CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 agosto 2022, n. 23989
Dipendente INAIL – Sanzione disciplinare – Illegittimità per difetto di proporzionalità – Irrogazione di nuova sanzione – Termine di decadenza – Violazione
Rilevato che
1. La Corte d’Appello di Catania, con sentenza del 28 aprile 2016, confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva respinto la domanda proposta da M.S.A.― dipendente INAIL con qualifica di professionista del ramo legale― per l’accertamento dell’illegittimità della sanzione disciplinare della multa di due ore di retribuzione irrogata dal datore di lavoro in data 1^ luglio 2008.
2. La Corte territoriale esponeva che la sanzione impugnata era stata disposta dopo il passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale di Catania del 18 dicembre 2007, numero 3076, che aveva dichiarato l’illegittimità della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio e dalla retribuzione di giorni tre, originariamente applicata per gli stessi fatti, unicamente perché lesiva del principio di proporzionalità.
3. Condivideva la valutazione del Tribunale, che aveva ritenuto sussistere il giudicato esterno quanto all’accertamento dell’illecito.
4. Riteneva che l’INAIL si fosse correttamente avvalso del giudicato per l’esercizio del potere disciplinare, irrogando all’ A. per l’addebito accertato e tempestivamente contestato― questione che non era controversa― una sanzione meno grave di quella annullata.
5. Riteneva, altresì, rispettato il termine di decadenza di 120 giorni per la irrogazione della sanzione disciplinare―di cui all’articolo 27 del CCNL per i dipendenti del comparto ENTI PUBBLICI― sul rilievo che il dies a quo del termine doveva individuarsi nella data del passaggio in giudicato della sentenza nr. 3076/2007 del Tribunale di Catania, in quanto soltanto da tale momento l’accertamento dell’infrazione disciplinare era incontestabile e legittimava l’esercizio del potere sanzionatorio.
6. Non poteva, invece, essere invocata dalla lavoratrice la sentenza della Suprema Corte nr. 214/2010, che riguardava il termine di avvio del procedimento disciplinare (dalla data di conoscenza integrale della sentenza penale), fattispecie diversa da quella di causa.
7. Considerando il momento di passaggio in giudicato della sentenza, risultava rispettato il termine di 120 giorni, previsto dal contratto collettivo per la irrogazione della nuova sanzione disciplinare.
8. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza M.S.A., affidato a due motivi di censura ed illustrato con memoria, cui ha resistito l’INAIL con controricorso.
Considerato che
1. Con il primo motivo di ricorso la lavoratrice ha denunciato― ai sensi dell’articolo 360 nr. 3 cod.proc.civ.― la violazione dell’articolo 282 cod.proc.civ., dell’articolo 27, comma sei, CCNL 6 luglio 1995 del comparto del personale degli ENTI PUBBLICI NON ECONOMICI, dell’articolo 6, comma due, del codice disciplinare, dell’articolo 7, comma due, L. 20 maggio 1970 numero 300, del principio dell’immediatezza.
2. La parte ha dedotto che il termine per la irrogazione della sanzione disciplinare avrebbe dovuto decorrere dalla data di pubblicazione della sentenza del Tribunale di Catania nr.3076/2007 e non già dal suo passaggio in giudicato (con il decorso del termine per proporre appello) sicchè la sanzione era intempestiva.
3. Si censura la diversa interpretazione accolta nella sentenza impugnata per violazione del regime delle impugnazioni (articolo 282 cod.proc.civ.), dei principi posti a base dell’azione disciplinare dell’amministrazione pubblica nonché dei principi di immediatezza della sanzione disciplinare e di reciproca autonomia tra procedimento giudiziario e procedimento disciplinare.
4. Si evidenzia essere estraneo alla vicenda di causa il profilo del rapporto tra processo penale e procedimento disciplinare e che, comunque, il principio di prevalenza del processo penale era stato gradualmente superato dal legislatore, da ultimo con l’articolo 55 ter D.Lgs. nr. 165 2001.
