CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 01 marzo 2019, n. 6151
Contratto di agenzia – Mancanza di forma scritta – Qualificazione del rapporto di lavoro – Accertamento – Verbale ispettivo
Rilevato che
1. la Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 4673 pubblicata il 24.11.2016, in accoglimento dell’appello proposto da Fondazione Enasarco e in riforma della sentenza di primo grado, ha condannato la C. s.p.a. al pagamento in favore della Fondazione delle somme da questa pretese a titolo di contributi, sanzioni ed interessi sul presupposto della qualificazione come di agenzia dei rapporti formalmente di procacciamento d’affari intrattenuti dalla società negli anni dal 2004 al 2010;
2. la Corte territoriale ha ritenuto documentalmente provati una serie di elementi (tra cui la continuità e stabilità dei rapporti, durati ciascuno per un numero considerevole di anni, il contenuto della lettera di conferimento di incarico che fissa i corrispettivi in base alla tipologia di prodotti finanziari, la previsione di un’unica fatturazione mensile e progressiva, il comportamento complessivo delle parti e la instaurazione con alcuni di successivi rapporti di agenzia senza soluzione di continuità e con analoghe modalità) complessivamente sintomatici dello svolgimento tra le parti di riconducibili al contratto di agenzia;
3. ha valutato come generiche le contestazioni della società rapporti sui conteggi effettuati da Enasarco in relazione a ciascun agente ed ha condannato la società al pagamento degli importi risultanti dal verbale ispettivo;
4. avverso tale sentenza la C. s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, cui ha resistito con controricorso la Fondazione Enasarco;
5. entrambe le parti hanno depositato memoria, ai sensi dell’art. 380 bis.1. c.p.c.
Considerato che
6. col primo motivo di ricorso la C. s.p.a. ha censurato la sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 3, L. n. 241 del 1990, dell’art. 33, L. n. 183 del 2010 con riferimento agli artt. 1742, 1743, 1745, 1747, 1749 c.c. in relazione al verbale di accertamento ispettivo della Fondazione Enasarco del 16.7.2010 nonché per violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c.;
7. ha censurato la sentenza nella parte in cui ha escluso il dedotto vizio di inesistenza o carenza di motivazione del verbale ispettivo, in contrasto con le disposizioni che regolano tale obbligo motivazionale; ha sostenuto come il verbale suddetto fosse privo di qualsiasi elemento di fatto, frutto di indagine o accertamento, a supporto delle conclusioni raggiunte;
8. col secondo motivo la società ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 8, 29, L. n. 241 del 1990, in relazione al verbale ispettivo della Fondazione Enasarco del 16.7.2010 nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c.;
9. ha censurato la sentenza per non aver rilevato la nullità o l’illegittimità del verbale ispettivo per mancata indicazione del responsabile del procedimento;
10. col terzo motivo di ricorso la C. s.p.a. ha censurato la sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. c.c., degli artt. 1742, 1743, 1745, 1746, 1749 c.c. con riferimento ai contratti di procacciamento di affari nonché al verbale ispettivo della Fondazione Enasarco del 16.7.2010; inoltre per violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c.;
11. ha criticato la qualificazione come agenzia dei rapporti di lavoro in quanto eseguita senza tener conto del nomen iuris adottato dalle parti, della comune intenzione delle stesse come desumibile anche dal comportamento successivo alla conclusione dei contratti, in mancanza di qualsiasi accertamento in fatto compiuto dagli ispettori; ha definito illegittima e contraddittoria la sentenza nella parte in cui non ha dato rilievo alla mancanza di forma scritta necessaria per i contratti di agenzia, inoltre in relazione alla interpretazione e valutazione dei documenti, tra cui gli incarichi di procacciamento di affari, e degli altri elementi sintomatici valorizzati dalla Corte d’appello;
12. col quarto motivo di ricorso la società ha dedotto violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 112, 115, 116, 414, 416 c.p.c. in relazione agli artt. 1742 e ss. c.c. con riferimento al verbale ispettivo della Fondazione Enasarco del 16.7.2010 e ai contratti di procacciamento di affari oggetto dei rilievi ispettivi;
13. ha addotto il mancato adempimento dell’onere probatorio facente capo alla Fondazione ed ha richiamato a supporto e trascritto la motivazione della sentenza del Tribunale;
14. col quinto motivo di ricorso la società ha censurato la sentenza per violazione degli artt. 2730, 2733 c.c. in relazione all’art. 1742 c.c. con riferimento ai contratti di procacciamento di affari oggetto dei rilievi ispettivi nonché per violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c.;
