CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 01 settembre 2020, n. 18162

Contributi previdenziali relativi alla Gestione commercianti – Credito prescritto – Termine di decorrenza quinquennale -Corrispondenza fra il credito riportato in cartella e il credito oggetto dell’intimazione di pagamento – Conversione del termine di prescrizione breve in quello ordinario, decennale – Titolo giudiziale divenuto definitivo – Cartella esattoriale ha natura di atto amministrativo

Rilevato che

la Corte d’appello di Cagliari, a conferma della sentenza del Tribunale della stessa città, ha dichiarato prescritto il credito relativo all’intimazione di pagamento n.1120159050805022000 per euro 24.309,15, emessa nei confronti di D.M. a causa del mancato versamento, da parte di quest’ultimo, di contributi previdenziali relativi alla gestione commercianti per gli anni 1997-2002;

ha, altresì, rigettato il ricorso incidentale proposto da Equitalia Nord s.p.a., dove quest’ultima si doleva, in particolare, dell’affermazione del primo giudice secondo cui dalla documentazione versata in atti (relata di notifica ed estratto di ruolo) non era possibile ricavare la corrispondenza fra il credito riportato in cartella e il credito oggetto dell’intimazione di pagamento;

la Corte territoriale ha ritenuto generica tale ultima doglianza, affermando che l’agente della riscossione non aveva dato prova di quanto lamentato né reso possibile una verifica d’ufficio non avendo depositato il fascicolo da parte;

quanto al profilo della durata della prescrizione – motivo assorbente e comune al ricorso principale e a quello incidentale – la Corte d’appello ha richiamato la sentenza delle Sezioni Unite n. 23397 del 2016 che, nel comporre un dissidio interpretativo esistente nella giurisprudenza di legittimità, ha stabilito che il termine di decorrenza deve considerarsi quinquennale, e che l’art. 20 del d.lgs. n. 112 del 1999, che richiama la prescrizione decennale in caso di nuovo affidamento della riscossione al concessionario nell’ipotesi in cui si rinvengano altri beni da aggredire nel caso di esecuzione infruttuosa, non si applica ai contributi previdenziali ma soltanto a quelli fiscali;

la cassazione della sentenza è domandata dalla Agenzia delle Entrate – Riscossione, subentrata a Equitalia s.p.a. sulla base di due motivi;

D.M. è rimasto intimato;

l’Inps in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. ha depositato procura in calce al ricorso;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Considerato che

col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co.l, n.4 cod. proc. civ., parte ricorrente deduce “Violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sul tema della regolarità della notifica delle cartelle”;

sostiene che la Corte d’appello avrebbe omesso di pronunciarsi sulla censura all’erronea affermazione del primo giudice circa l’impossibilità di identificare la corrispondenza fra il credito controverso e l’oggetto dell’intimazione;

contesta l’affermazione del giudice dell’appello secondo la quale lo stesso sarebbe stato impossibilitato a procedere alla valutazione della documentazione per mancanza di deposito del fascicolo di primo grado da parte della ricorrente incidentale;

col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co.l, n. 3 cod. proc. civ., è dedotta “Violazione e falsa applicazione degli artt. 2946 c.c.: la sentenza contro cui si ricorre è viziata nella parte in cui non ha applicato il termine di prescrizione ordinario decennale ex art. 2946 c.c., trattandosi di crediti iscritti a ruolo ed oggetto delle cartelle di pagamento non impugnate dalla parte debitrice”;

la ricorrente afferma che la Corte territoriale avrebbe dovuto applicare il termine ordinario di prescrizione decennale di cui all’art. 2946 cod. civ., perché, fermo restando il principio affermato dalle Sezioni Unite in merito all’inapplicabilità ai crediti iscritti a ruolo della prescrizione decennale prevista dall’art. 2953 cod. civ. – norma peraltro mai invocata dall’Agenzia delle Entrate – ai fini della pretesa occorreva aver riguardo alla decorrenza della prescrizione con unitaria decorrenza a far tempo dalla formazione del ruolo e della notifica della cartella di pagamento e non già dalla decorrenza originaria dei singoli termini di prescrizione previsti per ciascuno dei crediti portati nel ruolo;

il Collegio ritiene di procedere dapprima con l’esame del secondo motivo di ricorso, dichiarandolo inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis cod. proc. civ.;

la questione in esso rappresentata è, infatti, assorbente rispetto alla soluzione della complessiva controversia, e, la soluzione offerta dal giudice dell’appello alla problematica dell’individuazione del termine di prescrizione applicabile al caso di specie, è di per sé idonea a sorreggere l’intera decisione adottata;

nell’esplicazione della propria tesi difensiva l’odierna ricorrente non aggiunge indicazioni utili per indurre a modificare il ragionamento del giudice del merito, la cui decisione è pienamente aderente al principio affermato dalle Sezioni Unite secondo cui «La scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all’art. 24, comma 5, del d.lgs. n. 46 del 1999, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabiIità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo l’art. 3, commi 9 e 10, della l. n. 335 del 1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che, dall’ 1 gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (art. 30 del d.l. n. 78 del 2010, conv., con modif., dalla l. n. 122 del 2010)» (Cass.n. 23397 del 2016);

la correttezza della statuizione della Corte territoriale in merito alla durata quinquennale della prescrizione estintiva rende perciò irrilevante l’esame del primo motivo;

in nessun caso, infatti, un eventuale accoglimento dello stesso, determinerebbe l’annullamento della sentenza impugnata, atteso che la motivazione resa in merito alla assorbente problematica della prescrizione è conforme ai principi di diritto consolidati e di per sé idonea a sorreggere la fondatezza del decisum (Cass. n. 15399 del 2018; Cass. n. 15350 del 2017);

il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile;

non si provvede sulle spese del giudizio di legittimità in favore di D.M., rimasto intimato, né in favore dell’Inps, in assenza di attività difensiva da parte di quest’ultimo;

in considerazione dell’esito del giudizio, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13.