CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 01 giugno 2021, n. 15259
Tributi – Riscossione – Somme iscritte a ruolo – Interessi dovuti dalla ricorrente durante la fase di sospensione giudiziale dell’atto impugnato
Con ricorso ritualmente proposto, la S. S.p.A. in liquidazione impugnava la cartella di pagamento n. 108201300002046366, emessa dall’Agente della Riscossione Equitalia Centro S.p.A. su iscrizione a ruolo, per interessi ex art. 39 D.P.R. n. 602/73. L’iscrizione scaturiva dal giudizio, in precedenza, promosso dalla società per l’annullamento di avviso di accertamento dell’anno 2000, definito in primo grado dalla C.T.P. di Teramo con sentenza n. 30/01/2005 con l’ annullamento dell’atto ed, in secondo grado, con pronuncia della CTR Abruzzo n. 50/VI/06 favorevole all’Ufficio.
In esito alla sentenza della C.T.R., l’Ufficio aveva iscritto a ruolo ex art. 68 D. Lgs. n. 546/92 tutti gli importi dovuti dalla contribuente all’Erario in forza del predetto accertamento e, conseguentemente, l’Agente della riscossione aveva notificato, il 28.5.2008, la cartella di pagamento n. 108200800002792883. Nelle more del susseguente giudizio di Cassazione, promosso dalla società, la medesima C.T.R. con ordinanza n. 34/V/08 del 10.7.2008 aveva sospeso ex art. 373 c.p.c. l’esecuzione della sentenza, e conseguentemente, l’Ufficio aveva disposto la sospensione del ruolo.
All’esito del giudizio di Cassazione, definito con sentenza n. 4499/2013 con il rigetto del ricorso della società e condanna della stessa alle spese di lite, l’Ufficio aveva proceduto alla revoca della sospensione del ruolo ed all’ulteriore iscrizione degli interessi ex art. 39 D.P.R. n. 602/73, riguardanti il periodo compreso tra il 27.7.2008 (ossia il sessantesimo giorno dalla notifica della citata cartella n. 108200800002792883, termine ultimo per il pagamento della stessa, assunto quale dies a quo per il computo delle ulteriori spettanze) e il 22.2.2013, data del deposito della sentenza di legittimità, con cui si era concluso il giudizio.
Si realizzava, cosi, la seguente scansione temporale dei fatti:
– 23.10.2007: deposito sentenza n. 50/VI/06 della C.T.R. Abruzzo, che, in riforma del primo grado, aveva confermato la legittimità dell’avviso di accertamento n. RAC03A100583/04, relativo all’anno d’imposta 2000 (con interessi ex art. 20 DPR n. 602/73 dovuti sulle imposte, quindi dal 20.6.2001);
– 29. 5.2008: notifica cartella di pagamento n. 108200800002792883;
– 10.07.2008: ordinanza ex art. 373 della C.T.R. relativa alla sospensione dell’esecuzione;
– 22.2.2013: sent. 4499/2013 della Cassazione di rigetto del ricorso di parte (data assunta quale dies a quo per la revoca sospensione del ruolo);
– 2.4.2013: notifica alla parte di invito al pagamento della pregressa cartella “riattivata”;
– 8.5.2013: notifica alla parte della cartella n. 108201300002046366, avente ad oggetto gli interessi ex art. 39 dpr. n. 602/73 oggetto del presente giudizio.
Con riferimento al presente giudizio, la CTP di Teramo, con sentenza n. 109/01/2014 , in accoglimento parziale del ricorso, proposto da S. s.p.a contro la iscrizione a ruolo della Agenzia delle Entrate, Direzione provinciale di Teramo , a mezzo cartella di pagamento n. 108201300002046366, disponeva “la rideterminazione degli interessi dovuti dalla ricorrente durante la fase di sospensione giudiziale dell’atto impugnato a cura dell’Agenzia delle Entrate, al saggio di cui all’art. 20 D.P.R. n.602 del 1973” e in tal senso annullava in parte qua la cartella di pagamento impugnata, compensando tra le parti le spese di giudizio.
