CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 01 giugno 2021, n. 15263
Tributi – Imposta di registro – Alternatività Iva-Registro – Contratto di factoring – Decreto ingiuntivo a carico del debitore ceduto – Imposta in misura fissa
Ritenuto che
1. In data 20 settembre 2007 la società H. s.p.a cedeva prò soluto a C.F. s.p.a., oggi M.I. s.p.a., un credito nei confronti della Azienda Ospedaliera Universitaria II-Università degli Studi di Napoli, che accettava detta cessione.
A seguito del mancato pagamento integrale del debito, C.F. s.p.a. otteneva decreto ingiuntivo dal tribunale di Napoli per la somma di euro 305.327, oltre accessori. L’agenzia delle entrate notificava avviso di liquidazione con cui liquidava l’imposta di registro applicando l’aliquota proporzionale del 3% ritenendo illegittimo il fatto che la parte avesse pagato l’imposta fissa ai sensi dell’articolo 40 del d.p.r. 131/86 in base al principio di alternatività dell’imposta di registro.
La commissione tributaria provinciale di Napoli accoglieva il ricorso con sentenza che era confermata dalla commissione tributaria regionale della Campania sul rilievo che il credito oggetto del decreto ingiuntivo era scaturito da un contratto di factoring che era un’operazione finanziaria rientrante indubbiamente nel campo di applicazione dell’Iva sicché, per il principio di alternatività Iva-Registro, il decreto ingiuntivo ottenuto a carico del debitore ceduto doveva scontare l’imposta fissa. Inoltre assumeva significato il fatto che l’agenzia delle entrate avesse adottato provvedimenti di autotutela in controversie similari anche per importi superiori a quello oggetto di causa.
Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione l’agenzia delle entrate affidato ad un motivo illustrato con memoria. La contribuente resiste con controricorso pure illustrato con memoria.
Considerato che
1. Con il primo motivo di ricorso l’agenzia delle entrate deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3, cod. proc. civ., in relazione all’art. 8, lett. b., della tariffa all. A al d.p.r. 131/1986 e all’art. 40 del t.u. 131/1986.
Sostiene che, in conseguenza della cessione del credito, si sono venuti a creare due distinti rapporti: l’uno, tra il cedente e il ceduto, l’altro tra quest’ultimo e il cessionario. L’obbligazione derivante dal decreto ingiuntivo non attiene al credito tra la cedente ed il ceduto sottoposto a Iva ma è relativo al diverso e autonomo rapporto tra il ceduto e la società cessionaria. Rapporto che non è soggetto a Iva, trattandosi di azione volta al recupero di un debito scaduto. Ne consegue che tale prestazione, che non è soggetta all’imposta sul valore aggiunto, va sottoposta all’imposta di registro con aliquota proporzionale.
2. Con il secondo motivo deduce nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 4, cod. proc. civ., per assoluta genericità della motivazione laddove la CTR ha affermato che l’agenzia delle entrate aveva adottato provvedimenti di autotutela in controversie similari anche per importi superiori a quello oggetto di causa.
3. Preliminarmente va rigettata l’eccezione preliminare svolta dalla controricorrente la quale deduce l’inammissibilità del ricorso per genericità, avendo la ricorrente esaurientemente esposto i fatti e le ragioni di doglianza.
4. In ordine al primo motivo di ricorso, osserva la Corte che l’obbligazione di pagamento che ha dato origine all’emissione del decreto ingiuntivo è distinta, sotto il profilo soggettivo, dall’obbligazione sorta dal rapporto tra la società H. s.p.a e l’Azienda Ospedaliera Universitaria Il-Università degli Studi di Napoli e da quella sorta tra la prima e C.F. s.p.a., oggi M. s.p.a., per effetto della cessione di credito in esecuzione di un contratto di factoring che, a norma dell’art. 3, comma 2, n. 3 del d.P.R. 633/72, rientra nel campo di applicazione dell’Iva pur essendo soggetta al regime dell’esenzione. La cessione del credito ha comportato il subentro della cessionaria C.F. s.p.a. nel rapporto giuridico tra la cedente H. s.p.a ed il debitore ceduto Azienda Ospedaliera Universitaria II.
