CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 01 febbraio 2019, n. 3143
Validità ricorso introduttivo – Omessa indicazione in modo formale dell’oggetto della domanda e degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto – Petitum sotto il profilo sostanziale e processuale
Rilevato che
Il Tribunale di Lucca, con le sentenze nn. 198 e 199/2012, accoglieva le domande proposte da M.R.F. e T.L. nei confronti di A.G. s.r.l. volte a conseguire differenze retributive maturate in relazione al rapporto di lavoro inter partes, nella misura, rispettivamente, di euro 4.552,99 ed euro 19.084,40.
La pronuncia veniva riformata dalla Corte d’Appello di Firenze che, in accoglimento del gravame interposto dalla società, dichiarava la nullità del ricorso introduttivo del giudizio per la mancata indicazione da parte dei lavoratori, dell’inquadramento contrattuale loro attribuito nei periodi in cui i rapporti di lavoro erano stati regolarizzati, nonché del c.c.n.l.. di cui veniva invocata l’applicazione per il periodo non regolarizzato, trattandosi di elementi rilevanti ai fini della determinazione delle retribuzioni spettanti; la Corte di merito deduceva altresì che pur essendo indicati i titoli per i quali venivano rivendicate le differenze retributive, non era stato specificato se il calcolo fosse stato elaborato sulla base della dedotta retribuzione convenzionale.
La cassazione di tale pronuncia è domandata da M.R.F. e T.L. sulla base di due motivi.
La società intimata non ha svolto attività difensiva.
Considerato che
1.Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 414 c.p.c..
Si deduce che gli approdi ai quali sono pervenuti i giudici del gravame contrastino con i principi consolidati nella giurisprudenza di questa Corte, alla cui stregua, per affermare la nullità del ricorso non è sufficiente una omissione meramente formale degli elementi richiesti dai nn.3 e 4 dell’art. 414 c.p.c. essendo necessario che di essi sia impossibile l’individuazione attraverso l’esame complessivo dell’atto. Si soggiunge che la nullità è da escludersi allorchè siano indicati i periodi di attività lavorativa, l’orario di lavoro, l’inquadramento ricevuto, la somma complessivamente pretesa e i titoli in base ai quali le somme sono rivendicate, essendo irrilevante la mancata formulazione di conteggi analitici.
Viene, poi, evidenziato che – come del resto precisato dalla Corte di merito – nello specifico erano stati indicati in ricorso i periodi lavorativi, gli orari e le mansioni svolte, elementi sufficienti ad escludere la nullità dell’atto secondo i condivisibili orientamenti espressi in tema, dalla giurisprudenza di legittimità.
2. Il secondo motivo prospetta violazione e falsa applicazione dell’art.156 c.p.c.
Premesso che la nullità non può essere mai pronunciata se l’atto ha raggiunto Io scopo cui è destinato, si osserva che, nello specifico, la società appellante aveva preso piena posizione nelle sue difese, su tutti i fatti costitutivi della domanda avversaria, entrando nel merito dei conteggi sindacali allegati.
3. I motivi, che possono congiuntamente trattarsi, siccome connessi, sono fondati.
Il Collegio, quale giudice del fatto processuale, rammenta che questa Corte ha più volte affermato il principio in base al quale nel rito del lavoro, per aversi nullità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, non sia sufficiente l’omessa indicazione in modo formale dell’oggetto della domanda e degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto su cui la stessa si fonda, essendo invece necessario che sia omesso o del tutto incerto il petitum sotto il profilo sostanziale e processuale, nel senso che non ne sia possibile l’individuazione attraverso l’esame complessivo dell’atto (Cass.22/3/2018 n. 7199, Cass. 4/3/2017 n. 6610, Cass. 8/2/2011 n. 3126, Cass. 16/1/2007 n. 820).
Si è talvolta anche precisato che non può aversi nullità tutte le volte in cui sia comunque possibile l’individuazione di tali elementi attraverso l’esame complessivo dell’atto ed i riferimenti anche ai documenti contenuti nella domanda introduttiva (Cass. 25/7/2001 n. 10154, Cass. 9/8/2003 n. 12059, Cass. 21/9/2004 n. 18930).
4. Ciò posto, si rileva nel presente giudizio che nella domanda attorea non era omesso o del tutto incerto il petitum sotto il profilo sostanziale e processuale, in relazione agli elementi di fatto ed alle ragioni di diritto che lo supportavano, risultando adeguatamente specificati i titoli delle pretese, oltre alla quantificazione delle somme richieste.