Avverso la predetta sentenza, proponeva appello l’Agenzia delle Entrate di Teramo chiedendo la conferma integrale della iscrizione a ruolo relativa a detta cartella di pagamento n. 108.2013.0000204663666, con applicazione degli interessi ai sensi dell’art. 39 D.P.R. n. 602/73 e la condanna alle spese di entrambi i gradi di giudizio.
Con sentenza n. 507/3/15, la CTR dell’Aquila, respingeva gli appelli proposti da Agenzia delle Entrate ed Equitalia Centro S.p.A..
Preliminarmente, la Commissione riteneva infondata la richiesta di difetto di legittimazione passiva avanzata da Equitalia Centro s.p.a.. Infatti sia l’Agenzia delle Entrate che Equitalia Centro S.p.A, in relazione alla diversa competenza su interessi di mora e aggio di riscossione, erano da ritenersi legittimate a stare in giudizio.
Rilevavano, inoltre, i giudici del gravame come la materia del contendere, alla luce degli atti, dovesse essere esclusivamente limitata alla corretta applicazione degli interessi in materia di sospensione giudiziale.
L’Agenzia delle Entrate assumeva doversi applicare, ai fini del calcolo degli interessi, la stessa disciplina sia per la sospensione amministrativa, di cui all’art. 39 D.P.R. n. 602/73, che per quella giudiziale, di cui all’art. 47 D.Lgs. n. 546/92 ritenendo corretto “in caso di sospensione dell’esecuzione” l’addebito degli interessi di cui allo stesso art. 39 D.P.R. n. 602/73 “stante l’identità di fattispecie o, al più, in via di interpretazione estensiva”.
La CTR riteneva, invece, che ciascuna delle sospensioni, quella amministrativa e giudiziale, fosse caratterizzata da aspetti, contenuti ed effetti del tutto specifici e differenti. Infatti, la sospensione amministrativa sospendeva l’esecutività del ruolo, mentre la sospensione giudiziale sospendeva la esecutività dell’atto impositivo, con conseguenti effetti caratteristici e differenziali.
In tal senso, il riferimento dell’Agenzia delle Entrate all’art. 39 citato, allo scopo di motivare la propria richiesta di interessi per il periodo di sospensione era errato, perché l’invocata normativa si riferiva soltanto ed esclusivamente alla sospensione amministrativa e non a quella giudiziale, in quanto la diversità strutturale delle due tipologie di sospensione, ostava all’applicazione analogica del predetto art. 39. Corretta era quindi la decisione impugnata che aveva disposto la rideterminazione degli interessi dovuti dalla società S. s.p.a durante la fase di sospensione giudiziale dell’atto impugnato a cura dell’Agenzia delle Entrate, al saggio di cui all’art. 20 D.P.R. n. 602 del 1973.
Avverso la su indicata pronuncia proponeva ricorso l’Agenzia delle Entrate con unico motivo:
– Violazione e falsa applicazione dell’art. 39 dpr n. 602/73, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.
L’intimata S. spa. si costituiva con controricorso. Deduceva preliminarmente la contribuente, l’inammissibilità del ricorso per la formazione di un giudicato esterno, a seguito della sentenza della stressa CTR di l’Aquila, n. 390/3/15, passata in giudicato, che conformemente alla relativa pronuncia di primo grado, aveva escluso, accogliendo la tesi della ricorrente, la debenza degli interessi moratori.
Si costituiva, altresì, Equitalia Centro spa che depositava controricorso e proponeva appello incidentale, relativamente al capo della sentenza che aveva ritenuto infondata l’eccezione relativa al proprio difetto di legittimazione passiva, con ulteriore condanna alle spese di lite.
La S. spa depositava memoria di udienza insistendo nelle conclusioni già assunte in controricorso.
Considerato che
Con il proposto motivo, la ricorrente l’Agenzia delle Entrate chiedeva l’applicazione degli interessi sull’obbligazione principale, sospesa in via giudiziale per il periodo 27.7.2008-22.2.2013, al saggio previsto dall’art. 39 DPR. n. 602/73, che trovava applicazione in tutte le ipotesi di sospensione, sia amministrativa che giudiziale.