5. Con il secondo mezzo si deduce― ai sensi dell’articolo 360 numero 5 cod.proc.civ.― l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e la violazione dell’articolo 112 cod. proc.civ. nonché― ai sensi dell’articolo 360 numero 3 cod. proc. civ.― la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 7, comma due, L. 20 maggio 1970 nr. 300, dell’articolo 27, comma due, CCNL 6 luglio 1995, dell’articolo 3, comma uno, del codice disciplinare nonché del principio della previa contestazione degli addebiti.
6. Si espone che con il secondo motivo di appello era stato denunciato il difetto di contraddittorio, perché l’amministrazione, dopo l’annullamento della prima sanzione disciplinare, aveva applicato una seconda sanzione senza procedere ad una nuova contestazione degli addebiti; si precisa che la sentenza del Tribunale del lavoro nr. 3076/2007 aveva dato ai fatti originariamente contestati una nuova configurazione giuridica, derubricandoli a mera violazione del principio di correttezza.
7. Si lamenta l’omessa pronuncia della Corte d’Appello di Catania su tale questione, avendo, anzi, affermato che la tempestività della contestazione era incontroversa.
8.In ogni caso, si deduce la erroneità della pronuncia, sul rilievo che il ritenere non necessaria una nuova contestazione degli addebiti in caso di annullamento in sede giudiziaria della sanzione disciplinare per difetto di proporzionalità non sarebbe in linea con i principi espressi dalla Corte Costituzionale rispetto ai due istituti della destituzione di diritto e dello spoil system, avendo il giudice delle leggi ritenuto la violazione dell’articolo 97 della Costituzione anche per non essere stato riconosciuto al funzionario il diritto di intervenire nel corso del procedimento.
9. Il ricorso è fondato.
10. Giova premettere che nella fattispecie di causa non si applica la riforma del procedimento disciplinare introdotta dal D.Lgs nr. 150/2009.
11. Come affermato da Cass. 11985 del 2016 e come ribadito dalla giurisprudenza successiva (tra le altre, Cass. 9 gennaio 2017 nr. 209 e Cass. 27 agosto 2018 nr. 21193), la nuova disciplina procedurale, si applica ai fatti disciplinarmente rilevanti per i quali la notizia (qualificata) dell’infrazione risulti acquisita dagli organi dell’azione disciplinare dopo l’entrata in vigore della riforma, ossia dal 16 novembre 2009.
12. Nella fattispecie di causa la notizia dell’infrazione disciplinare si colloca in epoca anteriore al 16 novembre 2009.
13. Anteriormente alla riforma del 2009, nel pubblico impiego privatizzato la disciplina legislativa della responsabilità disciplinare era contenuta nell’art. 55 D.L.gs. n. 165/2001, che richiamava le due norme fondamentali del rapporto di lavoro privato― l’art. 2106 cod.civ. e l’art. 7 L. nr. 300/1970― e prevedeva che la tipologia delle infrazioni e le relative sanzioni fossero disciplinate dalla contrattazione collettiva.
14. L’articolo 27, comma sei, del CCNL per i dipendenti del Comparto ENTI PUBBLICI NON ECONOMICI del 6 luglio 1995 ( comma rimasto invariato anche all’esito delle modifiche allo stesso articolo 27 apportate dall’articolo 14 del successivo CCNL 9 ottobre 2003) disponeva:
«Il procedimento disciplinare deve concludersi entro 120 giorni dalla data della contestazione dell’addebito. Qualora non sia stato portato a termine entro tale data, il procedimento si estingue».
15. La perentorietà di tale termine veniva ribadita dall’articolo 15 del CCNL 9 ottobre 2003, che introduceva nel testo dell’articolo 27 del CCNL 6 luglio 1995 un comma 9 bis, così formulato:
«Con riferimento al presente articolo, sono da intendersi perentori il termine inziale e quello finale del procedimento disciplinare…».
16. La disciplina contrattuale non regolava l’esercizio del potere disciplinare nell’ipotesi, ricorrente in causa, di annullamento in sede giudiziaria della sanzione disciplinare irrogata dall’ente pubblico per difetto di proporzionalità.
