CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 01 febbraio 2019, n. 3095
Agevolazioni fiscali – Prima casa – Immobili – Acquisto e rivendita entro i cinque anni
Premesso quanto segue
– T.F., con atto pubblico del 02 agosto 2004, acquistava un immobile in Roma alla via A. n. 16 usufruendo delle agevolazioni di imposta “prima casa” previste dall’art. 1 nota II bis parte prima della tariffa allegata al D.P.R. n 131 del 1986;
– l’anzidetto immobile veniva venduto entro i cinque anni dall’acquisto;
– successivamente, con atto pubblico del 21 dicembre 2006 ed entro un anno dalla precedente vendita, la T. acquistava un altro appartamento in Roma alla via D. n 24, usufruendo sempre delle agevolazioni di imposta “prima casa”. Nel rogito il venditore dava atto dell’esistenza di un contratto “transitorio” di locazione dell’immobile, stipulato il 02 gennaio 2003 e garantiva il rilascio dell’immobile da parte della conduttrice (A.M.S.) entro il 31 dicembre 2006;
– in data 07 maggio 2007 la contribuente, non avendo ottenuto il rilascio dell’appartamento alla data sopra indicata, intimava alla locataria licenza per finita locazione;
– nel corso del giudizio la conduttrice produceva un nuovo e diverso contratto di locazione, stipulato il 01 gennaio 2004 (e quindi in prosecuzione del precedente) ed avente durata annuale e chiedeva che il giudice adito qualificasse la locazione come ordinaria e cioè di durata quadriennale, prorogabile per uguale durata, avendo superato il termine massimo di 18 mesi stabilito dalla legge per le locazioni transitorie;
– il Tribunale di Roma, con sentenza del 24-28 ottobre 2008, qualificava la locazione come ordinaria; stabiliva la durata del contratto fino al 31 dicembre 2010 (otto anni dal 01 gennaio 2003) e fissava la data per il rilascio dell’immobile al 31 marzo 2011;
– successivamente ed entro i tre anni dalla stipula del rogito, l’Agenzia delle Entrate notificava alla contribuente un avviso di liquidazione di imposta di registro, ipotecarie e catastali e di imposta sostitutiva sul mutuo contratto per complessivi €. 23.516,74 (€ 18.794,36 + 4.722,38) per avere indebitamente usufruito delle agevolazioni “prima casa”, non avendo trasferito la propria residenza nell’immobile riacquistato entro 18 mesi dall’acquisto;
– la contribuente proponeva ricorso in primo grado sostenendo l’impossibilità di trasferire la residenza nell’immobile di via D. n. 24 di Roma;
– la CTP di Roma accoglieva il ricorso, ravvisando una causa di forza maggiore ed annullava l’avviso impugnato;
– proponeva appello l’Agenzia, sostenendo che la causa di forza maggiore fosse inesistente e comunque non sopraggiunta alla stipula del rogito, ma fosse prevedibile a quella data;
– la CTR rigettava l’appello dell’Agenzia (e quindi confermava in toto l’impugnata sentenza) e compensava le spese. Argomentava II giudice di appello che la contribuente aveva attivato una causa civile al fine di ottenere il rilascio dell’immobile e che, così come ritenuto dal giudice di prime cure, “fa sentenza del- Giudice del Tribunale di Roma” integrava una causa di forza maggiore, impedendo di fatto alla T. di trasferire la sua residenza nell’immobile di via D. n. 24 fino al 31 marzo 2011;
– l’Agenzia interponeva tempestivo ricorso per Cassazione, notificato alla controparte in data 10 dicembre 2014 , articolando un unico motivo: violazione e falsa applicazione dell’art. 1 nota II bis IV comma della tariffa parte prima allegata al D.P.R. 26 aprile 1986 n 131 in relazione all’art. 360 I comma n 3 c.p.c. Argomentava l’Agenzia ricorrente che un contratto di locazione di natura transitoria non poteva avere, per legge, durata superiore ai 18 mesi, per cui vi era stata negligenza da parte dell’acquirente e non il mero rifiuto dell’inquilino al rilascio dell’immobile alla naturale scadenza del contratto di locazione e “il presunto impedimento oggettivo al trasferimento della residenza in quello stesso immobile (e non genericamente nel Comune, trattandosi di un riacquisto entro un anno dalla precedente vendita) era prevedibile già alla data del rogito ed evitabile” e quindi non era idoneo ad integrare la forza maggiore. Chiedeva pertanto l’annullamento della decisione impugnata con vittoria di spese. Depositava i fascicoli del merito;
