CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 01 marzo 2019, n. 6187
Estimi catastali – Accertamento – Immobili – Microzone – Riclassamento – Procedimento
Rilevato
che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis cod. proc. civ., delibera di procedere con motivazione semplificata;
che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della CTR della Puglia, sezione staccata di Lecce, che aveva rigettato il suo appello avverso la decisione della CTP di Lecce.
Quest’ultima aveva accolto l’impugnazione di C.L. e D.L.L. avverso un avviso di accertamento per estimi catastali, riferito al 2012;
Considerato
che il ricorso è affidato a tre motivi;
che, col primo, la ricorrente prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 295 cod. proc. civ. e 39 d.lgs n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 cod. proc. civ., in quanto la CTR avrebbe erroneamente omesso di disporre la sospensione per pregiudizialità del processo, stante la pendenza di un giudizio innanzi al Consiglio di Stato, riguardante la revisione di classamento di unità immobiliari nelle microzone 1 e 2 di Lecce;
che, con il secondo motivo, l’Agenzia assume la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 212 del 2000, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c.: diversamente dalla valutazione della CTR, l’avviso di accertamento non sarebbe stato carente di motivazione, avendo richiamato il provvedimento di attivazione del procedimento revisionale, nonché le ragioni poste a fondamento del riclassamento effettuato;
che, col terzo rilievo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt.1 comma 335 della legge n. 311 del 2004 e 61 del d.P.R. n. 1142 del 1949, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., in quanto la CTR avrebbe mancato di considerare che la norma in questione sarebbe stata volta a rendere uniforme il mancato aggiornamento delle rendite catastali, attenuando le sperequazioni fiscali all’interno di uno stesso Comune e dunque avrebbe consentito una revisione massiva dei classamenti degli immobili di proprietà. Da ciò la conclusione che il confronto avrebbe avuto senso solo fra microzone di uno stesso territorio comunale;
che gli intimati si sono costituiti con controricorso;
che il primo motivo è infondato;
che, infatti, la sentenza impugnata è stata pubblicata il 20 luglio 2017, allorquando, a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 156 del 2015, non ricorreva più un’ipotesi di sospensione necessaria, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., essendo eventualmente applicabile l’art. 337, comma 2 cod. proc. civ., il quale, in caso di impugnazione di una sentenza la cui autorità sia stata invocata in un separato processo, prevede soltanto la possibilità della sospensione facoltativa di quest’ultimo (Cass. sez. 6-5, n. 29553 dell’11/12/2017): di conseguenza, anche a voler superare la considerazione che il vizio denunciato non censura l’art. 337 comma 2° c.p.c., resta il fatto che la norma di legge da ultimo citata non obbliga il giudice a procedere alla sospensione;
che l’art. 39 comma 1 bis del d.lgs. n. 546 del 1992, aggiunto dall’articolo 9, comma 1, lettera o), del d.lgs. n. 156 del 2015, decorrente dal 1° gennaio 2016, secondo il quale “La commissione tributaria dispone la sospensione del processo in ogni altro caso in cui essa stessa o altra commissione tributaria deve risolvere una controversia dalla cui definizione dipende la decisione della causa“, non è evidentemente applicabile al caso di specie, essendo la pregiudizialità invocata riferita al Consiglio di Stato;
che anche il secondo ed il terzo motivo, da trattare congiuntamente, in ragione della loro connessione logica, non sono fondati; che invero il procedimento di “revisione parziale del classamento” di cui all’art. 1, comma 335, della legge 30 dicembre 2004 n. 311, non essendo diversamente disciplinato se non in relazione al suo presupposto fattuale, e cioè l’esistenza di uno scostamento significativo del rapporto tra i valori medi della zona considerata e nell’insieme delle microzone comunali, resta soggetto alle medesime regole dettate, ai fini della “revisione del classamento”, dall’art. 9 del d.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, sì che la sua attuazione è da ritenere sottratta alla piena discrezionalità della competente Amministrazione pubblica;
che, di conseguenza, non può ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento, qualora esso faccia esclusivo riferimento al rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale nella microzona considerata, rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, e al relativo scostamento ed ai provvedimenti amministrativi posti a fondamento del riclassamento, allorché da questi ultimi non siano chiaramente evincibili gli elementi (quali la qualità urbana del contesto nel quale l’immobile è inserito; la qualità ambientale della zona di mercato in cui l’unità è situata; le caratteristiche edilizie del fabbricato) che, in concreto, abbiano inciso sul diverso classamento (cfr., in termini, Cass. sez. 5 n. 22900 del 29/09/2017; Cass. sez. 6 T, n. 3156 del 17/02/2015);
che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 249 del 2017, ha fra l’altro affermato che “la natura e le modalità dell’operazione enfatizzano l’obbligo di motivazione in merito agli elementi che hanno, in concreto, interessato una determinata microzona, così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare; obbligo che, proprio in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento”, ribadendo così la necessità che l’Amministrazione adotti provvedimenti motivati in modo specifico e puntuale;
che questo Collegio non ritiene di dar seguito al diverso orientamento espresso da questa Corte di Cassazione con la sentenza sez. 5, n. 21176 del 19 ottobre 2016, circa la motivazione degli atti di classamento, trattandosi di precedente rimasto isolato;
che la CTR ha in definitiva applicato correttamente alla controversia i principi di diritto vigenti in materia;
che l’oscillazione fra gli orientamenti giurisprudenziali precedenti autorizza l’integrale compensazione delle spese di lite di tutti i gradi di giudizio;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa le spese di lite dei gradi di merito e del grado di legittimità.