del contribuente, quest’ultimo, qualora non riceva detto rimborso, non può adire direttamente il giudice tributario, ma deve prima sollecitare detto rimborso in sede amministrativa, e solo successivamente può impugnare il diniego, anche tacito, ai sensi dell’art. 19, comma 1, lett. g, del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546. Si è, a tal fine, specificato che nello stabilire il rimborso d’ufficio del tributo corrisposto in eccedenza dal contribuente entro novanta giorni dalla notificazione della sentenza che ne ha accolto il ricorso, la norma, determinando la nascita di un’obbligazione ex lege da indebito, escludeva l’assoggettabilità dell’istanza ai termini di decadenza previsti dall’art. 21, comma 2, del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546, ritenuta, comunque, necessaria per poter adire l’autorità giudiziaria in caso di inadempimento dell’amministrazione finanziaria (Cass., Sez. 5, 14 settembre 2016, n. 18027; Cass., Sez. 5, 23 novembre 2018, n. 30368).

1.2 Peraltro, un analogo principio è fissato dalla norma specificamente dettata per il rimborso in materia di imposta sulle successioni. Difatti, l’art. 42, comma 2, del D.L.vo 31 ottobre 1990 n. 346, pur disponendo che il rimborso deve essere richiesto a pena di decadenza entro tre anni dal giorno del pagamento o, se posteriore, da quello in cui è sorto il diritto alla restituzione, fa salvo il disposto dell’art. 40, commi 1 e 3, del D.L.vo 31 ottobre 1990 n. 346, in relazione all’eccedenza corrisposta a titolo di imposta principale (comma 1), per la quale è previsto il rimborso d’ufficio entro novanta giorni dal passaggio in giudicato della decisione, ed all’eccedenza corrisposta a titolo di imposta complementare (comma 3), per la quale è previsto il rimborso d’ufficio entro novanta giorni dalla notificazione della decisione, esonerando in via eccezionale tali ipotesi dalla sanzione della decadenza triennale.

1.3 Né si può ritenere che l’esigibilità del rimborso sia subordinata alla preventiva notificazione della decisione che accerta l’indebita riscossione dell’imposta, trattandosi di un adempimento destinato soltanto a segnare il dies a quo per la decorrenza del termine di restituzione nell’interesse dell’amministrazione finanziaria, ma non anche ad imporre un onere a carico del contribuente per azionare la pretesa creditoria.

Non a caso, come è stato evidenziato dal ricorrente (che l’ha richiamata a sostegno delle proprie difese), la circolare emessa dalla Direzione Centrale degli Affari Legali e Contenzioso presso Agenzia delle Entrate l’1 ottobre 2010 n. 49 (in tema di “Esecuzione dei rimborsi dovuti per effetto di sentenze nei giudizi tributari”) ha espressamente stabilito che, «per dare esecuzione ai provvedimenti giudiziari e, in particolare, per procedere ai rimborsi ai sensi dell’articolo 68, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, non occorre attendere la notifica della sentenza favorevole al contribuente né alcuna specifica richiesta o sollecito. Invero, le strutture addette alla gestione del contenzioso possono e debbono restituire le somme versate in eccedenza subito dopo la comunicazione del dispositivo della sentenza da parte della Segreteria della Commissione tributaria, purché lo stesso contenga tutti gli elementi necessari alla determinazione dell’importo da rimborsare».

1.4 Pertanto, il diritto al rimborso che sia fondato ex art. 40, comma 3, del D.L.vo 31 ottobre 1990 n. 346 sull’accertamento giudiziario dell’indebita riscossione di imposta è soggetto soltanto al termine decennale di prescrizione ordinaria (artt. 2946 cod. civ. e 21, comma 2, del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546), con decorrenza dalla formazione del giudicato tributario.

Ne deriva che l’istanza proposta dal contribuente per chiedere il rimborso (13 maggio 2011) era tempestiva, essendo decorso meno di un decennio dalla irrevocabilità della decisione (25 settembre 2002)

3. In conclusione, valutandosi la fondatezza del primo motivo e l’assorbimento dei restanti motivi, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata; non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, comma 1, ultima parte, cod. proc. civ., con pronuncia di accoglimento del ricorso originario del contribuente.

4. Possono essere compensate tra le parti le spese del doppio grado del giudizio del merito, tenuto conto dell’andamento del medesimo, mentre le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo; dichiara l’assorbimento dei restanti motivi; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario del contribuente; compensa le spese dei giudizi di merito; condanna l’amministrazione finanziaria alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore del contribuente, liquidandole nella somma complessiva di € 2.295,00 per compensi, oltre spese forfettarie ed altri accessori di legge.