CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 01 febbraio 2019, n. 3112
Tributi – ICI – Esenzione ex art. 4, D.Lgs. n. 504 del 1992 – Immobili di proprietà comunale gestiti da società “in house” – Esclusione
Rilevato che
1. Il Comune di Torino notificava a Società Metropolitana A.T. s.p.a. un avviso di accertamento relativo all’Ici per gli anni dal 2005 al 2009 in relazione a infrastrutture idriche dalla stessa gestite. Si trattava, in particolare, di infrastrutture concesse da A. a Società Metropolitana A.T. s.p.a. per la gestione del servizio idrico integrato nei territori dei singoli comuni, tra i quali era compreso il Comune di Torino, che erano associati di detta Autorità. In forza di convenzione stipulata il 1 ottobre 2004, Autorità d’ambito aveva affidato in forma diretta, senza espletamento di gara ad evidenza pubblica ed ai sensi dell’articolo 113, comma 5, n. 3, della legge 267/2000, per la durata di anni 30 le infrastrutture idriche di proprietà dei comuni associati per la gestione del servizio idrico integrato. La Società metropolitana impugnava l’avviso di accertamento sostenendo la non debenza dell’Ici per difetto di soggettività passiva. La commissione tributaria provinciale di Torino rigettava il ricorso. Proposto appello da parte della contribuente, la commissione tributaria regionale del Piemonte lo accoglieva sul rilievo che Società Metropolitana si configurava come una società pubblica, cosiddetta in house providing, con capitale interamente pubblico e sulla quale Autorità d’ambito, di cui facevano parte i comuni associati, esercitava un controllo funzionale, gestionale e finanziario tale per cui la società, a differenza dei normali operatori commerciali che agivano in regime di libera concorrenza, non aveva autonomia alcuna. Ne derivava che la società non poteva essere individuata come concessionario, inteso come soggetto terzo e distinto rispetto all’ente locale, ma come una mera articolazione interna dell’ente stesso in base ad un rapporto di delegazione interorganica incompatibile con quello di concessione, con la conseguenza che i beni demaniali costituiti dall’impianto di potabilizzazione rimanevano di proprietà del Comune e fruivano dell’esenzione di imposta ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 504/1992.
2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione il Comune di Torino affidato ad un motivo illustrato con memoria. La contribuente si è costituita in giudizio con controricorso pure illustrato con memoria.
Considerato che
1. Con l’unico motivo il ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 3, cod. proc. civ.. in relazione agli artt. 3, comma 2, del decreto legislativo 504/1992 e 113, comma 5, del decreto legislativo 267/2000. Sostiene che la nozione di società in house assume rilevanza al solo fine delle procedure ad evidenza pubblica di modo che, in deroga alla generale obbligatorietà del rispetto delle procedure, il conferimento delle commesse a tali soggetti che costituiscono promanazione del soggetto pubblico, avviene in via diretta e senza gara. Tuttavia tale fenomenologia è indifferente rispetto alla natura del singolo affidamento e rispetto alla distinta soggettività giuridica dell’affidatario che deve considerarsi come un concessionario tenuto al pagamento dell’Ici.
2. Osserva la Corte che l’affidamento del servizio alla società da parte di Autorità d’ambito è avvenuto in forza della convenzione stipulata il 1 ottobre 2004 ai sensi dell’art. 113, comma 5, della legge 267/2000, come modificato dalla legge 326/2003, che prevede: << L’erogazione del servizio avviene secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dell’Unione europea, con conferimento della titolarità del servizio: 1) a società di capitali individuate attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica; 2) a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche; 3) a società a capitale interamente pubblico a condizione che l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano». Nel caso di specie si tratta, come accertato dalla CTR, di società a capitale interamente pubblico e sulla quale Autorità d’ambito, di cui facevano parte i comuni associati, esercita un controllo funzionale, gestionale e finanziario; ed ha accertato la CTR che le infrastrutture sono state concesse gratuitamente dai Comuni associati alla società. Ora, la CTR ha ritenuto che gli immobili costituenti le dotazioni strumentali della società sono di proprietà del Comune e fruiscono dell’esenzione di imposta ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 504/1992 in considerazione del fatto che la società stessa costituisce una mera articolazione interna dell’ente pubblico in base ad un rapporto di delegazione interorganica incompatibile con quello di concessione. Questa Corte ritiene che la CTR non abbia fatto corretta applicazione delle norme di legge, dovendosi considerare che gli immobili sono gestiti in regime di concessione dalla società costituita in forma commerciale ove il permanere della proprietà degli immobili in capo ai comuni associati costituisce il presupposto della concessione stessa ed ove la gratuità dell’uso non muta la natura di essa, trattandosi comunque di un rapporto tra soggetti distinti, A. da una parte e Società Metropolitana A.T. s.p.a. dall’altra. Non è sufficiente, quindi, il permanere della proprietà in capo ai Comuni e la gratuità dell’uso per affermare, come ha fatto la CTR, che ricorra l’esimente dell’art. 4 d. Igs 504/92, considerato che tali beni sono stati concessi in uso ad un distinto soggetto giuridico costituito da una società commerciale che è tenuta, come tale, al pagamento dell’imposta ai sensi dell’art. 3, comma 2, del d. Igs. medesimo, posto che neppure rileva la circostanza che le scelte gestionali e finanziarie dipendano dagli enti pubblici che detengono totalmente le partecipazioni societarie, essendo ciò connaturato alla qualità di soci di detti enti. Neppure potrebbe astrattamente ritenersi che ricorra l’esimente di cui all’art. 7, comma 1, lett. a, del d. Igs 504/92, dovendosi considerare che la giurisprudenza di questa Corte in materia ha chiarito che l’ente proprietario potrebbe beneficiare dell’esenzione qualora: a) gli immobili siano destinati alle attività oggettivamente esenti (cfr. Cass. sez. 5, 24 febbraio 2012, n. 2821); b) la gestione degli immobili sia affidata gratuitamente al soggetto terzo; c) quest’ultimo sia ente non commerciale al primo strumentalmente collegato ed appartenente alla stessa struttura del concedente (Cass. n. 23821 del 01/10/2018; Cass. n. 25508 del 18/12/2015). Nel caso che occupa, invero, pur sussistendo i primi due presupposti, difetta il terzo, posto che la società concessionaria, pur essendo totalmente partecipata dai comuni associati ad A. (dal che deriva che le scelte funzionali e finanziare promanano dall’ente pubblico), è costituita in forma di società commerciale.
3. Il ricorso va dunque accolto e l’impugnata sentenza cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384, comma 2, cod. proc. civ., ed il ricorso originario della contribuente va rigettato. Le spese processuali dei giudizi di merito si compensano tra le parti per l’evoluzione nel tempo della giurisprudenza in materia e quelle di questo giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente. Compensa le spese processuali relative ai giudizi di merito e condanna la contribuente a rifondere al Comune di Torino le spese processuali di questo giudizio che liquida in complessivi euro 10.000,00, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% ed oltre agli accessori di legge.
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