Il motivo non è fondato. Come osservato da questa Corte, va premesso che non può dubitarsi, con riferimento alla debenza degli interessi, del fatto che la sospensione dell’esecutività della cartella esattoriale non rileva ai fini del calcolo degli interessi che, comunque, decorrono dalla notifica della cartella come disposto dall’articolo 30 d.P.R. n. 602 del 1973, che non è derogato nel caso di sospensione provvisoria dell’esecutività della cartella stessa» (Cass. n.31786/2019).
Tale interpretazione discende dal fatto che la sospensiva rappresenta uno strumento processuale che, in quanto tale, non incide sul rapporto sostanziale, oltre ad essere uno strumento di natura provvisoria, i cui effetti vengono travolti dalla pronuncia definitiva; pertanto, la cessazione degli effetti della sospensione, in conseguenza della sentenza di primo grado reiettiva del ricorso, determina la “caducazione” o il “travolgimento” degli effetti medesimi, comportando la possibilità di procedere a riscossione coattiva per l’intero credito dei relativi accessori.
Inoltre, per quanto attiene alla misura degli interessi , questa Corte ha già affermato che, qualora il ricorso del contribuente sia accolto solo parzialmente e la sentenza di merito confermi la legittimità del titolo impugnato, l’intervenuta sospensione giudiziale della riscossione di cartelle di pagamento non determina la necessità di una nuova iscrizione a ruolo per gli interessi intanto maturati sull’importo dell’imposta dovuta, fondandosi tale pretesa sul principio generale di cui all’art. 1282, primo comma, cod. civ., secondo cui i crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro producono interessi di pieno diritto in misura del tasso legale, salvo che la legge o il titolo dispongano diversamente (Cass. n. 15970/2014 cit.).
Pertanto, gli interessi “legali” sui crediti tributari iscritti a ruolo sono quelli previsti “per legge” nella misura stabilita dall’art. 30 d.P.R.n.602/1973; né può condurre a diversa conclusione l’introduzione nell’art. 47 d.lgs. n. 546 del 1992, ad opera dall’art. 9, comma 1, lett. r), num. 4), d.lgs. 24 settembre 2015, n. 156 (Misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario), del comma 8-bis, a mente del quale «durante il periodo di sospensione cautelare si applicano gli interessi al tasso previsto per la sospensione amministrativa».
Infatti, come condivisibilmente osservato, va ritenuto che tale disposizione abbia dato completezza alla disciplina del settore cautelare, chiarendo, per evidenti esigenze di razionalità e parità di trattamento, che il tasso di interesse, applicabile nel detto periodo, è parificato a quello che sarebbe stato da applicare laddove, anziché di sospensione giudiziale, si fosse trattato di sospensione amministrativa, ossia disposta, ai sensi dell’art. 39 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602. (Sul punto Cass.23548/2020).
In tal senso, va ritenuta assorbita l’eccezione formulata dalla resistente relativa all’esistenza di un giudicato esterno desumibile da altra decisione della CTR di l’Aquila n. 390/3/15.
Residua a questo punto l’esame del profilo attinente alla legittimazione di Equitalia Centro, così come valutata nella sentenza qui impugnata che, come visto, ha escluso il difetto di legittimazione processuale. Come rilevato, in sede di ricorso incidentale, avverso la sentenza della CTP, l’appello incidentale della soc. contribuente risulta proposto solo con riferimento all’applicazione del tasso di interesse ed alla compensazione delle spese. Pertanto non avendo nessuna delle parti proposto impugnazione su tale capo della sentenza, su questo punto risulta essersi formato il giudicato. Non corretta appare, quindi, per quel che qui viene espressamente dedotto, la condanna di Equitalia al pagamento in solido delle spese processuali.
Va, pertanto, rigettato il ricorso principale, accolto il ricorso incidentale e cassata la sentenza nei limiti di cui in motivazione, con annullamento della condanna alle spese di Equitalia. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale di Equitalia, cassa, nei limiti di cui in motivazione, la sentenza impugnata e annulla la condanna alle spese nei confronti di Equitalia.
Compensa le spese del giudizio di merito tra le parti ed integralmente le spese dell’intero giudizio tra Equitalia e le altre parti. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 10.000,00 oltre accessori di legge.