– la contribuente presentava un controricorso, sostenendo l’inammissibilità del ricorso di controparte perché, a suo avviso, fondato su motivi di fatto in quanto tenderebbe a proporre una diversa ricostruzione dei fatti e valutazione delle prove. Sarebbe inoltre inammissibile per mancata impugnazione di un capo autonomo della sentenza, con conseguente formazione del giudicato interno, giacchè la decisione di appello sarebbe fondata “sul raggiro” e quindi sulla truffa subita dalla signora T., del tutto ignorato dall’Agenzia ricorrente;
– la contribuente presentava anche, nei termini di legge, una prima memoria difensiva, nella quale illustrava la normativa che disciplina il caso in esame e ribadiva le osservazioni sviluppate nel controricorso, ribadendo che, in materia di forza maggiore, “la decisione sull’imprevedibilità e inevitabilità dell’evento non spetta al giudice di legittimità”;
– il ricorso veniva inizialmente assegnato alla sesta sezione civile per l’adunanza del 02 marzo 2016 e successivamente, con relazione ex art. 380 bis c.p.c. in atti, veniva rimesso a questa sezione per la decisione camerale;
– nel termine di legge la contribuente presentava una seconda memoria difensiva che ripercorreva l’iter del procedimento e ribadiva le ragioni illustrate nel controricorso;
Ritenuto che
– per un consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte (sez. VI n. 864 del 2016 e sez. VI n. 25 del 2016) è consentito il mantenimento del diritto all’agevolazione “de qua” anche nel caso in cui il trasferimento della residenza nel Comune ove è ubicato l’alloggio acquistato o nel medesimo alloggio acquistato qualora trattasi di riacquisto entro l’anno non sia stato tempestivo, cioè non sia avvenuto nel termine di legge di 18 mesi, per causa di forza maggiore sul duplice presupposto che tale esimente non opera solo nell’ambito del diritto delle obbligazioni e che il richiamato termine di 18 mesi è elemento costitutivo della fattispecie e non un termine entro cui esercitare un diritto a pena di decadenza ex art. 2964 e sgg. cod. civ.;
– un altrettanto consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte (ex multis sez. III n. 17871 del 2003 e sez. III n. 845 del 1995) stabilisce che “causa di forza maggiore è soltanto quella imprevedibile e sopravvenuta che non dipende da un comportamento addebitabile anche solo a titolo di colpa nelle varie specie e nei vari gradi di questa” e quindi anche qualora trattasi di una mera colpa lieve;
– nel caso di specie l’avere la contribuente subito l’opposizione di un nuovo contratto di locazione transitoria, di durata annuale, stipulato dal precedente proprietario non può essere invocato come un fatto caratterizzato da inevitabilità ed imprevedibilità non imputabile alla contribuente medesima neppure a titolo di colpa lieve, giacchè costei, fin dal momento del rogito, usando una normale diligenza, avrebbe potuto e dovuto accorgersi che l’originario contratto di locazione dell’immobile da lei acquistato ed espressamente richiamato nel rogito medesimo aveva già superato la durata di mesi diciotto e quindi non poteva avere più la natura di un contratto di locazione per esigenze di natura transitoria e veniva assoggettato alla diversa disciplina dei contratti ordinari di locazione per uso abitativo. Ciò premesso, al fine di escludere la configurabilità della forza maggiore, diventa irrilevante il fatto che la contribuente avesse intrapreso una causa civile davanti al Tribunale di Roma per ottenere la declaratoria di finita locazione e la condanna della locataria al rilascio dell’immobile e diventa altresì irrilevante la sentenza del giudice che, correttamente, fissava la scadenza dei contratto alla data del 31 dicembre 2010;
– le esposte argomentazioni non costituiscono una nuova ricostruzione dei fatti opposta a quella effettuata dai giudici del merito che, come tale, sarebbe preclusa al giudice di legittimità e comporterebbe l’inammissibilità del ricorso, bensì esprimono un giudizio di riferibilità o meno del fatto accertato alla norma di cui si chiede l’applicazione (cosiddetto vizio di sussunzione), il che rientra nel sindacato di questa Corte;
– alle esposte argomentazioni consegue l’accoglimento del ricorso con conseguente cassazione senza rinvio della sentenza impugnata e rigetto dell’originario ricorso proposto dalla contribuente. La peculiarità della fattispecie in esame induce alla compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente e compensa le spese dell’intero giudizio.
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