Non è certo idonea ad invalidare la domanda in modo così radicale da determinarne la nullità, meritevole di una preclusione in rito senza esaminare il merito della questione, la carenza di indicazione del c.c.n.l. di riferimento, o la specificazione delle modalità di calcolo delle somme rivendicate (se riferite alla retribuzione convenzionale a quella prevista dalla contrattazione collettiva), secondo la tesi accreditata dalla Corte distrettuale; dette carenze non erano in grado di compromettere la possibilità di individuare con precisione i fatti e gli elementi di diritto posti a fondamento della domanda, né di pregiudicare l’altrui diritto di difesa e » la comprensione del thema decidendum.
5. Del resto, secondo i principi affermati da questa Corte, che vanno qui ribaditi, nel rito del lavoro, ove sia stata omessa o sia errata l’indicazione del contratto collettivo applicabile, non ricorre la nullità del ricorso introduttivo di cui all’art. 414 c.p.c., in quanto rientra nel potere-dovere del giudice acquisirlo d’ufficio ex art. 421 c.p.c., qualora vi sia solo contestazione circa la sua applicabilità, non comportando tale acquisizione una supplenza ad una carenza probatoria su fatti costitutivi della domanda, ma piuttosto il superamento di una incertezza su un fatto indispensabile ai fini del decidere (vedi Cass. 14/3/2017 n. 6610).
In fattispecie che presenta analogie rispetto a quella in questa sede scrutinata, ed in linea con l’orientamento descritto, è stata riformata la pronuncia della Corte di merito che aveva ritenuto la nullità del ricorso (volto all’accertamento della sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato) per mancata indicazione del c.c.n.l. applicabile e dell’inquadramento di riferimento, benché fossero state allegate le mansioni concretamente esercitate e le ulteriori circostanze in cui era stata resa la prestazione, proprio in applicazione del principio in base a quale la nullità del ricorso introduttivo del giudizio ex art. 414 c.p.c. può essere pronunciata solo quando sia assolutamente impossibile l’individuazione del petitum o della causa petendi attraverso l’esame complessivo dell’atto, perché in tal caso il convenuto non è posto in condizione di predisporre la propria difesa né il giudice di conoscere l’esatto oggetto del giudizio (cfr. Cass.17/7/2018 n.19009).
6. Né può sottacersi, sotto altro versante, l’operatività del principio di diritto secondo cui: “nel rito del lavoro il ricorrente deve – analogamente a quanto stabilito per il giudizio ordinario dal disposto dell’art. 163, n. 4, c.p.c. – indicare ex art. 414, n. 4, c.p.c., nel ricorso introduttivo della lite gli elementi di fatto e di diritto posti a base della domanda. In caso di mancata specificazione ne consegue la nullità del ricorso, da ritenersi però sanabile ex art. 164, comma quinto, c.p.c. (norma estensibile anche al processo del lavoro). Corollario di tali principi è che la mancata fissazione di un termine perentorio da parte del giudice, per la rinnovazione del ricorso o per l’integrazione della domanda, e la non tempestiva eccezione di nullità da parte del convenuto ex art. 157 c.p.c., del vizio dell’atto, comprovano l’avvenuta sanatoria della nullità del ricorso dovendosi ritenere raggiunto lo scopo ex art. 156, comma secondo, c.p.c.” (Cass. SS.UU. n. 11353 del 2004; conformi: Cass. n. 19900 del 2005; Cass. n. 6154 del 2006; Cass. n. 13878 del 2007; Cass. n. 4557 del 2009).
Pertanto, nella specie, in mancanza di fissazione del termine perentorio da parte del giudice di primo grado, per la rinnovazione del ricorso o per l’integrazione della domanda, nonché in difetto di tempestiva eccezione di nullità da parte di entrambi i convenuti rispetto alla domanda avversa, risulta comprovata l’avvenuta sanatoria della nullità del ricorso dovendosi ritenere raggiunto lo scopo ex art. 156 c.p.c., comma 2.
7. Conclusivamente alla luce delle superiori argomentazioni, la pronuncia impugnata che, pur richiamandosi ai summenzionati principi, non ne ha disposto corretta applicazione, va cassata con rinvio alla Corte distrettuale designata in dispositivo la quale, superata la preclusione in rito, deciderà nel merito l’impugnazione proposta.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Firenze in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio.
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