CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 01 giugno 2021, n. 15252

Tributi – Riscossione – Iscrizione ipotecaria su immobile conferito in fondo patrimoniale – Debito tributario sorto per l’esercizio dell’attività imprenditoriale – Obbligazione sorta per soddisfare i bisogni della famiglia – Legittimità- Onere di prova contraria a carico del contribuente

Rilevato che

1. La società Equitalia Servizi di Riscossione Spa propone un unico motivo di ricorso per la cassazione della sentenza n. 926/16 depositata il 15 aprile 2016, con la quale la Commissione Tributaria Regionale della Puglia in parziale riforma della sentenza di primo grado dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice adito per i crediti non aventi natura tributaria, confermando l’annullamento dell’iscrizione ipotecaria su immobile conferito in fondo patrimoniale, sul rilievo che si trattava per il resto di debiti fiscali derivanti dall’attività imprenditoriale e correlati ai bisogni della famiglia in modo indiretto, onerando il creditore di provare l’attinenza con i bisogni familiari.

La Commissione Tributaria Regionale, in particolare, rilevava l’illegittimità dell’iscrizione ipotecaria confermando che l’onere di provare che l’obbligazione sia sorta per bisogni estranei alla famiglia e che detto onere non era stato assolto dalla concessionaria.

Il contribuente resiste con controricorso, mentre l’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso adesivo alle difese della concessionaria.

Considerato che

2. Preliminarmente, questa Corte ha avuto modo più volte di ripetere che qualora un atto, anche se denominato controricorso, non contesti il ricorso principale ma aderisca ad esso, deve qualificarsi come ricorso incidentale di tipo adesivo, con conseguente inapplicabilità dell’articolo 334 c.p.c. in tema di impugnazione incidentale tardiva; ciò non esclude che, nell’ipotesi di non contestazione del ricorso principale, quello incidentale possa contenere la richiesta di cassazione della sentenza impugnata per ragioni diverse da quelle fatte valere dal ricorrente in via principale, bastando in tal caso che il medesimo abbia rispettato per la sua proposizione il termine di cui all’articolo 327, comma 1, c.p.c. (Cass. 17 dicembre 2009, n. 26505). Il ricorso incidentale, sostanzialmente adesivo al ricorso principale, proposto a tutela di un interesse della parte che sia da ritenere sorto non già per effetto dell’impugnazione altrui, non diretta contro di essa, ma in conseguenza della emanazione della sentenza, non si sottrae cioè all’onere dell’osservanza dei termini ordinari di impugnazione, con la conseguenza che, per tale tipo di ricorso, non trovano applicazione i termini previsti dall’articolo 334 c.p.c. per l’impugnazione incidentale tardiva (Cass. 21 marzo 2007, n. 6807). In altri termini le regole della impugnazione tardiva, in osservanza dell’art. 334 c.p.c. e in base al combinato disposto degli articoli 370 e 371 c.p.c., operano esclusivamente per l’impugnazione incidentale in senso stretto, e cioè proveniente dalla parte contro la quale è stata proposta l’impugnazione principale, solo alla quale è consentito presentare ricorso nelle forme e nei termini di quello incidentale, per l’interesse a contraddire e a presentare, contestualmente con il controricorso, l’eventuale ricorso incidentale anche tardivo. Invece, quando il ricorso di una parte abbia contenuto adesivo a quello principale, non trovano applicazione i termini e le forme del ricorso incidentale (tardivo), dovendo invece osservarsi la disciplina dettata dall’articolo 325-327 c.p.c. per il ricorso autonomo, cui è altrettanto soggetto qualsiasi ricorso successivo al primo, che abbia valenza d’impugnazione incidentale, qualora investa un capo della sentenza non impugnato con il ricorso principale o lo investa per motivi diversi da quelli fatti valere con il ricorso principale (Cass. 21 gennaio 2014, n. 1120; Cass. 7 ottobre 2015, n. 20040; n.  24155 de/ 13/10/2017 ). Nel caso di specie, la ricorrente in via incidentale ha espressamente dichiarato di voler «confermare la fondatezza dell’avverso ricorso», senza spiegare ulteriori motivi di illegittimità del provvedimento impugnato, richiamando argomenti sovrapponibili a quelli già svolti dalla concessionaria. Si tratta pertanto di controricorso contenente un ricorso incidentale sostanzialmente adesivo a quello principale, l’interesse alla proposizione del quale è sorto indirettamente, dalla proposizione del ricorso principale, soggetto all’applicazione del disposto dell’art. 334 c.p.c.

