CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 01 febbraio 2022, n. 2941
Tributi – Accertamento – Conti correnti intestati al coniuge ed ai figli – Versamenti e prelevamenti non giustificati – Attribuzione all’attività del contribuente – Presunzione legale – Onere di prova contraria
Fatti di causa
Sulla base del processo verbale di constatazione redatto in data 20 maggio 2009 dalla Guardia di Finanza – Compagnia di Viterbo, il locale ufficio dell’Agenzia delle Entrate notificò al Sig. A. M. (d’ora in poi, anche “il contribuente”) l’avviso di accertamento n. TKL010202380/2010 relativo all’anno d’imposta 2007, con il quale rilevò: che il contribuente, titolare della ditta individuale M. Auto di M. A. operante nel campo del commercio di autoveicoli, non aveva presentato le dichiarazioni fiscali ed era pertanto da considerarsi evasore totale; che la Guardia di Finanza aveva riscontrato sui conti correnti intestati alla ditta individuale, al contribuente, alla moglie e alle figlie dello stesso versamenti non giustificati pari ad euro 1.172.023,70 e prelevamenti non giustificati pari ad euro 1.137.481,93.
Accertò pertanto ai fini Irpef e Irap un maggior reddito d’impresa di euro 2.309.506, ex art. 41-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e, ai fini Iva, l’omessa fatturazione di operazioni imponibili pari ad euro 1.172.023,70, oltre all’omessa regolarizzazione di acquisti senza fattura pari ad euro 1.137.481,03 ex art. 54 del d.P.R. n. 633 del 1972.
Il contribuente propose ricorso, deducendo che l’ufficio non aveva tenuto conto del fatto che egli utilizzava in maniera promiscua il conto corrente a lui intestato, i conti correnti della ditta individuale “M. Auto di M. A.” e della società M.T.A srl, le cui quote appartenevano paritariamente a lui e alla moglie. Inoltre, secondo il contribuente, nelle indagini sfociate nell’avviso di accertamento sarebbero stati presi in considerazione i conti correnti intestati anche al coniuge ed alle figlie, senza dare prova che i movimenti bancari di tali soggetti terzi fossero riconducibili a lui.
La CTP adìta accolse il ricorso.
Su appello dell’ufficio, la CTR del Lazio confermò la sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza d’appello l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, fondato su di un unico motivo.
Il P.G. ha concluso, per iscritto, per l’accoglimento del ricorso.
L’Agenzia delle Entrate ha depositato memoria ex art. 380 – bis.1. c.p.c., con cui ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
La causa, chiamata originariamente all’adunanza del 12 febbraio 2021, è stata rinviata a nuovo ruolo per consentire la rinnovazione della notifica del ricorso al contribuente da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Quest’ultima ha ottemperato all’ordine di rinotifica eseguendola correttamente presso la residenza del contribuente (Sez. U., n. 10817/2008, Rv. 603086-01).
La causa è stata richiamata all’udienza del 24 novembre 2021.
Il contribuente è rimasto intimato.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo di ricorso, rubricato “Violazione degli artt. 32, comma 1, n. 2 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 e 51, comma 2, n. 2 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c.”, l’Agenzia si lamenta che la sentenza impugnata avrebbe disapplicato le presunzioni legali previste dalle norme indicate in rubrica, subordinandole alla “concreta riferibilità” dei conti correnti e dei rapporti bancari al contribuente e all’attività da lui esercitata.
La sentenza, inoltre, avrebbe escluso l’operatività delle richiamate presunzioni legali con l’affermazione che la maggior parte dei movimenti accertati sui conti correnti del contribuente e dei suoi familiari sarebbero riferibili alla società di capitali e non all’impresa individuale da lui gestita oggetto di verifica.
Argomenta l’Agenzia delle Entrate che ai fini dell’accertamento e della rettifica nei confronti del contribuente essa può valersi anche delle risultanze degli accertamenti sui conti correnti intestati a familiari del contribuente.
D’altronde, come risulta dallo stesso processo verbale di constatazione, lo stesso contribuente aveva ammesso che i conti correnti cointestati con la moglie erano gestiti da lui.
1.1. Il motivo è fondato.
La sentenza impugnata, dopo aver correttamente esposto i principi di operatività delle presunzioni legali di cui all’art. 32, comma 1; n. 2 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, afferma apoditticamente, nella sua ultima parte, che “nella specie i rapporti accertati concernono in via principale l’attività della M.T.A, società partecipata dall’appellato ma con un giro di affari notevolmente superiore a quello della ditta individuale, con la conseguenza che agli stessi mancano i requisiti di precisione e concordanza necessari per assurgere al rango di presunzioni e poter essere utilizzati ai sensi del ripetuto art. 32”.
Senonché, con tale affermazione, la CTR ha essa stessa fatto assurgere a petizione di principio la riferibilità “in via principale” dei movimenti bancari indagati dall’Agenzia all’attività della M.T.A, sulla base dell’inconferente motivo che tale società aveva un giro di affari notevolmente superiore a quello dell’impresa individuale oggetto di accertamento.
In realtà, il contribuente avrebbe dovuto fornire la prova specifica che delle singole movimentazioni bancarie, utilizzate dall’Agenzia ai fini dell’accertamento del reddito riveniente dall’attività dell’impresa individuale facente capo al M., egli ne aveva già tenuto conto per la determinazione del reddito imponibile prodotto dalla società di capitali (cfr. Cass., sez. 5, n. 26111/2015).
La sola circostanza che i conti bancari oggetto di indagine fossero utilizzati in maniera promiscua sia per l’attività della società di capitali che per quella dell’impresa individuale non giustifica l’imputazione dei movimenti alle operazioni svolte dalla società di capitali.
Invero, è anche incomprensibile il criterio in base al quale la CTR ha imputato i movimenti bancari ricostruiti dall’Agenzia delle Entrate all’attività economica della società di capitali anziché a quella dell’impresa individuale: il maggior giro d’affari della società di capitali non può essere, di per sé, l’unica ragione per attribuire all’attività economica di tale società i movimenti bancari presi in considerazione dall’Agenzia.
Resta, inoltre, non spiegato in sentenza per quale motivo, ammesso che i movimenti sui conti correnti afferissero “prevalentemente” all’attività economica della società di capitali, nessuno di essi abbia concorso a determinare il reddito imponibile dell’impresa individuale, visto che era stato lo stesso contribuente, in sede di accertamento con adesione, a proporre una imputazione proporzionale dei movimenti dei conti correnti bancari anche all’impresa individuale.
2. In conclusione, il ricorso deve essere accolto, la sentenza impugnata cassata e la causa rimessa alla CTR del Lazio, in diversa composizione, per un nuovo giudizio.
3. Il giudice del rinvio provvederà anche alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per la regolazione delle spese del presente giudizio, alla CTR del Lazio in diversa composizione.
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