La questione dell’assoggettamento all’imposta di registro in misura proporzionale o fissa del decreto ingiuntivo o della sentenza ottenuta dal cessionario del credito nei confronti del debitore ceduto è stata oggetto di esame da parte di questa Corte che si è pronunciata con la sentenza n. 11312 del 2000 in un caso in cui il cessionario del credito instava per l’assoggettamento a tassa fissa di registro del decreto ingiuntivo ottenuto nei confronti del debitore ceduto in forza del fatto che il credito era stato ceduto ad estinzione dell’obbligazione derivante dal contratto di appalto stipulato tra cedente e cessionario. Ha affermato la Corte che il pagamento del credito ceduto attiene al rapporto tra il cedente ed il debitore ceduto e non al rapporto tra cedente e cessionario, sicché è incongruo fare riferimento al trattamento fiscale della prestazione resa dal cedente al cessionario dovendosi piuttosto considerare, ai fini della tassazione, il diverso rapporto tra cedente e debitore originario.
Con la successiva sentenza n. 4802 del 2011 questa Corte, affermando di voler dare continuità all’orientamento già espresso con la sentenza n. 11312 del 2000, ha affermato, in realtà, un principio affatto diverso, ovvero che <<… l’obbligazione nascente dalla sentenza di condanna, non attiene al credito tra la cedente ed il ceduto, sottoposto ad IVA, ma è relativa al diverso ed autonomo rapporto tra il debitore ceduto e la Società cessionaria, per il che tale prestazione, che non è soggetta, neppure teoricamente (perché di fatto esentata), all’imposta sul valore aggiunto va, in conclusione, sottoposta ad imposta di registro, con aliquota proporzionale.>>
Questo collegio intende porsi in consapevole contrasto con la sentenza n. 4802 del 2011 e dare seguito, invece, al principio espresso con la più risalente sentenza n. 11312 del 2000 secondo cui, ai fini della tassazione della sentenza ottenuta dal cessionario contro il debitore ceduto, occorre avere riguardo alla natura del rapporto tra creditore cedente e debitore ceduto, per modo che, qualora quest’ultimo sia soggetto ad Iva, la sentenza stessa non è soggetta ad imposta proporzionale poiché il pagamento del debito originario era soggetto all’imposta sul valore aggiunto ai sensi dell’art. 40 del testo unico. >>
Questa soluzione interpretativa muove dalla premessa secondo cui il credito fatto valere dal cessionario nei confronti del debitore ceduto coincide con quello vantato dal creditore originario verso il debitore e muta solo con riguardo al soggetto cui il credito è stato ceduto, sostituendosi la figura del cessionario a quella del cedente.
A seguito della cessione del credito il debitore ceduto diviene obbligato verso il cessionario allo stesso modo in cui era tale nei confronti del suo creditore originario, tanto è vero che può opporre al cessionario tutte le eccezioni opponibili al cedente, sia quelle attinenti alla validità del titolo costitutivo del credito, sia quelle relative ai fatti modificativi ed estintivi del rapporto anteriori alla cessione od anche posteriori al trasferimento, ma anteriori all’accettazione della cessione o alla sua notifica o alla sua conoscenza di fatto (così Cass. n. 9842 del 20/04/2018 e Cass. n. 575 del 17/01/2001).
In considerazione della natura del credito originario, pacificamente rientrante nel campo dell’Iva, deve quindi affermarsi il principio secondo cui la sentenza con cui il debitore ceduto sia condannato al pagamento nei confronti del cessionario o del factor di un debito soggetto ad Iva deve essere tassata non in misura proporzionale con l’aliquota del 3% ai sensi dell’art. 8 della Tariffa allegata al d.P.R. 131/86 ma in base alla nota II al medesimo art. 8, secondo cui le sentenze di condanna non sono soggette all’imposta proporzionale per la parte in cui dispongono il pagamento di corrispettivi soggetti ad Iva ai sensi dell’articolo 40 del d.P.R. 131/86.
5. Il secondo motivo rimane assorbito.
6. Il ricorso va perciò rigettato. In considerazione dei precedenti giurisprudenziali non univoci sulla questione controversa, le spese processuali si compensano.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa le spese.
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