3. Con un unico motivo di ricorso la società di riscossione lamenta la violazione del n. 3 dell’art. 360 c.p.c., denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 170 e 2697 c.c.; per avere la Commissione tributaria affermato che anche un debito tributario sorto per l’esercizio dell’attività imprenditoriale può ritenersi contratto per soddisfare i bisogni della famiglia a condizione che si dimostri che l’obbligazione è sorta per soddisfare detti bisogni, non essendo sufficiente che il debito derivi dall’attività professionale o di impresa, gravando erroneamente sul creditore l’onere di provare l’estraneità del debito fiscale ai bisogni della famiglia, onere che, al contrario, ad avviso della ricorrente, gravava sul contribuente e che lo stesso non aveva assolto. Deduce altresì che il criterio identificativo per cui può aver luogo l’esecuzione sui beni del fondo va ricercato non già nella natura dell’obbligazione contrattuale o extracontrattuale, ma nella relazione tra il fatto generatore di essa ed i bisogni della famiglia; con la conseguenza che anche un debito tributario sorto per l’esercizio dell’attività professionale potrebbe ritenersi contratto per soddisfare tale finalità.

4. Il motivo è fondato.

Al riguardo, deve precisarsi che questa Corte, dopo alcuni arresti (cfr. Cass. 19667/2014, Cass. 15354/2015 e Cass. 10794/2016) che avevano affermato che l’esecuzione richiamata dall’art. 170 c.c., fosse estranea all’iscrizione ipotecaria che, quindi, doveva ritenersi generalmente consentita, ha statuito più specificamente, con principio al quale questo Collegio intende dare continuità, che “in tema di riscossione coattiva delle imposte, l’iscrizione ipotecaria di cui D.P.R. 602 del 1973, ex articolo 77, è ammissibile anche sui beni facenti parte di un fondo patrimoniale alle condizioni indicate dall’articolo 170 cod. civ., sicché è legittima solo se l’obbligazione tributaria sia strumentale ai bisogni della famiglia o se il titolare del credito non ne conosceva l’estraneità ai bisogni della famiglia o se il titolare del credito non ne conosceva l’estraneità ai bisogni della famiglia, circostanze che non possono ritenersi dimostrate, né escluse, per il solo fatto dell’insorgenza del debito nell’esercizio dell’impresa.”( Ordinanza n. 3738/2015; Cass. 23876/2015).

5. In conseguenza di ciò, il debitore deve necessariamente dimostrare non solo la regolare costituzione del fondo patrimoniale e la sua opponibilità al creditore procedente, ma anche che il debito nei confronti di tale soggetto sia stato contratto per scopi estranei alle necessità familiari.

Ciò posto, i beni costituenti fondo patrimoniale non possono essere sottratti all’azione esecutiva dei creditori quando lo scopo perseguito nell’obbligazione sia quello di soddisfare i bisogni della famiglia, da intendersi non in senso oggettivo, ma come comprensivi anche dei bisogni ritenuti tali dai coniugi in ragione dell’indirizzo della vita familiare e del tenore prescelto, in conseguenza delle possibilità economiche familiari. E, al riguardo, è stato affermato che “l’onere della prova dei presupposti di applicabilità dell’art. 170 cod. civ. grava su chi intenda avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale, sicchè, ove sia proposta opposizione, ex art. 615 cod. proc. civ., per contestare il diritto del creditore ad  agire esecutivamente, il debitore opponente deve dimostrare non soltanto la regolare costituzione del fondo e la sua opponibilità al creditore procedente, ma anche che il suo debito verso quest’ultimo venne contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia, a tal fine occorrendo che l’indagine del giudice si rivolga specificamente al fatto generatore dell’obbligazione, a prescindere dalla natura della stessa: pertanto, i beni costituiti in fondo patrimoniale non potranno essere sottratti all’azione esecutiva dei creditori quando lo scopo perseguito nell’obbligarsi sia quello di soddisfare i bisogni della famiglia, da intendersi non in senso meramente oggettivo ma come comprensivi anche dei bisogni ritenuti tali dai coniugi in ragione dell’indirizzo della vita familiare e del tenore prescelto, in conseguenza delle possibilità economiche familiari.” (Cass. n. 10166/2020; n. 20998/2018; Cass. n. 222761/2016; Cass. n. 641 e 5385 del 2015; Cass. Nn. 23876, 3738 del 2015; Cass. n. 4011 del 2013).

Nel caso in esame, la CTR è incorsa nel dedotto errore di diritto, laddove essa ha stabilito (pervenendo ad una soluzione giuridica antitetica all’orientamento di questa Corte) che, ai fini dell’iscrizione  ipotecaria sui beni immobili conferiti in fondo, incombe sul fisco l’onere di dimostrare che il debito che intende soddisfare sia stato contratto per il soddisfacimento dei bisogni della famiglia. Conclusivamente il ricorso deve essere accolto, con conseguente cassazione della pronuncia impugnata e rinvio alla CTR del Piemonte, in altra composizione, in quanto si rende necessario un nuovo accertamento in riferimento all’inerenza del debito ai bisogni della famiglia, secondo i principi giuridici sopra illustrati.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza e rinvia alla CTR della Puglia, in diversa composizione, anche per le spese del Giudizio di legittimità.