17. Nel precedente regime dell’impiego pubblico una norma in tal senso era invece contenuta nel DPR 10 gennaio 1957 nr. 3― Testo Unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato― all’articolo 119, rubricato «rapporti tra procedimento disciplinare e giudicato amministrativo», a tenore del quale:
«Quando il decreto del Ministro che infligge la sanzione disciplinare sia annullato per l’accoglimento di ricorso giurisdizionale o straordinario e la decisione non escluda la facoltà dell’amministrazione di rinnovare in tutto o in parte il procedimento, il nuovo procedimento deve essere iniziato a partire dal primo degli atti annullati entro trenta giorni dalla data in cui sia pervenuta al Ministero la comunicazione della decisione giurisdizionale ai sensi dell’art. 87 comma primo del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, ovvero dalla data di registrazione alla Corte dei conti del decreto che accoglie il ricorso straordinario od entro trenta giorni dalla data in cui l’impiegato abbia notificato al Ministero la decisione giurisdizionale o lo abbia costituito in mora per la esecuzione del decreto che accoglie il ricorso straordinario.
Decorso tale termine il procedimento disciplinare non può essere rinnovato».
18. Nel pubblico impiego privatizzato, invece, una norma specifica è stata prevista soltanto, in epoca successiva ai fatti di causa, dal D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 75.
19.L’articolo 21, comma 1, lettera a) del predetto decreto legislativo ha aggiunto nell’articolo 63 D.Lgs nr. 165/2001, un comma due bis, secondo il quale:
«Nel caso di annullamento della sanzione disciplinare per difetto di proporzionalita’, il giudice puo’ rideterminare la sanzione, in applicazione delle disposizioni normative e contrattuali vigenti, tenendo conto della gravità del comportamento e dello specifico interesse pubblico violato».
20. La scelta del legislatore è stata, dunque nel senso di affidare allo stesso giudice e non alla pubblica amministrazione il potere di rideterminare la sanzione, superando ogni questione circa la possibilità di riedizione del procedimento disciplinare per i fatti già sanzionati e circa i termini del relativo procedimento.
21. Per il periodo di causa, in mancanza di una disciplina, di legge o di contratto collettivo, deve ritenersi che il potere disciplinare della pubblica amministrazione, soggetto al termine perentorio di esercizio fissato dalla contrattazione collettiva del comparto, non potesse essere nuovamente esercitato dopo l’annullamento in via giudiziaria della sanzione ove il termine fissato dalle parti collettive fosse decorso.
22.Ed invero, ammettere tale possibilità significherebbe, di fatto, consentire alla amministrazione di applicare la sanzione in violazione del suddetto termine.
23. Non è praticabile l’opzione interpretativa che, a beneficio della amministrazione, costruisce un diverso termine di decadenza― di 120 giorni decorrenti dalla pubblicazione della sentenza di annullamento della sanzione, come proposto dalla lavoratrice ricorrente ovvero dal passaggio in giudicato della stessa sentenza, come sostenuto dal giudice dell’appello― perché nell’uno e nell’altro caso verrebbe individuata una fattispecie nuova, non riferibile nel dies a quo alle previsioni della contrattazione collettiva.
24. Questa Corte (Cassazione civile sez. lav., 15/09/2016, n.18128), in coerenza con gli argomenti sin qui esposti, ha già affermato, del resto, che nel rapporto di pubblico impiego contrattualizzato, la natura perentoria dei termini del procedimento disciplinare stabiliti dalla contrattazione collettiva e― nei procedimenti avviati successivamente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2009― dagli artt. 55-bis e seguenti del d.lgs. n. 165 del 2001, impedisce la rinnovazione del procedimento disciplinare che si sia concluso con sanzione annullata per vizio di forma quando la nuova iniziativa disciplinare venga intrapresa per i medesimi fatti una volta spirati i termini.
25. La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata e la causa rinviata alla Corte d’Appello di Catania in diversa composizione affinchè si adegui nella decisione al principio in questa sede esposto.
26. Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione
P.Q.M.
Accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia― anche per le spese― alla Corte di Appello di Catania in diversa composizione.