15. ha affermato come la sentenza d’appello avesse omesso di rilevare la confessione fatta dalla Fondazione nel verbale ispettivo laddove aveva riconosciuto che i soggetti avevano assunto l’incarico di procacciatori di affari e che tutti erano iscritti alla Fondazione Enasarco, ciò in contrasto con la sanzione poi elevata per la mancata iscrizione;
16. col sesto motivo di ricorso la società ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 3, L. n. 335 del 1995 con riferimento alle pretese economiche di cui al verbale ispettivo, nonché violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., quanto al mancato rilievo ad opera della Corte d’appello dell’eccezione di prescrizione quinquennale;
17. il primo, il secondo ed il quinto motivo di ricorso devono essere dichiarati inammissibili atteso che investono profili di illegittimità del verbale ispettivo per il contenuto dello stesso, senza tuttavia riportare, neanche in parte o per estratto, la trascrizione delle parti rilevanti del verbale medesimo;
18. come ripetutamente affermato da questa Corte (Cass. n. 27209 del 2017; n. 12362 del 2006), il ricorso per cassazione deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito;
19. il terzo motivo di ricorso è infondato;
20. in relazione ai profili di violazione di legge sollevati col ricorso, occorre ribadire i confini del sindacato di legittimità sulla qualificazione del rapporto di lavoro operata dai giudici di merito, come tracciati da una consolidata giurisprudenza. E’ costante l’affermazione secondo cui, ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro, è censurabile in sede di legittimità soltanto la determinazione dei criteri generali e astratti da applicare al caso concreto, cioè l’individuazione del parametro normativo, mentre costituisce accertamento di fatto, come tale censurabile in sede di legittimità solo negli stretti confini dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. nel nuovo testo applicabile ratione temporis, la valutazione delle risultanze processuali al fine della verifica di integrazione del parametro normativo, (cfr. Cass., n. 17009 del 2017; Cass., n. 9808 del 2011; Cass., n. 13448 del 2003; Cass., n. 8254 del 2002; Cass., n. 14664 del 2001; Cass., n. 5960 del 1999);
21. la Corte d’appello ha correttamente individuato gli elementi indiziari dotati di efficacia probatoria sussidiaria ai fini della qualificazione giuridica del rapporto di lavoro, tenuto conto dei parametri normativi del rapporto di agenzia e del discrimine tra questo e il rapporto di procacciamento di affari, richiamando ampia e condivisa giurisprudenza di legittimità sul punto;
22. in tal modo la sentenza impugnata si è conformata ai principi di diritto enunciati da questa Corte e non merita le critiche che vengono mosse col motivo di ricorso in esame che, nella parte in cui muove censure dirette, nella sostanza, a sollecitare una rivalutazione, in senso favorevole alla società, del materiale probatorio raccolto risulta inammissibile, a maggior ragione alla luce del nuovo testo dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., come interpretato dalla giurisprudenza di questa Corte (S.U. n. 8053 del 2014);
23. considerazioni analoghe possono ripetersi riguardo al quarto motivo di ricorso; non solo non vi è spazio per configurare la dedotta violazione dell’art. 2697 c.c., avendo la Corte d’appello correttamente addossato ad Enasarso l’onere probatorio, ma i rilievi mossi investono la valutazione delle prove e degli elementi indiziari posti a base della decisione e risultano per quanto già detto inammissibili in questa sede;
24. neppure il sesto motivo di ricorso può trovare accoglimento; non solo manca la trascrizione del verbale ispettivo da cui desumere gli elementi necessari ai fini della valutazione sul decorso della prescrizione ma la denuncia di violazione di legge appare assolutamente priva di specificità; la stessa infatti non esplicita le ragioni per cui debba ritenersi erronea la statuizione della sentenza impugnata quanto al rispetto della prescrizione quinquennale riguardo alla pretesa contributiva avanzata da Enasarco;
25. per le considerazioni svolte il ricorso deve essere respinto;
26. la regolazione delle spese di lite segue la regola della soccombenza, con liquidazione come in dispositivo;
27. si dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012 n. 228.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.000,00 per compensi professionali, in euro 200,00 per esborsi oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012 n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis del medesimo art. 13.
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